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La sentenza della United States Court of Appeals for the District of Columbia Circuit sul caso TikTok del 6 dicembre 2024 conferma la correttezza dell’analisi pubblicata su questa testata e stabilisce un precedente dalle implicazioni di vasta portata per le aziende high-tech, non solo cinesi, che rientrano nella categoria delle entità “controlled by a foreign adversary” creata con il Protecting Americans from Foreign Adversary Controlled Application Act del 2024.

Lo smantellamento di un’impresa o la vendita coatta di alcuni asset strategici non sono fatti nuovi né inconcepibili nell’ordinamento americano. Basta ricordare, per esempio, l’azione giudiziaria che nel 1911 portò allo smembramento della Standard Oil in 39 diverse società o, per rimanere in ambito tecnologico più recente, l’azione dell’Antitrust americana diretta a costringere Google a cedere i diritti sul browser Chrome.

Tuttavia, la conferma da parte della Corte d’appello della validità giuridica della legge che consente di imporre la vendita coatta per ragioni di sicurezza nazionale, ha un valore ulteriore perché si inserisce in una tendenza generalizzata che ricorre al diritto come strumento di attuazione delle scelte di politica estera secondo i canoni del lawfare. Nello specifico, la decisione dimostra come il lawfare sia un approccio che può essere sfruttato sia in proiezione difensiva (come le varie leggi di cui si è detto) sia in fase offensiva, come nel caso, appunto, dello sfruttamento da parte di attori stranieri delle possibilità offerte dalla normativa fiscale, finanziaria e commerciale per insinuarsi nel tessuto economico e produttivo di un altro Paese per attaccarlo dall’interno.

In un contesto del genere, dunque, la sentenza della Corte d’appello statunitense è un esempio di come un sistema giudiziario possa diventare parte complementare, se non integrante, del processo politico diretto utilizzare leggi e sentenze per finalità di politica estera. Lo ha già fatto la Ue, per esempio, entrando nell’autonomia della gestione Usa della sicurezza nazionale tramite le sentenze della Corte di giustizia note come Schrems I e Schrems II che annullarono l’accordo fra Commissione Ue e Stati Uniti per l’esportazione dei dati personali europei sulla base dell’assenza di garanzie sulla loro inaccessibilità da parte delle autorità Usa.

Quanto precede conferma tre fatti: il primo è che il controllo sui dati (elemento comune a tutte le legislazioni che si occupano del tema) è cruciale per la sopravvivenza di uno Stato come dimostrano il regolamento Ue sull’accesso equo ai dati e sul loro utilizzo, la Russia con l’obbligo di localizzazione dei dati dei propri cittadini all’interno della giurisdizione della Federazione, e la Cina con la legge sulla sicurezza nazionale; il secondo è che il controllo giuridico sul software è dichiarato esplicitamente come leva geopolitica, mentre il terzo è che le tecnicalità della gestione delle relazioni internazionali sono sostanzialmente le stesse a prescindere dalle latitudini e dai diversi livelli di democrazia di ciascuno Stato.

Fatta questa premessa, è possibile analizzare il potenziale impatto della decisione giudiziaria su vari aspetti dell’operatività estera delle aziende cinesi che operano nel High-Tech e in altri settori critici.

Aumento del controllo normativo e regolamentare

È ragionevole pensare che da oggi sarà più facile azionare la legge sui Foreign Adversary perché la sentenza indica alle autorità il percorso da seguire. Questo limita la possibilità di contestare l’operato dell’esecutivo perché il precedente giudiziario consente di invocare problemi di sicurezza nazionale con un supporto probatorio minimo essendo, inoltre, limitata la diffusione pubblica delle informazioni che hanno stimolato l’intervento dell’amministrazione: “Rigettiamo, inoltre, — si legge a pagina 41 della sentenza— la tesi di TikTok secondo la quale le preoccupazioni del governo connesse all’uso dei dati siano ipotetiche, Il Governo non ha bisogno di aspettare che un rischio si materializzi prima di agire, le sue decisioni sulla sicurezza nazionale devono essere spesso basate su un giudizio informato(le traduzioni dall’inglese non sono ufficiali, ndr).

