Skip to main content

Sulla crisi nella Libia rivoluzionaria e post-gheddafiana che si prolunga ormai dal 2011 le think tanks hanno pubblicato molti papers, note e altre analisi brevi. Sono anche state pubblicate in forma di libro appassionate analisi giornalistiche come quelle di Paolo Sensini. Analisi accademiche invece poche. Nel 2017 è uscito il volume di Michela MercuriIncognita Libia. Cronache di un paese sospeso (Franco Angeli, 2017, pp.159, € 19) che espone con agilità e rigore gli elementi principali della crisi e cerca alla conclusione del volume di rispondere alle domande più urgenti sul suo futuro e sul ruolo dell’Italia. Un lavoro utile e ben fatto, quindi tanto più benvenuto.

Il volume si china su tre aree maggiori di riflessione: l’evoluzione della Libia post-rivoluzionaria e lo stallo che ha prodotto ancora ai giorni nostri; la politica italiana verso la Libia dopo la rivoluzione; l’impatto del jihadismo allogeno (Stato Islamico e al-Qaida) su un terreno jihadista locale di un certo spessore.

L’analisi dell’evoluzione dopo Gheddafi è preceduta da una rivisitazione del retaggio storico-sociale della rivoluzione dall’impero ottomano alla Jamahiria di Gheddafi. L’evoluzione a cui stiamo assistendo si radica in entrambi questi periodi. Il volume sottolinea il retaggio distruttivo e divisivo dell’era gheddafiana: la discriminazione clientelare fra le tribù; il deserto ideologico, politico e civile; la preponderanza delle milizie sulle forze armate. La rivoluzione ha vinto nell’assenza di punti di aggregazione e riaggregazione nazionale, nella estrema frammentazione del paese e nella radicalizzazione di parti sostanziali dell’area religiosa. Il volume mette, d’altra parte, in rilievo che questo stile di governo è una versione più brutale e volgare del passato della Libia nell’impero ottomano, nel periodo coloniale e soprattutto nel periodo del regno di Idris, che secondo le intenzioni internazionali doveva essere lo strumento di una fondazione nazionale e che invece si trasformò presto in un regime accentrato e autoritario. Le aggregazioni statali e nazionali, già così povere durante il regno di Idris, con la Jamahiria di Gheddafi sono scomparse.

Dice Sergio Romano nella prefazione al volume che “la Libia non è mai stata una nazione”. Questa realtà, malgrado la buona volontà delle Nazioni Unite e del suo tentativo tuttora in corso di creare un regime politico nazionale e democratico, si è riflesso pienamente sulle istituzioni libiche create dopo la fine di Gheddafi con le elezioni del 2012.

L’autrice delinea con molta precisione l’evoluzione del governo rivoluzionario prima che con le elezioni del 2014 il paese si spaccasse e intervenisse un conflitto civile che con la mediazione dell’Onu è poi diventato a bassa intensità ma non è mai cessato del tutto. La Libia è stata collocata dall’opinione pubblica internazionale nel solco della “primavera araba”, ma in effetti non si è trattato di un movimento democratico e liberale, come in Egitto e Tunisia, e la transizione è stata falsata da un sistema elettorale conservatore, dall’estremismo e dal settarismo dei rivoluzionari e delle maggiori correnti islamiste (che hanno cercato vendetta con un’assurda legge di epurazione invece di mettere in piedi una efficace giustizia transitoria capace di pacificare gli animi dopo il quarantennio gheddafiano). Soprattutto, le istituzioni hanno praticato un consociativismo esasperato, dividendosi i ministeri e lasciando che ogni ministero finanziasse le sue milizie armate (sul bilancio dello stato). Jason Pack ha parlato di “appeasement” fra le fazioni, ma credo che la parola giusta sia consociativismo.

Il risultato è stato un Paese alla deriva, con una classe dirigente di notabili e generali refrattari a qualsiasi compromesso. L’autrice illustra le manovre e i poteri attorno alla mediazione iniziata dall’Onu nel 2014 e la divisione in due campi, peraltro poco compatti, che non riescono a prendersi. Soprattutto, esamina la costellazione di interessi regionali e internazionali che ha fatto dei due campi e di alcune loro componenti dei “proxies” al servizio di interessi estranei alla Libia e poco conciliabili tra loro. Oggi, la mediazione dell’Onu è ripresa sulla base di una convergenza internazionale a includere Heftar e gli altri oppositori nella soluzione proposta a Skhirat dall’Onu alla fine del 2016. Potrebbe essere un fattore capace di condurre a un compromesso, ma si tratta pur sempre di una soluzione che deve tener conto degli interessi esterni e quindi di non facile realizzazione.

