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Il Regno Unito dovrebbe rafforzare la cooperazione con l’Unione europea in materia di innovazione della difesa, pensando a una revisione della capacità di difesa europea per identificare le carenze di risorse e capacità collettive, in particolare le eccessive dipendenze dagli Stati Uniti. A suggerirlo, a meno di un mese dalle elezioni britanniche che dovrebbero riportare il Partito laburista al governo con Keir Starmer come primo ministro, è il think tank dell’ex premier laburista Tony Blair. “Se il Regno Unito conclude un accordo di difesa e sicurezza più ampio con l’Unione europea, si potrebbe anche sbloccare la piena partecipazione alle iniziative di acquisto congiunto di prodotti per la difesa dell’Unione europea, come il Fondo europeo per la difesa”, si legge in un rapporto pubblicato in questi giorni dal Tony Blair Institute for Global Change. Tra gli autori del dicemmo ci sono il generale Sir Nick Carter, ex capo di stato maggiore della difesa, e Michele Flournoy, ex sottosegretario alla Difesa degli Stati Uniti.

In un contesto geopolitico “complesso, volatile e sempre più pericoloso” è “essenziale” una “nuova valutazione delle priorità strategiche e del modo migliore per raggiungerle, insieme a scelte difficili su dove accettare e gestire il rischio, dato che le risorse nazionali per la difesa non sono mai illimitate”, si legge. Non solo il Regno Unito, una potenza media, ha bisogno di ripensare la strategia, sostiene il think tank (lanciato dall’ex primo ministro laburista nel 2016) ma è fondamentale un “approccio più centralizzato che integri meglio tutti gli strumenti del potere nazionale”, oltre a “ripensare il modo in cui il settore pubblico e quello privato collaborano per raggiungere gli obiettivi nazionali”.

Il documento è un bagno d’umiltà. “Mentre solo gli Stati Uniti e la Cina possono prendere in considerazione la possibilità di proiettare la loro forza militare unilateralmente, ogni altro Paese ha bisogno degli alleati, delle alleanze e dei partenariati giusti per realizzare le proprie strategie di difesa”. Per questo, il Regno Unito “dovrà rinfrescare e aggiornare gli alleati a cui si affida, le modalità di collaborazione e la costruzione di questi partenariati per garantire una strategia di sicurezza che valga più della somma delle sue parti”.

Facile prevedere che la proposta di partecipazione del Regno Unito al Fondo europeo per la difesa alimenterà tensioni politiche, come accaduto già dieci anni fa, prima del referendum che ha portato alla Brexit. Nel 2014, Nigel Farage, ritornato oggi in pista come leader di Reform UK, si era scontrato con Nick Clegg, allora leader dei liberaldemocratici e vice primo ministro. Clegg aveva accusato Farage di propagandare “fantasie pericolose” dopo che l’allora leader dello Ukip aveva detto di non volere che il Regno Unito facesse parte di una politica estera “espansionistica” dell’Unione europea, esprimendo la preoccupazione che l’Unione europea volesse un proprio “esercito e una propria marina”.

Londra torna nel Fondo europeo per la difesa? L’idea del think tank di Blair

Un rapporto del centro studi dell’ex premier suggerisce una revisione della capacità di difesa europea per identificare le carenze di risorse e capacità collettive. Facile prevedere le proteste di Farage

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