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Il presidente americano Donald Trump non ha gradito – come i mercati – la reazione cinese alla sua mossa di alzare nuove tariffe commerciali contro Pechino, e per questo ha chiesto ai funzionari del dipartimento del Commercio di studiare subito una contro-reazione.

Gli Stati Uniti il 22 marzo avevano comunicato l’intenzione di alzare dazi commerciali su un valore pari a 50 miliardi di dollari l’anno di importazioni cinesi, poi, dopo un paio di settimane in cui Pechino continuava a dire che non ci sarebbe stata nessuna guerra commerciale e i mercati dovevano restare tranquilli, il 4 aprile la televisione di stato ha diffuso la decisione del presidente Xi Jinping: ci saranno almeno altrettanti 50 miliardi di prodotti statunitensi importati in Cina che saranno colpiti alla stregua di quanto fatto da Washington.

Trump vuole la meglio su questo braccio di ferro delicatissimo per gli equilibri del mercato globale (si scontrano le due più grandi economie del mondo) e ha rilanciato: “Alla luce dell’ingiusta rappresaglia” con cui i cinesi ci colpiscono, ha detto il presidente americano, rilanciamo con altri 100 miliardi di prodotti Made in China su cui verranno alzate le tariffazioni (perché, “piuttosto che rimediare alla sua cattiva condotta, la Cina ha scelto di danneggiare i nostri agricoltori e produttori”, ha detto).

“Quest’ultima intimidazione riflette la profonda arroganza di alcune élite americane nel loro atteggiamento nei confronti della Cina”, ha scritto in un editoriale il Global Times, giornale a controllo statale usato per diffondere sotto traccia – ma in lingua inglese – commenti piccanti del governo.

Nella sua dichiarazione, Trump ha detto anche che il rappresentante commerciale degli Stati Uniti ha stabilito che la Cina “si è impegnata ripetutamente in pratiche per sottrarre ingiustamente la proprietà intellettuale dell’America”. Ed è questo il punto: la Casa Bianca non vuol tanto punire la Cina sul commercio (quello che ha prodotto lo sbilancio tra import/export da oltre 300 miliardi clamorosamente a favore di Pechino), ma farlo soprattutto sulle pratiche commerciali scorrette grazie alle quali le produzioni cinesi stanno superando in tecnologia e innovazione gli americani. Per esempio, la Xinhua (agenzia stampa governativa) proprio mentre questo articolo era in stesura, ha twittato un video in cui racconta quanto la tecnologia cinese di Huawei sta diventando predominante in Europa.

È un’escalation che potrebbe rallentare la crescita globale portando a “una grande volatilità del mercato finanziario e a una generale incertezza economica”, ha commentato con la Reuters Doug Kass, che gestisce l’hedge fund Seabreeze Partners Management Inc. Però, sempre alla Reuters, “un alto funzionario” statunitense, ha detto in forma anonima che ancora non sono state stabilite le date, ma Washington è disponibile a rivedere tutto in sessioni di negoziazione con Pechino – insomma, come ha commentato il senatore repubblicano Ben Sasse, Trump è esploso, ma magari bluffa, perché se “fosse solo serio per metà significherebbe che ha in mente un piano folle”, dice Sasse.

Il tema delle tariffazioni e delle conseguenze sul commercio globale, saranno il convitato di pietra al meeting Boao, quello che viene chiamato il “Davos dell’Asia”, dove sull’isola di Hainan, nel sud della Cina, si riuniranno i leader del mercato regionale e mondiale: tema chiave dell’incontro, “Un’Asia aperta e innovativa per un mondo di grande prosperità

Nora semantica: “prosperità” è una della parole chiave nella dottrina New Era di Xi Jinping, ma è contemporaneamente anche il termine con cui Trump ha presentato al mondo le prossime mosse americane (anche i confronti aspri con le “potenze rivali” come la Cina) incluse nel documento strategico sulla Sicurezza nazionale. È un’immagine di quanto le dinamiche di Cina e Stati Uniti sia sovrapponibili, e dunque tendenzialmente in competizione.

Al Boao ci sarà anche il presidente cinese Xi, e terrà il suo primo intervento davanti un pubblico internazionale dopo la riconferma alla presidenza che lo porterà sul trono cinese a vita. Secondo le fonti del quotidiano di Hong Kong South China Morning Post, Xi terrà un discorso incentrato sull’apertura al libero commercio, sottolineando che Pechino si impegnerà nella creazione di porti di libero scambio nelle province cinesi “più liberi di quelli esistenti”. Possibile, probabile, che qualche passaggio riguardi – con la misurata leggerezza diplomatica anche le attuali schermaglie con gli Stati Uniti.

 

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