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L’ondata di proteste in Iran hanno colpito poco finora le strade della capitale, ma anche i residenti di Teheran si lamentano; soprattutto delle condizioni economiche della loro vita. Arya Rahnami è un infermiere: “Lavoro, ma in questa società sono sempre sotto la pressione di un possibile licenziamento. Sempre preoccupato per la sicurezza della mia famiglia. La gente ha soprattutto un problema di sicurezza e di denaro”.

Solo nella capitale sono state arrestate 450 persone dal 30 dicembre. Eppure Teheran è meno toccata di altre città dal movimento di protesta contro la crisi, contro un potere considerato sempre più corrotto, contro il controllo religioso sulle donne e sulla morale. Le cifre ufficiali parlano di 23 morti nel Paese. Il presidente iraniano Hassan Rohani ha dichiarato il 31 dicembre che bisogna lasciare spazio alle critiche della società, ma ha anche avvertito che la violenza è inaccettabile. Rohani ha attaccato il presidente americano Donald Trump e il suo supporto alle proteste: “L’uomo che oggi in America vuole sostenere il nostro popolo si dimentica che qualche mese fa ci ha chiamato un Paese di terroristi”.

Nelle strade di Teheran qualcuno dà ragione al presidente, come la casalinga Shiva Daneshvar: “Io non sono a favore delle manifestazioni che distruggono la proprietà pubblica. Poi il governo come paga i danni? Se qualcuno rompe le finestre poi bisogna pagare”. Per un’altra casalinga, Farzaneh Mirzaie, il problema sono i prezzi troppo alti in un Paese che, dice, è ricchissimo di tutto: “Il nostro Paese è come l’oro. Qualunque cosa, noi ce l’abbiamo. Ma non abbiamo nessun vantaggio dalle ricchezze della nazione”.

Askanews / riproduzione riservata

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