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TERRORE E FUOCO

L’organizzazione terroristica ha stabilito una vera e propria unità militare addetta allo scatenare incendi, che agisce ideando nuovi strumenti per appiccare il fuoco al di là del confine tra Israele e Gaza, in particolare nei territori coltivati. La “Kite Unit”, chiamata così perché gli incendi vengono causati da aquiloni ricoperti da sostanze incendiarie che sfruttano il clima e la vegetazione secca, opera come una vera e propria cellula, e con un vento “favorevole” riesce ad agire con efficacia ad una distanza di circa 40 Km dal confine.

L’EVOLUZIONE DEL CONFLITTO

La guerra asimmetrica condotta attraverso questi sistemi si è intensificata a partire dalla fine di marzo: fino ad oggi le autorità israeliane hanno riscontrato l’utilizzo di palloncini – o, talvolta, preservativi riempiti di gas elio – aquiloni infuocati o addirittura equipaggiati con sostanze esplosive. Attraverso queste tecniche, a partire dall’inizio di aprile Israele ha fronteggiato incendi, di cui alcuni estremamente gravi, quasi giornalmente, per un danno a costruzioni e coltivazioni che ha superato la cifra di 1,4 milioni di dollari.

PERICOLO INSIDIOSO

A tre mesi dal primo attacco incendiario, la tattica della Kite Unit sembra affinarsi: utilizzando gas come l’elio per riempire palloncini, i terroristi garantiscono all’attacco un raggio d’azione maggiore. Questi oggetti, infatti, non hanno bisogno di una struttura in legno o plastica, come accade per gli aquiloni, ed essendo più leggeri – se il vento è a favore – riescono a colpire obiettivi più lontani.

I PRECEDENTI

Mentre la tattica dei palloncini contenenti o ricoperti di sostanze incendiarie è del tutto nuova e risponde ad una precisa strategia di Hamas, il piroterrorismo non è una minaccia nuova per Israele, che non di rado si è visto costretto a fronteggiare danni ambientali di vasta portata. Nel novembre del 2016 – e ancora prima nel 2010 – attentati terroristici di natura incendiaria avevano già colpito Haifa causando l’evacuazione di sessantamila persone (nel secondo caso anche la morte di 40). Questi erano stati rivendicati dal gruppo terroristico palestinese di stampo salafita Ma’sadat al-Mujahideen, generando una sorta di nuova intifada “del fuoco” al grido dell’hashtag #israelIsBurning. Nel caso degli incendi di natura dolosa attribuiti successivamente alla causa del palestinese, si tratta di attacchi avvenuti attraverso un contatto diretto con il territorio, tanto che molti piroterroristi sono stati arrestati da Israele in quanto residenti nei pressi dei territori attaccati. Il fenomeno in quanto tale legato ad Hamas, invece, si è originato negli ultimi mesi e si è evoluto come conseguenza del successo degli attacchi. Il 15 giugno le Forze di difesa israeliane (Idf) hanno riscontrato l’ennesima evoluzione della tattica del gruppo, ovvero l’utilizzo di cosiddetti Ied (Improvised Explosive Device) attaccati ad un palloncino spinto dal vento nel deserto del Negev.

GLI ALTRI IMPATTI

Oltre ai danni apportati – destinati ad aumentare con la stagione estiva – la spettacolarizzazione degli attacchi è tale da avere un enorme impatto mediatico ma anche psicologico nei confronti dei cittadini dello stato d’Israele. Solo il 16 giugno, infatti, Israele ha contato 25 incendi, che hanno distrutto ettari di raccolto, campi e foreste. Ulteriore vantaggio oltre alla semplicità dell’assemblaggio, è che sarebbe impossibile (nonché impensabile) impedire la vendita di palloncini o di profilattici al fine di prevenire questi attacchi.

LA RISPOSTA ISRAELIANA

Con l’aggravarsi della situazione e della preoccupazione dell’opinione pubblica, Israele sta iniziando ad elaborare una strategia di difesa. L’esercito ha cominciato ad utilizzare droni per intercettare aquiloni e palloncini incendiari per minimizzare i danni da ambedue le parti. Un’altra misura è l’avvio di un procedimento legislativo che possa creare degli strumenti di deterrenza, come la legge approvata il 18 giugno che stabilisce la detrazione dei danni causati dagli incendi dai fondi destinati all’autorità palestinese. Il 17 giugno, infine, l’Idf ha risposto agli attacchi incendiari con dei colpi di avvertimento contro un gruppo di gazawi intenti a preparare nuovi palloncini da rilasciare in territorio israeliano, e ha affermato che in caso di utilizzo massiccio di Ied, la replica dell’esercito potrebbe inasprirsi.​

piroterrorismo, palestina hamas

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