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Dopo il primo ministro ungherese Viktor Orbán, è toccato all’omologo slovacco Robert Fico volare a Mosca per rompere l’isolamento internazionale a cui i leader dell’Unione europea hanno costretto il presidente russo Vladimir Putin in risposta all’aggressione su larga scala dell’Ucraina iniziata 34 mesi fa. Le immagini delle strette di mano tra i due al Cremlino sono arrivate a tutte le cancelliere occidentali. Anche a Kyiv, da dove il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha accusato Fico di voler “aiutare” Putin a “fare soldi per finanziare la guerra con Kyiv”.

È un momento di grande tensione per il transito del gas russo verso l’Unione europea. Dopo l’invasione russa in Ucraina, Kyiv ha annunciato la scorsa estate che non avrebbe rinnovato il contratto con la Russia per il trasporto del gas russo in Europa attraverso la sua vasta rete di gasdotti. Fico, che è rimasto vicino a Putin e il cui Paese dipende fortemente da questa fornitura, accusa Kyiv per questa scelta e, secondo Zelensky, non vuole trovare soluzioni per sostituire il gas russo e garantire “l’indipendenza energetica” dell’Europa. Questo fa pensare che “voglia aiutare Putin a guadagnare soldi per finanziare la guerra e indebolire l’Europa”, ha scritto il presidente ucraino su X. L’“obiettivo principale” di Robert Fico “è fare affari con la Russia”, ha tuonato ancora Zelensky. “Perché questo leader è così dipendente da Mosca?”, ha detto, suggerendo che Fico potrebbe essere “pagato”. Il premier slovacco, il cui Paese è membro dell’Unione europea e della Nato, è uno dei pochi leader europei ad essere rimasto vicino a Putin, decidendo, dopo il suo insediamento l’anno scorso, di interrompere tutti gli aiuti militari all’Ucraina e chiedere colloqui di pace.

Il Cremlino ha definito “molto complicata” la situazione delle forniture di gas russo all’Europa. “La situazione è molto complicata e richiede maggiore attenzione”, ha detto Dmitri Peskov, portavoce del Cremlino, all’indomani dell’incontro a Mosca tra Putin e Fico durante il quale si è discusso delle forniture di metano. Ma secondo gli analisti l’Unione europea non ha molto da temere dall’imminente fine dell’accordo di transito del gas. Dan Jørgensen, nuovo commissario europeo all’Energia, ha detto nei giorni scorsi che Bruxelles si sta “preparando” a una chiusura, che “non è qualcosa che arriva a sorpresa”.

L’incontro al Cremlino rivela due delle principali debolezze dell’Ucraina in questa fase, che si aggiungono alle difficoltà sul campo: parte dell’Europa ha ancora gli occhi puntati sulle esportazioni energetiche della Russia; Putin continua a piacere ad alcuni leader dell’Unione europea, che hanno potere di veto su alcune politiche comunitarie.

Arriva l’inverno e si riaccendono le minacce ibride russe, che tendenzialmente sul settore energia prevedono difussioen di propaganda online e attacchi cyber contro le infrastrutture critiche mentre si allungano ramoscelli d’ulivo a parole. Questa volta, però, l’Unione europea rischia di trovarsi tra due fuochi, considerato che il presidente eletto statunitense Donald Trump si è detto pronto a imporre dazi se l’Europa non comprerà gas e petrolio da Washington.

Il gas come arma di guerra ibrida. Cosa emerge dall’incontro Fico-Putin

L’incontro tra il premier slovacco e il leader russo ha suscitato critiche da parte del presidente ucraino, che ha accusato il primo di voler aiutare il secondo a finanziare la guerra. La situazione delle forniture di gas russo all’Europa è “molto complicata” secondo il Cremlino. In realtà, Bruxelles si sta preparando da tempo a una possibile chiusura

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