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La dura presa di posizione del governo britannico al tentativo di eliminazione del’ex agente del Kgb, Sergei Skripal, insieme a sua figlia Yulia ha provocato una reazione altrettanto forte e stizzita da parte del Cremlino. Da Mosca fanno, infatti, sapere di essere infastiditi dalle “accuse campate in aria” e dalle incriminazioni supposte pur non avendo al momento alcuna prova certa sul coinvolgimento nella vicenda dei servizi di intelligence russi.

Da fonti vicine al ministero guidato da Sergei Lavrov arriva persino il messaggio di una disponibilità a collaborare al lavoro di indagine, per quanto possibile, per fare luce sull’attacco con il gas nervino che ha ridotto in fin di vita anche Nick Bailey, giovane poliziotto accorso per prestare aituo a padre e figlia colpiti lo scorso quattro marzo a Salisbury, cittadina inglese a metà strada tra Bristol e Southampton.

Proprio da Salisbury arriva la notizia, proveniente da fonti ospedaliere, secondo cui le condizioni di salute delle tre vittime dell’intossicazione sarebbero ora stabili. Una notizia che lascia ben sperare ma che non esclude affatto un eventuale peggioramento del quadro clinico diffuso proprio in queste ore da Lorna Wilkinson, capo infermiere dell’ospedale cittadino. È al momento assai difficile fare previsioni su una possibile ripresa dei tre e per tale ragione il bollettino medico continua a definire “critiche” le condizioni di tutti i pazienti.

Nel frattempo cresce l’allerta delle forze di sicurezza britanniche. Ai cittadini di Salisbury è saltato immediatamente agli occhi il notevole dispiegamento di militari nell’intera area che è stata teatro del misterioso evento. Sul punto anche a livello mediatico si sono susseguite voci non sempre precise. Si è parlato dell’invio nella zona di un contingente – composto anche da forze speciali – di circa cento unità. Secondo altri il numero complessivo sarebbe di molto maggiore e si attesterebbe intorno a centottanta, cifra al momento confermata.

Il livello di allerta è particolarmente alto e la dimostrazione di forza voluta dal governo britannico vuole essere un chiaro messaggio indirizzato a Mosca. Dai servizi di intelligence parte un preciso segnale che viaggia nella comunità internazionale delle spie: quanto accaduto è inammissibile. I britannici non possono tollerare la rozzezza e la grossolanità di un’operazione che non sarebbe mai dovuta accadere in territorio di sua maestà. Che la Gran Bretagna sia luogo di vendette e regolamenti di conti è un’idea che proprio non può passare. Le guerre tra spie sono – da sempre – combattute nell’ombra ed il silenzio è la regola aurea di ogni agenzia. La reazione britannica sarà dunque ineccepibile e non si farà attendere. Su questo sono in pochi ad avere dubbi.

Dall’altra parte dell’Atlantico c’è grande preoccupazione. A Langley si danno varie intepretazioni di quanto accaduto. Vi è una pista, in particolare, che nessuno vorrebbe seguire: dietro l’attacco al nervino si celerebbe un chiaro messaggio a quanti negli ultimi mesi abbiano anche solo ipotizzato di aprire ponti o fraternizzare con il nemico. Nel mondo delle spie ciò che conta è il passaporto, la fedeltà al proprio Paese di appartenenza. Un principio, quest’ultimo, sacro per ogni servizio. I traditori della patria non sono, dunque, ammessi e nemmeno il tempo perdona chi pensa di “fare il salto”. Le antenne di Washington – proprio come quelle di Londra – sono state fin troppo attive negli ultimi tempi. L’accaduto potrebbe anche essere letto – a detta di alcuni – come un modo non troppo educato per manifestare irritazione.

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Spie e veleni, il cocktail che fa litigare governi e apparati di intelligence

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