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Sul ministro Calenda il ragionamento di Claudio Cerasa oggi in prima pagina su Il Foglio è gustoso, sia sotto il profilo giornalistico che in chiave politica.
Ed è saggio partire dalla manifestazione di domenica al teatro Parenti di Milano, dove sono successi alcuni fatti politici rilevanti (sul palco c’erano il sindaco Beppe Sala, il candidato Giorgio Gori e poi Matteo Renzi e Carlo Calenda).

Innanzitutto il ministro è stato il più brillante del mazzo, il più sicuro di sé nella ricerca di una chiave narrativa vincente partendo da una posizione “governativa” (oggi l’esercizio politicamente più difficile non solo in Italia ma nel mondo intero) e il più applaudito dalla platea, che, va detto per dovere di cronaca, è uscita non particolarmente entusiasta dalla mattinata. Questo è il primo punto rilevante: Calenda è solido anche di fronte ad un pubblico “tutto politico” fatto di appassionati e militanti convocati alle 10 della domenica mattina nella fredda (politicamente) Milano.

In secondo luogo c’è un tema di confronto, in particolare con Sala e Renzi.

Il sindaco ha da tempo scelto una sua linea retorica “abrasiva”, fatta di frasi brevi che nulla concedono al gusto narrativo da comizio di vecchio o meno vecchio conio. In buona sostanza Sala parla sul palco come in una conversazione privata o di lavoro. Scelta in qualche modo coraggiosa la sua, ma perfettamente coerente con il personaggio e la sua vocazione da mister Wolf “risolvo problemi” (vedi l’Expo).

Poi c’è Renzi, il cui talento politico, tra i migliori comparsi sulla scena negli ultimi anni, è oggi sottoposto a pressione fortissima, anche a causa di una serie di errori compiuti da lui medesimo e dal suo Giglio Magico. Oggi Renzi tiene la scena perché ha mestiere, ma il suo ragionamento, i suoi gesti, i suoi sguardi, insomma il suo “tutto” sono condizionati da troppe ferite sul campo di battaglia, ferite molto spesso cercate con pervicace atteggiamento autolesionista (dal 2016 in avanti).
Il risultato per il segretario del Pd è un 6-, come un compito in classe fatto da un allievo più che dotato ma svogliato e pescato nella giornata storta. Ecco perché Cerasa vede giusto nell’immaginare un ruolo rilevante per il ministro Calenda ed ecco perché avrebbe senso per Renzi scommettere di più su di lui e magari anche sul ministro Minniti.

Però non possiamo nasconderci dietro un dito, pensando che al centro delle attenzioni di tutti i personaggi citati (e di molti altri) vi sia il risultato delle elezioni del 4 marzo con analoga intensità. Renzi ha giocato in solitaria per l’intera legislatura, arrivando a tollerare Gentiloni, tanto per fare l’esempio più importante, solo dopo sei mesi dalla nascita del governo attualmente in carica. Quindi il risultato del 4 marzo è di Renzi e di nessun altro, come peraltro gli ricorda D’Alema oggi nell’intervista a Cazzullo sul Corriere.

Calenda darà una mano e lo farà con correttezza e disponibilità, ben sapendo però che la partita vera comincia il 5 marzo. Partita nella quale ci sarà anche Renzi (con buona pace di D’Alema): pensare che venga spazzato via dalle urne non è realistico, anche perché sarà molto accorto nella scelta delle candidature.

Si naviga a vista, signore e signori, allacciare le cinture.

Isiamed

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