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Il faccia a faccia tra il permier Giorgia Meloni e la segretaria del Pd, Elly Schlein non s’ha da fare. Manca l’accordo tra le liste rappresentate in Parlamento. L’Agcom non transige. “In assenza della maggioranza richiesta dall’Autorità per le garanzie nelle Comunicazioni, la Rai ritiene di non poter programmare alcun confronto nei termini precedentemente proposti”. Queste le parole di viale Mazzini con cui viene giustificato il passo indietro della tv pubblica. Ed è l’epifenomeno di “una cultura da sempre repressiva sulla legge legata alla propaganda elettorale”. Il commento, nettamente negativo, arriva da Domenico Giordano, lo spin doctor di Arcadia.

Dalla sua lettura pare che se lo aspettasse. Non è stato un fulmine a ciel sereno, allora?

Assolutamente no. L’Italia ha, da sempre, una visione molto repressiva sulla par condicio e sulla propaganda elettorale. Basti pensare che l’attuale normativa vieta di pubblicare i sondaggi elettorali quindici giorni prima del voto. Una cosa che negli altri Paesi non succede: fino al giorno prima si possono pubblicare. E non è tutto.

Ovvero?

Sono stati equiparati i sondaggi alle analisi che vengono fatte online. Mi sembra che ci sia la volontà di disciplinare l’infosfera digitale con la clava. Il retaggio di una visione ottocentesca e feudale, del tutto anacronistica.

Agcom ha posto delle condizioni a tutela degli altri candidati. 

Parliamoci chiaro: in termini di consensi se il confronto tra Elly Schlein e Giorgia Meloni fosse avvenuto non avrebbe per nulla penalizzato gli altri candidati sotto il profilo elettorale. Per quanto un evento televisivo clou possa avere audience non avrà mai il potenziale di visitatori che può avere un contenuto sul web o diffuso sulle piattaforme social. Ecco perché penso che questa decisione sia profondamente sbagliata.

Secondo lei, al di là della Rai, potrà essere fatto in altre reti questo confronto?

Enrico Mentana, alla luce del pronunciamento dell’Agcom, ha lanciato una proposta di fare una due giorni con i leader su La 7. Staremo a vedere.

Chi ci rimette tra Elly Schlein e Giorgia Meloni per il mancato confronto?

Nessuna delle due direi. Ci avrebbe rimesso chi avesse fatto un passo indietro in autonomia. Ma non è accaduto: è stato un organo terzo a decidere di non far svolgere il confronto. Tra l’altro, nei fatti, il confronto già avviene tra Meloni e Schlein.

Che cosa intende dire?

Non si contano i post che il Pd, attraverso i suoi canali social, pubblica rivolgendosi al premier o al suo partito. Così come i contenuti pubblicati dai partiti di centrodestra che si rivolgono all’opposizione. È una dinamica che riguarda, evidentemente, tutti i leader e tutti i partiti. Per cui il confronto, seppur a distanza e su altre piattaforme, già avviene. Farlo sulla tv di Stato sarebbe stato un esercizio di democrazia. Questa normativa deve essere superata nella maniera più assoluta.

Vi spiego perché vietare il confronto Meloni-Schlein è sbagliato. Parla Giordano

Vietare il dibattito tra la premier e la segretaria del Pd è un errore, figlio di una cultura repressiva sulla legge della propaganda. Per quanto un evento televisivo clou possa avere audience non avrà mai il potenziale di visitatori che può avere un contenuto sul web o diffuso sulle piattaforme social: la normativa va cambiata. Colloquio con lo spin doctor di Arcadia, Domenico Giordano

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