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Per alcuni è un’idea “babbea”, per altri un urgente adattamento alle sfide del terzo millennio. Di sicuro, il piano americano per creare una Space Force già a partire dal 2020 sta facendo discutere esperti e addetti ai lavori di tutto il mondo. L’annuncio arrivato dal vice presidente Mike Pence, responsabile della politica spaziale americana in quanto a capo del National Space Council (Nsc), è stato accolto a braccia aperte dal presidente Donald Trump, tra i più accaniti sostenitori della proposta, e dai membri del Congresso che hanno da sempre appoggiato l’idea. Maggiori perplessità arrivano dal mondo militare. Il capo del Pentagono James Mattis è stato costretto ad aderire al progetto dopo il chiaro invito del presidente dello scorso giugno, ma in passato ha mostrato più di qualche dubbio. Con lui, alcuni esponenti del Congresso e soprattutto l’Us Air Force, restia a immaginare una nuova Forza armata che le richiederebbe risorse e unità. Per ora, c’è un progetto del dipartimento della Difesa che dovrebbe confluire nella richiesta di budget per il 2020, ma il tutto attende ancora una chiara definizione.

IL COMMENTO DEL GENERALE TRICARICO…

Il piano statunitense ha senza dubbio “delle motivazioni condivisibili”, ci ha spiegato il generale Leonardo Tricarico, presidente della Fondazione Icsa e già capo di Stato maggiore dell’Aeronautica militare. “È ormai chiaro che lo spazio è un ambito in cui, anche dal punto di vista militare, è opportuno che ci sia un faro unico acceso e non tanti soggetti istituzionali, con i quali si rischia di perdere di vista l’obiettivo della difesa e della sicurezza”. C’è la possibilità che altri Paesi seguano l’esempio Usa? “Direi di no – ha aggiunto il generale – le dimensioni del Paese rendono possibile una scelta di questo tipo, che ovviamente non è nelle condizioni di poter essere mutuata da altri Stati che non abbiano quelle dimensioni e quelle risorse”. Un’eventualità però sembra esserci: “Se un giorno, presto o tardi, l’Europa dovesse avere una sua identità continentale anche nel settore della difesa e della sicurezza, non sarebbe sbagliato guardare allo spazio, ponendo sotto unica struttura centralizzata tutte le attività relative a un ambito da tenere sotto controllo”.

…E LE PERPLESSITÀ DEI GENERALI ARPINO E VITTORI

Maggiori perplessità avevano espresso invece i generali Mario Arpino (già capo di Stato maggiore della Difesa) e Roberto Vittori (astronauta dell’Agenzia spaziale europea), che Airpress aveva raggiunto all’indomani della direttiva con cui Trump invitava il Pentagono a predisporre un piano per la Space Force. “Non vedo la necessità di una nuova forza armata spaziale, soprattutto per gli Stati Uniti, che hanno già il loro comando aerospaziale”, aveva spiegato il primo ricordando i due gruppi operativi in seno all’USAF: il 527° “Space Aggressor Squadron”, dedicato soprattutto alle strategie e a sperimentazioni, e il 76° “Space Control Squadron”, per test e prototipazione di armi spaziali. Dello stesso avviso anche l’astronauta italiano: “Parlare di Space Force in senso proprio, ossia di forze speciali in grado di agire nello spazio, senza prima avere chiarezza su quali possano essere gli space vehicles è come parlare di un esercito, senza mezzi per spostarsi, quindi a piedi. Con l’eccezione che nello spazio, a piedi, non ci si va”. Inoltre, aggiungeva Vittori, “se per Space Force si intende delle capacità di comando, controllo, monitoraggio, gestione dei sistemi spaziali, allora nulla di nuovo sotto il sole; lo Us Space Command esiste già”.

UN’IDEA “BABBEA”?

