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Per capire quanto Ostia sia stata male amministrata basta farsi un giro per il suo porto turistico. Quello che potrebbe essere un gioiellino sul mare è invece una colata di cemento in stile Germania Est di Honecker durante la guerra fredda. E infatti le attività (bar, negozi e ristoranti) chiudono una dopo l’altra. Lo scorso anno la Finanza ha sequestrato numerosi locali al cosiddetto “ras del porto”, l’imprenditore Mauro Balini, già indagato per bancarotta fraudolenta e riciclaggio. Il lungomare vero e proprio è un po’ meglio, ma pure qui il cemento domina incontrastato: la questione del “lungomuro” che non fa vedere il mare va avanti da anni e s’intreccia con la gestione malavitosa degli stabilimenti balneari, dal centro città fino alle dune di Castelporziano. Parti di muro sono già state smantellate e tutti i candidati promettono la massima trasparenza sulle assegnazioni degli stabilimenti balneari, irregolari per il 70% dei casi.

Ostia, infatti, è l’unico municipio di Roma commissariato per mafia. Con numerose inchieste che hanno fatto luce su un intreccio malavitoso che parte dagli stabilimenti e si allarga al pizzo, alla droga, al gioco d’azzardo e alla prostituzione. Domenica questo quartiere della Capitale, che in qualsiasi altro posto sarebbe un comune a sé visto che conta 250 mila abitanti (più di Livorno e Parma, quasi quanto Venezia), torna al voto per eleggere il presidente del municipio, una sorta di minisindaco. L’ultimo era targato Pd: Andrea Tassone, condannato in primo grado a 5 anni e mezzo di carcere nel processo “Mafia Capitale”. Non certo un buon biglietto da visita per il partito di Matteo Renzi, che qui ha scelto di puntare su una vecchia gloria: Athos De Luca, 71 anni, primo incarico da consigliere comunale capitolino 28 anni fa da ambientalista, poi anche ex senatore dei Verdi. Non lo voleva fare nessuno il candidato a Ostia e alla fine sono riusciti a convincere lui, che qui nemmeno ci abita. “Io amo molto Ostia perché amo molto il mare”, ha dichiarato. Una candidatura di bandiera, visto che il Pd, come in Sicilia, a Ostia sembra destinato a recitare il ruolo di attore non protagonista.

Secondo i sondaggi, infatti, a giocarsi la vittoria saranno Movimento 5 Stelle e Fratelli d’Italia. Ma a dar fastidio ci sarà anche il candidato di Casa Pound, che da queste parti è ben radicata. E’ degli ultimi giorni, ad esempio, un post su Facebook in cui Roberto Spada – appartenente all’omonima famiglia, il principale clan criminale del litorale di etnia sinti e legato ai Casamonica – invitava a votare per l’uomo di Casa Pound.

Le favorite, dunque, sono due donne. Giuliana Di Pillo è la candidata dei 5 Stelle. Insegnante di sostegno, ex giocatrice di basket, grillina della prima ora e fedelissima di Virginia Raggi, toccherà a lei cercare di tenere botta in questa che per la sindaca della Capitale rappresentano una sorta di elezioni di mid term: nel 2006 qui Raggi fece 43,6% al primo turno e 76% al ballottaggio contro Roberto Giachetti. Un plebiscito. Ma Di Pillo potrebbe pagare nelle urne la forte delusione dei cittadini nei confronti della sindaca. A tallonarla a ruota c’è Monica Picca, di Fdi, molto vicina a Giorgia Meloni e appoggiata da tutto il centrodestra, questa volta compatto, al contrario delle elezioni al Campidoglio di due anni fa, quando le divisioni costarono parecchio alla Meloni. Picca, però, dovrà guardarsi del suo competitor a destra, Luca Marsella di Casa Pound, che qui ha portato a fare un comizio pure Nina Moric, ex moglie di Fabrizio Corona, che da qualche tempo ha sposato la causa dei “fascisti del terzo millennio”.

Il centrosinistra, invece, tanto per cambiare, come in Sicilia, è diviso. Eugenio Bellomo, ex Cgil, guida una lista di sinistra; Andrea Bozzi, giornalista, è il candidato di Ap, vicino a Beatrice Lorenzin; un prete, don Franco De Donno, vice parroco nella chiesa di Santa Monica, ora auto sospeso a divinis, guida una lista civica sostenuto da Mdp e Sinistra italiana (è il più popolare di tutti, quello che la gente ferma per strada). Oltre naturalmente a De Luca per i dem. Insomma, di tutto e di più.

Riusciranno i nostri eroi a guarire i mali di Ostia? Molti difficile. La vera strada per migliorare la situazione sarebbe quella dell’autonomia da Roma. Fiumicino, per esempio, da quando si è staccata dalla Capitale è rinata. Ma qui, su questo territorio che arriva fino ai confini della città, all’Axa e a Casalpalocco, già due referendum a dieci anni di distanza l’uno dall’altro, nel 1989 e nel 1999, hanno detto no all’autonomia. Si preferisce restare romani. Quindi essere periferia della Capitale, gli ultimi degli ultimi. Mentre, con un Comune a sé, gli amministratori sarebbero più responsabilizzati e vicini ai cittadini. Ma per ora a Ostia si vota solo per scegliere il nuovo presidente del X municipio di Roma.

Ecco come centrodestra e M5s si sfidano a Ostia

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