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La Bce sarà presente sul mercato anche dopo dicembre 2017 e “calibrerà” le misure non convenzionali in base all’evoluzione dello scenario macro e alle prospettive di ritorno dell’inflazione verso il 2% nel medio termine. Nel contempo, la Bce ha rinnovato l’impegno a mantenere i tassi ufficiali fermi ben oltre la fine degli acquisti.

Le decisioni di massima sull’estensione del programma App (Asset Purchase Programme) verranno prese a ottobre, per il momento il Consiglio ha solo valutato scenari alternativi e non ha discusso variazioni dei parametri di implementazione degli acquisti e in particolare, del limite per singola emissione e singolo emittente. Il Consiglio ha però valutato scenari alternativi per la durata e volumi di acquisto ma è in attesa delle indicazioni dei diversi gruppi di lavoro.

La retorica del comunicato e i toni di Draghi sono stati ancora ultra accomodanti. La Bce ha chiaramente tenuto conto della dinamica recente del cambio (+4,7% da inizio maggio) e delle condizioni finanziarie. Come sempre il Presidente della Bce non ha potuto commentare sul livello del cambio euro, ma ha sottolineato che è emerso un consenso ampio all’interno del Consiglio sul fatto che la volatilità recente rappresenti un elemento di incertezza e preoccupazione e richieda un attento monitoraggio.

Quel che più conta è che lo staff Bce ha rivisto al ribasso le stime di inflazione di 0,1 sia nel 2018 che nel 2019 rispettivamente all’1,2% e 1,5%, per effetto del cambio più forte. Le revisioni alle previsioni di inflazione sono interamente dovute ad una dinamica sottostante (al netto di energia ed alimentari) più debole rispetto a giugno. La stima di inflazione core è scesa di 0,1 nel 2018 a 1,2% e di 0,2 nel 2019 all’1,5%. Se il movimento della valuta fosse dovuto a fattori del tutto esogeni, la trasmissione all’inflazione euro zona sarebbe più ampia, ma in parte la dinamica del cambio è dovuta al miglioramento del quadro macro e politico. Inoltre, la politica monetaria contrasterà gli effetti di freno dell’apprezzamento dell’euro.

Le previsioni di crescita sono state riviste al rialzo al 2,2% nel 2017 da un precedente 1,9%, mentre le stime per i prossimi due anni sono ferme all’1,8% e 1,7%, dal momento che la Bce valuta che l’andamento di fondo dell’economia area euro sia più forte delle stime di qualche mese fa e che questo compensi l’effetto del cambio più forte.

La revisione al ribasso delle stime di inflazione core nei prossimi due anni ed in particolare della previsione per il 2019 all’1,5% ha un’importanza segnaletica: riduce l’urgenza per la BCE di uscire dal programma di acquisto. I membri del Consiglio sono generalmente fiduciosi che la fase di espansione si tradurrà con il tempo in aumento dei prezzi interni ma per il momento ritengono di dover essere ancora persistenti nel sostenere la crescita ed il rialzo dell’inflazione sottostante.

Pensiamo che la Bce annuncerà un’uscita molto graduale dagli acquisti a ottobre prossimo e che adotterà una formula flessibile, evitando di indicare la data ultima di chiusura del programma e riservandosi di calibrare gli acquisti di trimestre in trimestre in base all’evoluzione delle prospettive di inflazione. Pensiamo che la Bce cercherà di estendere il programma fino all’autunno del 2018 ma la decisione ultima dipenderà anche dagli equilibri politici all’interno del Consiglio. Non ci aspettiamo un rialzo del tasso sui depositi prima del 1° trimestre 2019.

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