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Arriva direttamente dall’inviato Onu, Ghassan Salamè, uno stop alla proposta di elezioni in Libia il prossimo dicembre. L’idea, avanzata lo scorso 29 maggio dal Presidente francese Emmanuel Macron, aveva già allora sollevato la perplessità di una buona parte delle comunità internazionale e degli attori coinvolti.  “Non sarebbe saggio organizzare elezioni in Libia senza che vi siano le giuste condizioni”, ha dichiarato oggi al Consiglio di Sicurezza il rappresentante speciale del segretario generale delle Nazioni Unite. E ha poi precisato: “Senza le giuste condizioni non sarebbe saggio procedere alle elezioni. Senza chiari e forti messaggi a chi vuole tentare di rovinare queste elezioni, le condizioni non saranno soddisfatte”. A questo proposito è intervenuta oggi a Bruxelles anche l’Alto Rappresentante Ue Federica Mogherini: “Con i ministri oggi discuteremo della Libia, sabato a Tripoli ho avuto un buon incontro con Sarraj e con l’inviato Onu Salamè, cercherò di porre l’attenzione sul sostegno politico che dobbiamo dare al processo politico in corso nel Paese in vista delle elezioni e la necessità di evitare che tutto ciò possa deragliare in vista degli ultimi sviluppi nella regione della Mezzaluna petrolifera”.

Una frenata brusca ma prevedibile, considerando, come riferisce a Formiche.net l’esperta di Libia Michela Mercuri che “in realtà già allora la proposta non aveva raccolto il consenso di tutte le autorità presenti che invece avevano dato un accordo di massima ma nessuno scritto era stato realmente siglato. Quindi in realtà non c’era neanche un avallo formale da parte delle istituzioni libiche”. D’altra parte, secondo Salamè, anche se un milione di libici si sono registrati per potersi recare alle urne “un pugno di persone sfida questo desiderio popolare: pochi traggono beneficio dallo status quo e, se lasciati fare, faranno tutto quanto è possibile per ostacolare il voto”, ha concluso l’inviato Onu.

Intanto oggi al Consiglio affari esteri dell’Ue a Bruxelles, il ministro Jean-Yves Le Drian ha tenuto a ribadire la posizione ferma della Francia sulla questione: “È importante che il calendario avviato a Parigi con gli attori principali, con la presenza e il sostegno della comunità internazionale, sia rispettato e messo in atto come previsto” – e cioè con le elezioni “entro la fine dell’anno”. Ha poi aggiunto: “È l’attesa dei libici, che in tanti si sono iscritti sulle liste elettorali, ed è una necessità per la sicurezza dell’Europa”, oltre che “per contribuire alla lotta contro l’immigrazione irregolare”.

Dall’Italia si alza la voce di Emanuela Del Re, sottosegretario agli Affari Esteri: “C’è un forte impegno per rendere i porti della Libia sicuri”, ha detto a margine del Consiglio. Dichiarazione che fa riferimento alle ultime esternazioni del ministro degli Interni Matteo Salvini di rendere i porti libici sicuri per accelerare i rimpatri dei migranti. Il sottosegretario ha poi continuato ribadendo la volontà italiana del governo italiano di “sostenere il dialogo intra-libico, elezioni in sicurezza e l’avanzamento di un processo democratico”.

Resta comunque chiaro l’intento dimostrato dall’inviato Onu:“La dichiarazione di Salamè – ha aggiunto infatti Mercuri – ci dimostra ancora una volta che le iniziative unilaterali come quella francese del 29 maggio scorso, sono iniziative che non devono essere fatte”. “Bisogna riportare la questione Libia nelle sedi Onu, deve essere dunque Salamè a proporre una soluzione per la Libia e non un attore europeo a proporre un piano da sottoporre a Salamè. La questione deve essere riportata a livello degli attori internazionali”, ha continuato.

In fondo la frastagliata situazione interna del Paese lascia spazio a scenari futuri incerti. “Convocare delle elezioni in un momento così instabile per la Libia vorrebbe dire generare un ulteriore caos nel Paese. E ciò perché in questo momento in Libia ci sono diversi attori, ognuno controlla porzioni di territorio, non ci sono delle leadership definite e dunque indire elezioni in un momento così instabile vorrebbe dire dare vita a un eventuale un governo che potrebbe essere defenestrato in pochissimo tempo proprio perché il panorama è particolarmente instabile”. “Bisognerebbe dunque – conclude l’esperta – invertire la prospettiva. Le elezioni non sono la precondizione per la stabilizzazione della Libia ma la stabilizzazione della Libia deve essere la precondizione per indire poi una tornata elettorale”.

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