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I danni dei nubifragi di Livorno e di Roma si sarebbero potuti contenere, e le famigerate “bombe d’acqua” in realtà non esistono. Così come non è vero che il clima dell’Italia sta diventando tropicale. Lo sostiene Franco Prodi, geofisico e climatologo di fama internazionale, ex ordinario di fisica all’Università di Ferrara, oltre che fratello di Romano, ex presidente del Consiglio. Per lo studioso il problema è il sistema delle previsioni, troppo affidato alle equazioni elaborate dai modelli e poco al “nowcasting”, ovvero l’analisi in tempo reale della situazione, applicata su un territorio ristretto.

ITALIA TROPICALE? UNA “FESSERIA”
Prodi, intervistato dal Mattino, ha ribadito alcune tesi che va ripetendo da anni. Prima fra tutte la smentita che il clima italiano starebbe diventando tropicale. “È una fesseria” ha sentenziato. Lo scienziato concede che “qualche evento quasi tropicale si presenta, ma assai raramente, nel Mediterraneo”. Prodi non nega i cambiamenti climatici: “L’aumento delle temperature porta a più vapore in circolazione e quindi può generare un leggero aumento delle precipitazioni”, dice, ma aggiunge che dall’analisi dei dati statistici “non ho trovato evidenze di incremento delle alluvioni se non nella conta di danni e vittime”. Per lo studioso i danni si spiegano con l’espansione edilizia incontrollata: “Perfino le aziende costruiscono in terreno inondabili”.

LE “BOMBE D’ACQUA” NON ESISTONO
Prodi ricorda che la classificazione meteorologica individua quattro tipi diversi di temporali: “A cella singola, multicella, squall-line, supercella con tornado e trombe d’aria associati”. Conclusione, le bombe d’acqua non esistono. Certo è che, al netto del nome, il fenomeno esiste eccome e fa numerosi danni. La pioggia cade violenta e abbondante in pochissimo tempo, i bacini idrologici si ingrossano e arriva l’inondazione. Il problema è che è difficile prevedere il punto esatto in cui il temporale colpirà. Lo dimostra quanto è successo lo scorso weekend, con l’allerta meteo lanciato sul levante ligure, quando i maggiori danni – e le vittime – si sono registrate a Livorno. Il sindaco Filippo Nogarin lo ha detto chiaramente: “Non ci aspettavamo questa situazione perché l’allarme dato dalla Protezione civile era arancione, invece ci siamo svegliati così”.
Si sarebbe potuto fare qualcosa in più? Per Prodi forse sì. Prevedere con maggior precisione i nubifragi è possibile, a condizione di modificare le procedure e affidarsi al nowcasting, che integra i modelli numerici con i dati sulla situazione meteo in tempo reale forniti dai radar e quelli previsionali dei satelliti. Il risultato? Un indice di affidabilità molto maggiore rispetto alle generiche previsioni su cui spesso poggiano gli allerta meteo. Ovviamente, il rovescio della medaglia è il pochissimo preavviso. “Ogni venti minuti-mezz’ora si può avere una stima dell’intensità di precipitazione nel bacino del fiume o del torrente – spiega lo studioso – Il calcolatore che rivolve le equazioni ci può dire che esiste un pericolo, non prevedere esattamente dove. Ci si aspetta il temporale ad Alessandria, poi si abbatte a Novara”. E non è la prima volta che Prodi sostiene tesi analoghe. Era già successo con il nubifragio del 2013 in Sardegna.

LE TESI CONTROCORRENTE DI PRODI SUL CLIMATE CHANGE
Non è neppure la prima volta che Prodi tiene una posizione controcorrente. Particolarmente rilevante il suo giudizio sui mutamenti climatici, per lui non necessariamente riconducibile all’attività umana. “Il clima cambia per definizione – ha dichiarato nel 2009, intervistato dal Tempo – È come avere una lampada, che è il Sole, e una sfera, che è la Terra: la distanza che c’è tra i due elementi può cambiare e anche l’intensità della lampada può cambiare, è normale. In passato ci sono stati grandi cambiamenti climatici, grandi cicli astronomici e astrofisici. E in questo l’uomo non c’entra nulla. Da due secoli a questa parte l’uomo è in grado di competere con la natura. Può generare particelle e gas, modificando la natura. Se contiamo tutte queste le particelle prodotte dall’uomo, arriviamo al 20 per cento del totale. Non poco. Ma due secoli, rispetto ai grandi cicli di cui parlavamo prima, sono solo un battito di ciglia. Il problema è: siamo noi in grado di avere modelli che comprendono tutte le variabili in modo coerente, per cui si possa isolare il comportamento dell’uomo dagli altri agenti che contribuiscono al cambiamento climatico? La risposta è no”.
Inoltre Prodi si è ripetutamente dichiarato in disaccordo con chi lega il riscaldamento globale alle emissioni di Co2. “Non ne sono l’unica causa – ha detto – Incide sul riscaldamento tutto ciò che è triatomico (perché assorbe energia solare, ndr), compresi vapore acqueo e gas serra”. Beninteso, Prodi riconosce che il riscaldamento globale esiste e che la situazione del clima è “critica” ma, fa notare, “ci si fossilizza solo sulle emissioni. Quando invece servirebbe un rispetto ambientale laddove non c’è”.

LE CRITICHE ALLA POLITICA
Il recente dibattito sull’uscita degli Usa dall’accordo di Parigi, poi, non ha sconvolto più di tanto Prodi. “La conferenza di Kyoto (con il relativo accordo risalente al 1997, ndr) non fu mai condivisa totalmente – ha commentato – E poi si è andati avanti comunque”.
Nel 2011, intervistato da Repubblica, Prodi aveva sostenuto che “in 50 anni il clima in Italia è cambiato davvero poco”, e le “leggere variazioni sono ingigantite dalla memoria individuale”.
Critico anche nei confronti della classe dirigente. “Dalla fine degli anni Settanta, sotto l’egida dell’Onu, sono nati organismi che hanno finito per svolgere un ruolo che non è di loro competenza. Da questi si ha notizia di cosa succederà nell’ambito del clima, ma sono organismi politici, con nomine politiche, non scientifici. Invece la scienza procede su altre strade, non a maggioranza. Non siamo in condizione di prevedere il cambiamento climatico futuro. È la politica internazionale o non so quali altri interessi nascosti che accreditano una conoscenza già acquisita. Ma questo fa molto male alla scienza”.
Anche sulle energie rinnovabili Prodi non si allinea al “mainstream”. “È comprensibile che si punti su di esse per togliere spazio alle risorse fossili – ha dichiarato nel 2015 all’Huffington Post – ma il nostro Paese dovrebbe avere la consapevolezza che per affrontare la sfida del clima occorre far ritornare le università italiane ai livello di 30-40 anni fa, e sfornare scienziati capaci. Questo è un obiettivo senz’altro più utile di riempire i campi di pannelli fotovoltaici”.

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