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Pubblico è meglio, soprattutto se l’alternativa sono liberalizzazioni spot, dall’alto tasso demagogico. Stefano Fassina, ex viceministro dell’Economia nel governo Letta e oggi deputato per Liberi e Uguali, dice a Formiche.net la sua sull’operazione industriale che sta facendo rumore in questi giorni. Ovvero l’ingresso di Cassa depositi e prestiti nel capitale di Tim, in evidente chiave anti Vivendi, azionista di riferimento della compagnia telefonica.

“Facciamo una premessa, il governo ha fatto bene a decidere di entrare in Tim. La società e la sua rete sono un asset decisivo per il nostro interesse nazionale, per la sicurezza, oltre che per il tessuto industriale. Finalmente è emerso l’impegno di Cdp a entrare nel capitale di Tim per tutelare gli interessi di sistema. Tuttavia bisogna mettersi bene in testa una cosa. Qualunque cosa succeda con la rete, dopo lo spin off, deve rimanere pubblica, saldamente in mano allo Stato, anche a fronte di una quotazione. Per un motivo molto semplice, la sicurezza nazionale è un qualcosa di non negoziabile. In questo senso mi pare che quanto visto ieri con Cassa abbia rotto un tabù. Veniamo da anni di appelli e proclami su liberalizzazioni e mercato aperto. Un mantra intriso di demagogia che non ha prodotto un bel nulla, se non disastri. Allora dico, liberalizziamo ma teniamo fermamente lo Stato nei settori strategici”.

Fassina non chiude però del tutto a una possibile quotazione (come vorrebbe il fondo Elliott) della società frutto dello spin off, che quasi certamente vedrà un ruolo di primo piano di Open Fiber, partecipata pariteticamente da Cdp ed Enel. “Mi viene un modello simile a Poste, con un il controllo in mano pubblica e con una quota di minoranza sul mercato. Purché rimanga l’assetto che ho appena descritto”.

Una certa cautela trapela anche dalle parole di Francesco Boccia, deputato dem ed ex presidente della commissione Bilancio. “La vicenda Tim-Cdp caratterizzerà inevitabilmente l’inizio di questa legislatura. Qualsiasi decisione verrà presa in futuro dovrà essere improntata alla massima trasparenza. La condizione di Tim è nota, come lo stato delle reti in Italia e le strategie degli stessi azionisti. Ora però va messo un punto fermo e va portata, con la massima trasparenza per definirne gli orizzonti, la vicenda sul ruolo dello Stato in Tim e nelle infrastrutture, nelle opportune sedi parlamentari”.

Da Tim ad Alitalia il passo è breve e, tornando al pensiero dell’ex viceministro, Fassina ne ha anche per l’ex compagnia di bandiera. “Che cosa abbiamo ottenuto dal 2008, quando con l’avvento dei cosiddetti capitani coraggiosi sono arrivati i privati? La compagnia è stata spolpata, distrutta. Per questo ancora oggi dico, meno male che c’è stata una frenata nella cessione (qui lo speciale di Formiche.net). Non c’è nessuna fretta di venderla, anzi di svenderla. Anche in questo caso immaginerei un modello di controllo pubblico, come per la società della rete Tim, magari con un partner industriale con una visione, quello sì. Non dimentichiamo che la compagnia si sta riprendendo e non ha ancora intaccato il prestito ponte (900 milioni, ndr), dunque ha ancora molta cassa. Qualcosa vorrà dire, o no?”.

 

fassina

Lo Stato in Tim? Bene. Ora il controllo della rete. Il commento di Fassina

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