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Nella perigliosa navigazione che oggi avvia la legislatura si rende subito evidente la posizione doppiamente centrale di Matteo Salvini.
In primo luogo perché il suo è un risultato formidabile sotto ogni profilo, non ultimo quello della leadership a destra, avendo la Lega superato Forza Italia.
E poi perché da oggi Salvini è l’unico titolare di ben tre opzioni di governo, che dovrà esaminare con cura nelle prossime ore.
Infatti Salvini può lavorare da leader della coalizione con cui si è presentato alle elezioni, tentando di trovare i consensi utili alla nascita di un esecutivo di centrodestra da lui guidato (mancano però alcune decine di voti), può rendersi disponibile ad un “esecutivo del Presidente” per superare la probabile impasse delle prossime settimane e può esplorare la spericolata ma suggestiva ipotesi di un accordo con Di Maio e il M5S.

Per usare un solido ed antico riferimento possiamo cioè dire che oggi Salvini ha una posizione “strategica” simile a quella di Bettino Craxi, in grado nella Prima Repubblica di governare a Roma con la Dc e nelle città con il Pci.

Cominciamo dal governo di centrodestra, ovviamente la soluzione più naturale. Qui c’è un tema di numeri, poiché la maggioranza appare lontana.
Occorre quindi verificare se il Parlamento è capace di generare un battaglione di “responsabili” in grado di garantire ad un governo Salvini i voti necessari per nascere: lo scopriremo nel giro di tre-quattro settimane.

Va subito però chiarito che questo schema contiene una incognita importante, cioè l’atteggiamento di Silvio Berlusconi, che nessuno allo stato è in grado di prevedere, sopratutto nel medio-lungo periodo. Quanto al governo del Presidente si vedrà dopo eventuali tentativi falliti, perché certamente il Capo dello Stato farà tutto il possibile per tenere in vita la legislatura.
Infine c’è l’ipotesi di accordo Salvini-Di Maio.

È innaturale se ragioniamo sui gruppi dirigenti, molto più comprensibile se guardiamo agli elettori, poiché la vicinanza tra chi ha votato Lega e chi ha scelto M5S è significativa.
Qui Salvini dovrebbe misurarsi con una prova impegnativa e quasi temeraria, abbandonando cioè la coalizione con cui si è presentato alle elezioni per giocare su un tavolo del tutto nuovo.
Però rappresenterebbe una novità poderosa dentro e fuori i confini nazionali, quindi una sfida politica di prima grandezza.

Ricordando Catalano potremmo concludere dicendo che le elezioni è indubbiamente meglio vincerle che perderle. Ma dobbiamo aggiunger sin d’ora che poi, se le vinci, inizia un secondo tempo della partita assai faticoso.

È esattamente la condizione di Matteo Salvini, grande vincitore (con Luigi Di Maio) di queste elezioni.

Matteo Salvini come Craxi, al centro di tutti i giochi

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