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Quando girai il mio primo documentario negli Stati Uniti, “La luna da Occidente”, che voleva dare voce ai musulmani d’America e a come hanno vissuto, loro, l’11 settembre, mi colpì molto la frase di uno degli intervistati. Una terza generazione di migranti siriani in America: “prima dell’11 settembre eravamo tutti americani, dopo l’11 settembre improvvisamente eravamo diventati solo musulmani. E poi, scoprimmo che nel giornalismo la nostra voce era per lo più assente e lo spazio per la disinformazione e la denigrazione proliferò senza contraddittorio. Ci accorgemmo che avevamo investito sui nostri figli soprattutto perché diventassero medici o ingegneri. La professione del giornalista non era contemplata e non aveva prestigio. Ci sbagliavamo e siamo rimasti senza voce, volti e storia”.

Ecco, questa riflessione di un anziano americano, di nonni siriani, l’ho trovata eloquente, ogni volta che in questi anni ho assistito alla valanga di banalità, pregiudizi, accuse, denigrazioni e tanta disinformazione su un mondo, quello musulmano, che non si conosce abbastanza, si teme e si continua a investire per temerlo il più possibile, diventando il nostro miglior alibi e nemico per auto-celebrarci quanto migliori rispetto all’altro.

Succede dunque che ogni notizia su islam e musulmani in generale – che risponda ai più banali e primordiali pregiudizi – si conquisti la home page di un giornale, e in maniera sistematica ripercorra gli stessi passaggi di analisi, accuse e autocelebrazione finale.

Non c’è niente da fare, l’islam barbaro è irresistibile.
E’ successo in questi anni anche alle menti migliori, quasi come fosse un virus contaggioso. E ieri, la evidente bufala sulla sposa bambina di 9 anni padovana, di famiglia musulmana, finita in ospedale per un’emoraggia, aveva tutti quegli ingredienti per confermare quanto i musulmani fossero barbari. E preciso: più come musulmani che come genitori, persone, umanità.

Ma così facendo non solo si rischia – con la storia e l’alibi dell’islam – di relegare una barbara pratica che tocca, seppur in minoranza l’intero emisfero, a una confessione che nulla dovrebbe c’entrare, ma ancora una volta si rinchiudere una comunità complessa in un’unica gabbia, stretta e ingiuriosa.

I matrimoni precoci, certamente, toccano molti paesi musulmani, che da anni attraverso la società civile, ma anche le leggi messe in campo, si provano a contrastare. Ma sappiamo molto bene che non è mica solo un dramma che accade in paesi dove c’è una maggioranza musulmana perché a quel punto, come vogliamo analizzare i numerosi casi di violenza sulle donne e di pedofilia che toccano anche il nostro paese? Davvero vogliamo lavarcene le mani, dietro alla parola islam?

Quello che continuo da anni a chiedermi è perché, di fronte a una barbarie, quando ad essere coinvolto un componente musulmano, si cambia la prospettiva dell’analisi, quasi che i musulmani fossero una razza a parte?

Vorrei far presente che una notizia su una bambina di 9 anni sposata con uno di 45 anni, e finita all’ospedale per un’emorraggia dopo un rapporto sessuale, avrebbe fatto orrore anche in un villaggio dell’entroterra marocchino. Non ci si crederà, ma anche lì la sensibilità sulle spose bambine si è fatta da un pezzo e con buoni risultati. Il percorso è lungo ma è già avviato.

Per questo, le condanne sotto la veste e l’accusa islamica, da una parte non sono altro che la giustificazione più becera e politicamente corretta per fare danni incalcolabili alle comunità musulmane e al loro processo di emancipazione su più fronti. Mentre a lungo termine non faranno altro che portarci a perdere il senso della realtà.

Questo atteggiamento è già intollerabile quando lo si incontra in uno scambio da bar, ma che debba diventare anche la sintesi delle menti più illuminate che fanno informazione e analisi, forse dovrebbe darci l’opportunità di prenderci un serio momento di riflessione.

Sul perché molti giornalisti e nostri intellettuali perdano lucidità di analisi, quando i temi di discussione includano islam e musulmani.

Di come siamo arrivati e come possiamo de-costruire questa trappola piena di pregiudizi che ci fa bere anche le fake news più burlone. Vogliamo, con onestà intellettuale raccontare la complessità di un mondo nel bene e nel male, o continuare quasi a memoria a ripetere quel che si racconta su quel mondo, guardandolo dall’alto?

Ora, senza voler fare del vittimismo: è facile scamparla quando a essere infangata è una minoranza a tutti gli effetti, etnica, confessionale e con potere quasi inesistente perché si tratta ancora di immigrati appena alla seconda generazione, ma tutta questa merda che sta piovendo addosso da parecchi anni ormai su questa minoranza, non avrà ripercussioni a lungo andare?
Sarò io ingenua e un po’ idealista ma continuo e voglio ancora investire in un Noi, come umanità, e non a un Noi e Voi. E questo obiettivo dovrebbe essere di tutti noi che viviamo in una società complessa e globalizzata, dove anche i musulmani, seppur ancora senza voce, sono tra noi e non solo dall’altra parte della frontiera.

islam

Le fake news e l’islamizzazione del male

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