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I rappresentanti delle più importanti istituzioni nazionali si sono ritrovati ieri alla Camera dei Deputati in occasione della presentazione dei risultati della Commissione parlamentare d’inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti.

Il Presidente Alessandro Bratti (nella foto) ha illustrato, numeri alla mano, l’intensa attività che la Commissione ha svolto dal settembre 2014 al giugno 2017: in Parlamento e sul territorio. Oltre 200 tra sedute plenarie e sopralluoghi in giro per l’Italia; più di 670 audizioni svolte; 12 relazioni approvate, tematiche e territoriali. I  filoni di indagine hanno riguardato: le bonifiche nei principali siti di interesse nazionale; i quattro impianti chimici presenti nel Nord del Paese (Ferrara, Ravenna, Mantova e Venezia Porto Marghera); il traffico transfrontaliero dei rifiuti; la gestione dei rifiuti radioattivi; il mercato del riciclo; lo stato dell’attuazione della legge sui reati ambientali; le indagini territoriali della gestione dei rifiuti in Sicilia, Liguria, Veneto, Lazio, Campania e Toscana.

L’obiettivo della relazione, ha detto Bratti, va ricercato nelle finalità stesse delle Commissioni parlamentari d’inchiesta, istituite per “indagare su materie di interesse pubblico” in modo da “rendere più chiari, ai vari livelli istituzionali e sociali, i risultati raggiunti non solo in termini di attività svolte, ma anche per quanto riguarda gli impatti e l’utilità generale”. Questa esigenza, d’altra parte,  “oltre che legittima, appare in linea con un sentimento diffuso ed espresso sempre più a gran voce dagli stessi cittadini, per i quali diviene fondamentale poter formulare un giudizio di merito sulle nostre istituzioni proprio sulla base dei risultati conseguiti”.

Questa Commissione d’inchiesta, in particolare, è chiamata a “fare luce sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti”, ma anche ad “individuare le connessioni tra le attività illecite, nel settore dei rifiuti ed altre attività economiche”, a verificare l’eventuale sussistenza di comportamenti illeciti “da parte della pubblica amministrazione centrale e periferica e dei soggetti pubblici o privati operanti nella gestione dei rifiuti”.

Per entrare più nel merito nelle attività svolte dalla Commissione in questi tre anni, dobbiamo rapportarci ai principali filoni di indagine seguiti e alla collaborazione degli interlocutori istituzionali che a queste indagini hanno peso parte: autorità giudiziarie, prefetture, forze di polizia, società pubbliche e private, comitati di cittadini, associazioni.

Con riferimento agli approfondimenti di carattere tematico, particolarmente impegnativo si è rivelato, come ha sottolineato lo stesso Bratti, il lavoro  relativo alle bonifiche sui siti di interesse nazionale che, oltre alle difficoltà di carattere tecnico e burocratico, ha registrato in qualche caso l’interesse della criminalità organizzata, in considerazione degli elevati importi previsti per ciascun intervento. Vale la pena citarne alcuni dei più rilevanti: Bussi in Abruzzo; Casale Monferrato in Piemonte; Porto Marghera in Veneto; Valle del Sacco nel Lazio; e ancora Taranto e Brindisi; Piombino, Orbetello e Livorno; Bagnoli e Napoli; Sesto S. Giovanni e Pioltello in Lombardia. Sempre in tema di bonifiche,   vanno aggiunti i quattro impianti chimici presenti al Nord.

Appaiono degni di menzione gli approfondimenti tematici riguardanti il traffico transfrontaliero dei rifiuti e dei rifiuti radioattivi, che hanno portato la Commissione ad ampliare il proprio raggio d’azione oltre i confini nazionali, in Spagna, Germania, Olanda, Francia, Romania fino a Taiwan.

Un ulteriore filone d’indagine, come dicevamo all’inizio, è rappresentato dal mercato del riciclo. Sono stati ascoltati i consorzi nazionali al fine di approfondire i temi delle verifiche e dei controlli; del raggiungimento degli obiettivi di raccolta e di riciclo.

L’attività svolta dalla Commissione d’inchiesta, ha concluso Bratti, vuole essere un contributo proattivo verso le altre istituzioni e un supporto all’attività del legislatore. La particolare attenzione e la capacità d’ascolto rivolta anche ai soggetti non istituzionali “avvicina l’istituzione a quelle collettività con l’obiettivo di consolidare il rapporto con quelle stesse comunità che il Parlamento rappresenta e che ha il dovere di tutelare”.

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