Passando ai rapporti fra Italia e Libia l’autrice, ricordata la loro importanza pur attraverso governi italiani di diverso colore, critica la decisione di intervenire nel 2011 al seguito di Francia e Regno Unito. L’intervento del 2011 conta su una vasta letteratura di critici dell’intervento, che fu poi messo sotto l’ombrello Nato. Molti sostengono che il passo sbagliato non fu l’intervento ma la ritirata dopo l’intervento, lasciando la Libia in un disastro da cui invece avrebbe potuto uscire se fosse stata aiutata. A questo molti obbiettano che una politica di “nation-building” in Libia sarebbe stata comunque tanto difficile da diventare un altro disastro. L’autrice mette in evidenza le incongruenze a livello di governo e istituzioni che favorirono un intervento non coerente con gli interessi italiani, sullo sfondo dell’eterno dilemma della politica estera italiana se esserci o non esserci, che nel dubbio sempre si risolve nell’esserci: la politica che l’ambasciatore Quaroni definì del “sedere”. L’autrice nota però, e sembra condividere, la scelta fatta successivamente dall’Italia di sostenere la mediazione dell’Onu e il governo di Accordo Nazionale generato dalla mediazione, astenendosi da strumentalizzarli ai suoi interessi, come invece è stato fatto da altri paesi europei.

Questa politica è stata fatta forse con troppa solerzia e non ha compensato l’Italia che è rimasta isolata. L’altro punto che l’autrice critica è quello della politica migratoria inaugurata dal governo Gentiloni e dal ministro Minniti all’inizio del 2017. Una questione rovente nel dibattito nazionale e assai spinosa in quello internazionale. Indubbiamente con il protocollo Gentiloni-Serraj del febbraio 2017 l’Italia ha iniziato anch’essa a perseguire i suoi interessi usando più che sostenendo il Governo di Accordo Nazionale dell’Onu. Difficile dire però se questa politica, che ha diminuito il flusso di migranti, aiuterà la stabilizzazione del paese, che resta il fine principale dell’Italia.

Il libro si chiude mettendo in evidenza alcuni dilemmi: il futuro del jihadismo terrorista in Libia, il futuro dell’economia petrolifera libica, il ruolo della Russia. Si chiede se l’Italia sia dalla parte sbagliata perseguendo un’ortodossa politica di disinteressato appoggio all’Onu e alla stabilizzazione dell’Onu attraverso l’Onu. Gentiloni e Minniti hanno risposto con la politica migratoria restrittiva. L’autrice sostiene una maggiore vicinanza italiana alla Russia, ricollegandosi alle molte affinità che ci sono e ci sono sempre state fra l’Italia e la Russia e al forte campo filo-russo che esiste in Italia. Chi scrive è un conservatore e non crede che questa idea possa aiutare l’Italia a risolvere il problema dei suoi rapporti con la Libia, mentre pensa che con la nuova politica migratoria l’Italia si è inserita in un dibattito europeo che potrebbe uccidere due piccioni con un colpo solo: la Libia e l’Europa. Tuttavia, il dibattito è aperto.

(Roberto Aliboni, presidente del consiglio scientifico dell’Institute of Global Studies e Consigliere Scientifico dello Iai)

Sette anni dopo la cacciata di Gheddafi, il dibattito sulla Libia (e il ruolo dell'Italia)

Di Roberto Aliboni

Sulla crisi nella Libia rivoluzionaria e post-gheddafiana che si prolunga ormai dal 2011 le think tanks hanno pubblicato molti papers, note e altre analisi brevi. Sono anche state pubblicate in forma di libro appassionate analisi giornalistiche come quelle di Paolo Sensini. Analisi accademiche invece poche. Nel 2017 è uscito il volume di Michela Mercuri, Incognita Libia. Cronache di un paese sospeso (Franco…

Deutsche Bank, bund

Si apre il dopo Merkel. Ecco i possibili successori alla guida del partito

Tra quattro settimane Angela Merkel tornerà a essere cancelliere della Germania per la quarta e ultima volta. E ci sono già quattro nomi di membri della Cdu che potrebbero prendere le sue redini, stavolta sciolte e un po’ imbrigliate. Per ora Merkel non ha indicato nessun successore per le elezioni del 2021 ma i nomi in lizza sono verosimilmente quelli…

