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Ci conosciamo da così tanti anni che ho perso il conto. E’ un’eternità“. L’ex parlamentare del Movimento sociale italiano e di Alleanza Nazionale Vincenzo Trantino – nove legislature da deputato tra il 1972 e il 2006 – Nello Musumeci lo conosce come pochi: fin dai primi anni 70′, quando il neo governatore della Sicilia era solo un quindicenne che si affacciava al mondo della politica. “A quei tempi già andava maturando le simpatie che sarebbero poi diventate una vera e propria fede“, ha raccontato Trantino in questa conversazione con Formiche.net. Nell quale non si è associato alla descrizione di padre politico di Musumeci che spesso viene data di lui sull’isola. Limitandosi, invece, a definirsi come “una persona con qualche anno in più” che in tutti questi anni “ha avuto la fortuna di conoscere Nello e di dargli di tanto in tanto qualche consiglio“.

Trantino, qual è il primo ricordo che ha di Musumeci?

Risale al 1972: io ero stato appena eletto deputato alla Camera mentre lui era una degli esponenti più giovani e brillanti del Msi di Catania.

In Sicilia Musumeci è molto noto, mentre nel resto d’Italia un po’ di meno. Lei che lo conosce così bene come lo descriverebbe?

Ha due caratteristiche entrambe positive ma che per la politica non penso siano sempre paganti. E’ umile e timido. Due qualità che potrebbero essere sintetizzate con l’espressione siciliana “per non dire buonasera non entrano“. Nel senso che non ha mai avuto manie di protagonismo. Mai.

Un momento fondamentale nel suo percorso politico?

Non c’è dubbio che sia rappresentato dalla prima elezione a presidente della Provincia di Catania nel 1994. Già allora emerse quello che può essere considerato uno dei suoi tratti più caratteristici: un uomo con una chiara provenienza politica ma anche connotato da un reale spirito civico. E ancora oggi è così.

Non a caso a queste elezioni Musumeci si è presentato come leader del suo movimento civico Diventerà bellissima. Perché questo aspetto è così importante per lui?

Si tratta di una costante della sua carriera. Musumeci in tutti questi anni ha avuto ben poco a che fare con i simboli di partito: la sua vera ambizione è sempre stata quella di essere utile alla sua terra. Partendo, ovviamente, dalle sue idee politiche. Ha sempre cercato di attivare le migliori energie della società siciliana per cercare di imprimere un cambiamento positivo e sono convinto che si comporterà così anche stavolta.

Al di là delle polemiche sui cosiddetti impresentabili, in molti, anche tra gli avversari, riconoscono l’integrità e la serietà di Musumeci. Perché secondo lei?

Da questo punto di vista la sua storia parla per lui: durante i due mandati da presidente della Provincia di Catania, riuscì a bonificare la situazione ma anche ad assumere tante decisioni importanti. Non è casuale che quel periodo venga oggi ricordato come “Primavera di Catania”. Quando si dice Musumeci ha le mani pulite, è un discorso a metà: avrebbe potuto comunque tenerle in tasca – nel senso di non fare un granché – ma ha preferito metterle nella melma dei problemi per cercare di risolverli. E ne è uscito specchiato. In lui c’è un’autentica vocazione all’amministrazione della cosa pubblica che si potrebbe quasi definire prevalente rispetto alla dimensione puramente politica.

Nel dibattito pre-elettorale c’è stato chi ha definito troppo estremista la sua candidatura, considerata la sua provenienza dal Msi. Che ne pensa?

Ma non esiste proprio: pensi che da giovane gli veniva contestato l’esatto contrario. Di essere, cioè, troppo moderato. Non è vero però: sicuramente era lontano anni luce da una certa destra folcloristica di quegli anni – come lo ero anche io – ma pienamente in linea con il percorso del Msi. Che a Catania ha raggiunto un consenso molto ampio.

Quale sarà il primo atto politico di Musumeci non appena entrerà a Palazzo d’Orleans?

Non glielo so dire, ma posso raccontarle che, quando durante la campagna elettorale ci siamo parlati, gli anticipai che avrebbe vinto. E poi gli chiesi, una volta eletto, di battersi per recuperare alla politica i tanti siciliani che non si sarebbero recati alle urne. E lui mi disse che lo avrebbe fatto.

Sui conti disastrati della Regione, invece, cosa gli consiglia?

Di istituire immediatamente una commissione super-partes – composta da esperti esterni alla pubblica amministrazione siciliana – con il compito di valutare la reale produttività sul lavoro di tutti i dipendenti pubblici. C’è bisogno di persone appassionate che esercitino con serietà le loro funzioni. Dobbiamo stanare gli inetti, i raccomandati, gli ignavi, gli incapaci e quelli che fingono di lavorare. Anche con l’obiettivo di valorizzare nel modo più giusto coloro che ogni giorno svolgono in maniera rigorosa il loro lavoro.

Immagina che Musumeci possa avere problemi nel comporre la giunta?

Non credo onestamente. Penso che Musumeci abbia già concordato con le forze politiche che lo hanno sostenuto come comportarsi dopo la vittoria delle elezioni.

Per Musumeci il difficile inizia ora?

E’ una sfida complessa che definirei una rincorsa in salita: dovrà conquistare risultati positivi nel più breve tempo possibile. Non bisogna deludere i siciliani. Ma Nello ne è pienamente consapevole. In lui sono contento di rivedere anche un lessico che continua: in politica i verbi si possono coniugare al futuro una sola volta ma dopo è necessario poter dire che cosa si è fatto.

Musumeci

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