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Profitti più che triplicati per Royal Dutch Shell nel secondo trimestre dell’anno: il colosso petrolifero anglo-olandese beneficia delle solide prestazioni delle attività chimiche e di raffinazione e dei programmi di riduzione dei costi che hanno permesso un buon recupero nel cash flow e il calo del debito. Shell ha anche venduto asset per circa 25 miliardi di dollari da quando ha acquisito BG Group l’anno scorso, ricorda Reuters. Il boom degli utili del secondo trimestre 2017 è calcolato in rapporto ai risultati dello stesso periodo del 2016; in rapporto al primo trimestre 2017 (3,8 miliardi di dollari), sono in calo perché il prezzo del greggio è nel frattempo sceso sotto i 50 dollari al barile, ma sempre superiori alle previsioni degli analisti.

QUATTRO LEVE PER LA RIPRESA

La performance positiva del secondo trimestre 2017 arriva anche nonostante un calo della produzione di petrolio e gas rispetto al trimestre precedente, legato alla riduzione dell’output da uno stabilimento in Qatar. Shell ha confermato il piano di investimenti per il 2017, pari a 25 miliardi di dollari, una cifra che si colloca nella parte bassa del suo livello di spesa previsto per il 2018-2020: il colosso dell’energia resta prudente perché la ripresa del prezzo del barile non è stabile. Come ha ribadito il ceo Ben van Beurden: “La situazione dei prezzi e gli sviluppi sul mercato dell’energia ci dicono che dobbiamo restare molto disciplinati e mantenere il focus sulle leve di controllo che sono nelle nostre mani: efficienza del capitale, costi, nuovi progetti, dismissioni”.

LA FORZA DEL DOWNSTREAM

Rispetto al secondo trimestre del 2016, “i ricavi CCS (cost of supply) attribuibili agli azionisti con l’esclusione di poste specifiche” ammontano a 3,6 miliardi di dollari (+245%) e riflettono, fa sapere Shell, il significativo contributo della divisione Downstream (utili +39%), dove migliorano le prestazioni operative degli stabilimenti di raffinazione e realizzazione di prodotti chimici. Ma hanno dato un contributo importante anche l’Upstream (output cresciuto del 2%; ora questa divisione guadagna 339 milioni di dollari, contro una perdita di 1,3 miliardi un anno fa) e l’Integrated Gas (che gestisce le attività legate al gas naturale liquefatto, LNG, e alla conversione del gas naturale in prodotti gas-to-liquids, GTL, e i cui volumi di vendita sono aumentati del 13%). L’incremento della produzione in alcuni stabilimenti ha bilanciato in parte l’effetto della riduzione dei volumi dall’impianto GTL Pearl in Qatar (ora però tornato a capacità piena): la produzione di petrolio e gas nel secondo trimestre è scesa a 3,495 milioni di barili di petrolio equivalenti al giorno (boed) dai 3,752 milioni di boed del primo trimestre.

Il flusso di cassa dalle attività operative nel secondo trimestre 2017 è pari a 11,3 miliardi di dollari e include “movimenti di capitale favorevoli per 2,3 miliardi di dollari”. Nei primi sei mesi dell’anno, il cash flow si è moltiplicato per sette a 20,8 miliardi di dollari rispetto a un anno prima. I dividendi totali distribuiti agli azionisti nel secondo trimestre ammontano a 3,9 miliardi di dollari. L’indebitamento è di 78 miliardi e il rapporto debito-equity è sceso al 25,3% (dopo il picco del 29,2% del terzo trimestre 2016 in seguito all’acquisizione di BG Group, costata 54 miliardi di dollari).

VAN BEURDEN: “ATTENTI A SITUAZIONE QATAR E NORD STREAM 2”

“I solidi risultati di Shell di questo trimestre dimostrano che stiamo dando con successo nuova forma al gruppo dopo l’integrazione di BG”, ha sottolineato il Ceo Van Beurden. “Siamo riusciti a generare cash in modo continuativo, anche con un prezzo medio del barile di petrolio che si mantiene sotto i 50 dollari. Negli ultimi 12 mesi il flusso di cassa derivato dalle nostre operazioni, pari a 38 miliardi di dollari, ha coperto la distribuzione di dividendi e ridotto il leverage al 25%”.

Sul Qatar, il Ceo ha detto che Shell osserva l’evolversi della situazione ma “Non vedo alcun problema operativo al momento”, ha aggiunto. Shell è in costante contatto con Qatar Petroleum anche per seguire il progetto del gruppo della penisola araba di incrementare del 30% la sua produzione di LNG dai giacimenti North Field, come riportato da Natural Gas World.

Un altro settore di attenzione per Shell sono le possibili sanzioni Usa alla Russia: “Nel caso ci adegueremo ma per ora andiamo avanti”, ha affermato van Beurden: “abbiamo l’autorizzazione del governo olandese a lavorare su Nord Stream 2“, il progetto guidato da Gazprom che dovrà trasportare il gas naturale russo fino alla Germania passando per il Mar Baltico.

IL RITORNO DELL’OIL&GAS

“Shell dimostra che si va avanti non solo dismettendo ma facendo in modo che l’intero business torni a generare profitti: ha comprato BG, riduce i costi, consolida il cash flow”, ha commentato su Bloomberg Brendan Warn, analista di BMO Capital Markets a Londra. “L’intera industria dell’oil&gas sta imparando a convivere con prezzi depressi”, ha aggiunto Warn.

Nonostante le incertezze sui prezzi, su cui influiscono sia la forte produzione di shale oil statunitense sia lo sviluppo delle energie rinnovabili, Shell, insieme a Chevron e Total, sono considerate dagli analisti di mercato le aziende più solide nell’oil&gas, secondo dati di Reuters. Shell però è quella che potrebbe crescere di più nei prossimi anni proprio in virtù del programma di cessione di attività di cui parla il Ceo. Per molti gruppi, inclusi Statoil, Total e Respol che hanno già comunicato i propri risultati del secondo trimestrei piani di riduzione dei costi avviati tre anni fa, dopo il crollo dei prezzi del petrolio, hanno dato buoni risultati. Ora gli analisti aspettano la trimestrale di altri colossi, come Exxon Mobil e Chevron, per confermare le loro attese: la crescita degli utili sarà, nel complesso, anche di molto superiore al balzo dell’8% del petrolio Brent nel periodo aprile-giugno. A gennaio-marzo i big del petrolio hanno messo a segno il miglior primo trimestre dopo la crisi dei prezzi del barile.

 

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