Luigi Pirandello "politico". Una biografia illuminante esamina un aspetto controverso del Premio Nobel

A centocinquant’anni dalla nascita e a poco più di ottanta dalla morte non ci si è quasi provati da parte di accademici ed intellettuali assortiti a dare un’immagine di Luigi Pirandello che fuoriuscisse dall’ambito letterario e drammaturgico. Eppure la sua personalità complessa e la sua vita sufficientemente tumultuosa avrebbero autorizzato indagini approfondite, ben oltre i recinti nei quali abitualmente ci…

Al via l'anno delle celebrazioni di Gioachino Rossini

È decollato il 15 febbraio l’anno delle celebrazioni per i 150 dalla morte di Gioachino Rossini. Le celebrazioni, in Italia e nel mondo, sono sostenute da una legge speciale che offre un piccolo, ma cruciale contributo pubblico e da finanziamenti privati. Rossini è simbolo e brand dell’identità cittadina e il progetto #Rossini150 guida la strategia internazionale promossa dal ministero dei…

Russiagate, perché il procuratore speciale Mueller ha incriminato 13 cittadini russi

Il dossier Russiagate si arricchisce di una nuova e forse decisiva pagina. Da Oltreoceano è giunta la notizia che l'ufficio del procuratore speciale, Robert Mueller, ha fatto sapere che un gran giurì federale ha rinviato a giudizio 13 cittadini russi e tre società russe, all'interno dell'inchiesta sulle interferenze del Cremlino nelle elezioni presidenziali americane del 2016. L'ACCUSA Nell'accusa si legge…

La lobby, gli interessi e le spillette

Se un gruppo di persone, un’associazione o un’azienda vogliono far ascoltare una propria istanza al decisore politico, devono passare necessariamente per i partiti? La risposta è no, o meglio ancora, non più. I partiti politici non hanno l’esclusiva sulla rappresentanza degli interessi. Quelli bravi definiscono questa situazione ‘la crisi dei corpi sociali intermedi’. Sembra essersi vaporizzata la rappresentanza non solo…

minniti

Marco Minniti alla Grande Moschea di Roma. Il video

[embedyt] https://www.youtube.com/watch?v=8z9pu26eRr0[/embedyt]   Il ministro dell'Interno Marco Minniti si è recato oggi nella Grande Moschea di Roma, la maggiore d'Europa, poco prima dell'inizio della preghiera settimanale, per visitare il Centro culturale islamico italiano. L’occasione è stata la presentazione dell’ultimo volume di Limes, “Musulmani europei“, insieme a Khalid Chaouki, alla professoressa della Luiss Francesca Corrao e al direttore della rivista Lucio…

brexit

Non solo Brexit. La May e il grattacapo immigrazione

Forse è vero che ci sono storie che non finiscono mai. L’Inghilterra ormai sembra lo scenario perfetto per il genere di “neverending story”, ma questa volta non parliamo di Brexit e di negoziati che non trovano una firma. Tra i fascicoli – i faldoni - archiviati non c’è sicuramente quello sulle ragazzine tra i nove e quindici anni abusate sessualmente…

pd

Sondaggi Index, Zingaretti e Fontana favoriti e centrodestra prima coalizione alle politiche

Nicola Zingaretti nel Lazio, Attilio Fontana in Lombardia e tre poli - con in testa la coalizione di centrodestra - a dividersi i seggi in Parlamento, col rischio che nessuno raggiunga la maggioranza. Sono questi i risultati del sondaggio condotto da Index per Piazza Pulita, in cui a trasparire è l'icertezza del post voto a livello nazionale, mentre per le…

valle

Da nord a sud, ecco chi vota Forza Italia, Pd e M5s. Sondaggio Cise

La coalizione di centrodestra, nonostante la crescente volubilità delle preferenze elettorali da nord a sud, resta, per ora, in vantaggio con il 35%. Questo vantaggio è, però, soggetto alla volubilità delle preferenze elettorali da nord a sud dello stivale italiano. A dirlo è il sondaggio condotto da Cise per il Sole24ore. Ecco tutte le percentuali. CENTRO SINISTRA Il Pd si…

×

Iscriviti alla newsletter