Alcune possibili conseguenze dell’incremento delle attività di controllo — peraltro non dissimile da quanto accadrà nella Ue per via dell’applicazione della ponderosa normativa in materia di cybersecurity — potrebbero essere l’aumento della frequenza di ispezioni e verifiche, la necessità di affrontare costosi requisiti di conformità e la creazione di un’atmosfera di perenne incertezza per le aziende cinesi che operano negli Stati Uniti, che collaborano con aziende con sede negli Stati Uniti o che forniscono multinazionali non americane ma che hanno filiali in Usa e che potrebbero non voler diversificare i propri fornitori a seconda degli equilibri geopolitici.

Impatto economico dei maggiori oneri di conformità

Sviluppando il tema accennato nel punto precedente, le aziende attenzionate dall’esecutivo potrebbero doversi strutturare, ad esempio, per localizzare i dati negli Usa, sottoporsi ad audit di terze parti e a realizzare una separazione operativa dalle entità madri. Se queste diventassero condizioni standard per mantenere l’accesso al mercato negli Stati Uniti ci sarebbero conseguenze operative e finanziarie di notevole portata perché diventerebbe più difficile distribuire l’infrastruttura tecnologica in più Paesi.

Diminuzione della fiducia degli investitori

Ragionando in termini puramente formali, nel momento in cui la sentenza considera accettabile — sostanzialmente — “prendere per buono” quello che dice il governo (“La Corte non può né biasimare, né dubitare del Governo su questi punti cruciali“, si legge a pagina 40 dell’atto) senza una completa analisi pubblica delle prove a sostegno della sua posizione, si crea un ambiente giuridicamente imprevedibile per le aziende cinesi. Questo potrebbe scoraggiare investimenti e partnership, dal momento che alcune aziende potrebbero essere considerate ad alto rischio finanziario, a causa della possibilità di azioni normative improvvise o di divieti basati su rischi non pubblicamente documentati e dunque non valutabili in termini finanziari. Di conseguenza, questa percezione di instabilità potrebbe portare a disinvestimenti e valutazioni ridotte della capitalizzazione dei soggetti coinvolti.

Effetto a catena sulla global supply chain

La logistica è un fattore chiave per la gestione della catena di approvvigionamento di beni e servizi ed è, per definizione, un settore altamente globalizzato ed estremamente dipendente dall’uso di software e piattaforme anche predittive. Dunque, la sentenza TikTok può avere conseguenze anche per le supply chain che coinvolgono la Cina. Le aziende con sede negli Stati Uniti potrebbero trovarsi nelle condizioni di dover interrompere i legami con i fornitori o i partner cinesi per evitare di rimanere coinvolte in questioni giudiziarie; il che potrebbe creare problemi a processi di gestione logistica consolidati, aumentando i costi, causando inefficienze e disincentivando l’utilizzo di tecnologie cinesi.

Applicabilità ai settori emergenti

Il precedente stabilito dalla sentenza estende la propria efficacia anche a tutti quei settori emergenti come le bio e neurotecnologie, l’energia verde, il calcolo quantistico e, in generale,  a tutti quei comparti industriali per i quali dati e software sono elementi indispensabili e fondamentali. Benché focalizzata su TikTok, la legge varata dal Congresso è applicabile anche ad altri ambiti e potrebbe produrre un effetto disincentivante all’accesso nel mercato Usa.

Questa posizione antagonista si inserisce nella guerra commerciale in corso fra i due Paesi, che qualche giorno fa ha visto l’imposizione, da parte della Cina, di un bando dell’esportazione verso gli Usa di importanti minerali e che potrebbe alimentare misure di ritorsione da parte della RPC, come un maggiore controllo delle aziende tecnologiche statunitensi che operano in Cina. Inoltre, altri segnali, come le strategie di Huawei nel settore telco lasciano intendere, fanno pensare a una possibile ulteriore biforcazione dei mercati tecnologici globali lungo direttrici geopolitiche.