Lo stesso dibattito sta avendo luogo negli Stati Uniti, dove posizioni di giubilo per la novità della Space Force si alternano a commenti piuttosto critici. Tra questi, quello di Paul Scharre, direttore del programma Technology and National Security presso il Center for a New American Security (Cnas). L’esperto ha definito il progetto “un’idea babbea”, poiché non risolverebbe la vulnerabilità degli Usa nello spazio, ma piuttosto la amplierebbe, ponendo oltre l’atmosfera delle nuove infrastrutture suscettibili di attacco. “Lo spazio – ha scritto Scharre su DefenseOne – è il tallone d’Achille delle Forze armate americane; gli Usa hanno bisogno di mitigare tale vulnerabilità e non di aumentarla. Invece di focalizzarsi sul dominio, il Pentagono dovrebbe essere concentrato sulla missione: un C4ISR globale”, cioè maggiori capacità di comando e controllo, di intelligence, di sorveglianza, puntamento e navigazione satellitare.

LA VOLONTÀ (E LA PROPAGANDA) DI TRUMP

Eppure, la strada verso una nuova Forza armata è ormai segnata, e a tracciarla è intervenuta direttamente la Casa Bianca. Già durante la campagna elettorale, Donald Trump aveva mostrato interesse per lo spazio sotto una duplice lente di ingrandimento: privatizzazione e militarizzazione. Se da una parte invocava un maggior coinvolgimento dei privati (poi concretizzatosi nei progetti per privatizzare la Stazione spaziale internazionale dal 2025), dall’altro notava la necessità di potenziare le capacità di difesa oltre l’atmosfera, a fronte degli sforzi nel campo compiuti dai principali competitor, Cina e Russia.

Gli stessi avversari, non a caso, sono stati nominati ieri da Pence, come giustificazione dell’urgenza di procedere verso la Space Force. Il medesimo concetto, in maniera più strutturata, è emerso nella National security strategy (Nss) rilasciata da Trump a dicembre, con un focus specifico proprio sullo spazio, inteso sia come ambito che ospita di infrastrutture vitali da proteggere, sia come dominio operativo a pieno titolo. Ora, tale idea ha trovato piena concretizzazione, inevitabilmente caricata della solita retorica trumpiana. Mentre Pence annunciava il piano per la Space Force, infatti, dal comitato elettorale del presidente iniziava a circolare una lettera per scegliere, tra sei possibilità, il logo della nuova Forza armata, per molti una trovata in vista delle elezioni di midterm.

IL DIBATTITO TRA CAPITOL HILL E IL PENTAGONO

Ad ogni modo, la Space Force è molto più che una sparata del presidente. Il dibattito è in corso da tempo è ha coinvolto tutte le istituzioni americane, senza dimenticare che un “US Space command” è stato attivo dal 1985 al 2002 (quando confluì nell’UsStratCom). La proposta di re-istituirlo è stata inserita nel National defense authorization act (Ndaa) per il 2019, approvato recentemente dal Congresso. La differenza con l’anno precedente è evidente, dato che il bill per il 2018 vietava esplicitamente la possibilità di creare uno Space Corp, pensato come un’entità alle dipendenze del dipartimento dell’Air Force ma dotato di ampia autonomia, paragonabile a quella del Corpo dei Marine (l’ipotesi era la più accreditata allora, prima del forte endorsement della Casa Bianca). A cambiare le sorti del progetto è stato il progressivo allentamento della resistenza del Pentagono e dell’Usaf, scoppiata definitivamente lo scorso giugno con la direttiva di Trump.

LA ROAD MAP PER LA SPACE FORCE

E così, in poco tempo, il dipartimento della Difesa si è ritrovato dallo scetticismo alla promozione di un progetto chiaro, una vera e propria road map verso la Forza spaziale che Pence e Mattis hanno presentato insieme. Subito, individuato un nuovo assistente al segretario alla Difesa che si occuperà di coordinare i lavori verso la Space Force, che una volta istituita sarà invece guidata da un segretario a pieno titolo, allo stesso livello dei vertici civili di Marina, Aeronautica, Esercito, Corpo dei Marines e Guardia Costiera. Poi, prima di una nuova Forza armata, prenderanno vita tra novità. Primo, la “Space Development Agency”, che si occuperà del procurement nel campo spaziale. Secondo, lo “US Space Command”, un nuovo comando unificato con chiare inclinazioni combatant e affidato a un generale a quattro stelle. E Terzo, la “Space Operation Forces”, intesa come una comunità di operatori specializzati, militari e privati, che supporterà il combatant command.

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