Escalation della rivalità tra Stati Uniti e Cina

La sentenza amplifica la rivalità tra Stati Uniti e Cina, aumentando la rilevanza della connessione delle aziende high-tech con gli interessi della RPC, a prescindere dalla loro formale indipendenza operativa o dagli sforzi di conformità. Un passaggio molto interessante della sentenza, infatti, evidenzia come il ricorso a tecniche di ingegneria societaria consenta di creare un’apparente indipendenza che, nei fatti, non sarebbe tale.

Adozione di scelte analoghe da parte di Paesi terzi

In questo scenario, da un lato, si rafforzerebbe la leadership tecnologica degli attori statunitensi in Occidente. La sentenza potrebbe, infatti, incoraggiare altre nazioni, in particolare quelle alleate degli Stati Uniti nella loro rivalità geopolitica con la Cina, ad adottare misure simili. Questo effetto di ricaduta potrebbe portare a restrizioni coordinate in regioni come l’Europa, il Sud-Est asiatico e l’Australia.

Dall’altro lato, però, un’ipotesi del genere radicalizzerebbe il processo di costruzione di una Cortina di ferro tecnologica, i cui primi mattoni sono già stati posati e che continua senza posa, come dimostra la creazione della Sparklink Alliance, promossa da Huawei nata per sostenere la diffusione dello standard Nearlink, un possibile successore dell’obsoleto Blutooth in grado di raggiungere prestazioni estremamente più elevate, e dunque di essere utilizzato in tutti quegli ambiti, come il controllo automatizzato del traffico e delle smart-city.

Conclusioni

La sentenza nel caso TikTok può avere degli effetti che vanno molto oltre la pura e semplice interruzione delle operazioni in territorio Usa di un’azienda sotto il controllo delle autorità cinesi.

Questo precedente giudiziario, infatti, ha eliminato dalle possibili strategie di attacco giudiziario da parte di aziende sottoposte a provvedimenti analoghi un potentissimo argomento: quello della violazione della libertà di espressione che, negli Stati Uniti, ha un valore quasi divino e certamente sacrale. L’impossibilità di invocare la violazione del free speech lascia in campo soltanto argomenti molto tecnici, di scarsa presa generale, più soggetti alle sottigliezze dell’interpretazione giuridica e dunque più facilmente orientabili verso esiti funzionali alle necessità del momento.

Nello stesso tempo, i giudici della Corte d’appello hanno stabilito la legittimità del principio di precauzione applicato alla sicurezza nazionale: questo significa che l’esecutivo non deve necessariamente dimostrare l’esistenza di una reale minaccia per attivare le misure di contenimento che possono arrivare, come nel caso TikTok, alla vendita coatta della società interessata o, in casi meno drastici, a un pervasivo controllo dell’operatività aziendale.

Il combinato disposto di questi principi di diritto consente all’esecutivo americano di esercitare una leva diretta nei confronti di qualsiasi realtà straniera che venga individuata come un potenziale pericolo per gli interessi nazionali, cioè sulla base di valutazioni preventive molto anticipate e dunque non necessariamente basate su un livello di allarme elevato, ma che nello stesso tempo giustificano la limitazione dei diritti costituzionali, altrimenti difficilmente comprimibili.

Sarà interessante vedere se questo approccio troverà accoglimento anche in altre giurisdizioni e quali saranno gli impatti industriali, economici e finanziari in comparti cruciali per il posizionamento geopolitico degli Stati interessati, e in particolare di quelli emergenti.

La sentenza TikTok e il futuro delle multinazionali cinesi high-tech. L'opinione di Monti

La recente decisione della US Court of Appeals for the District of Columbia sul caso TikTok conferma la validità della legge che impone la vendita coatta della filiale americana del colosso dei social network cinese, stabilisce un precedente importante nel rapporto fra diritti e sicurezza nazionale, e fornisce un’idea abbastanza precisa di come si evolverà il controllo statale sulle aziende straniere, non solo cinesi. La versione di Andrea Monti, professore incaricato di Digital Law – Università di Chieti-Pescara

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