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Il tiro alla fune fra Italia e Francia sulla composizione societaria del futuro colosso della cantieristica navale europea non è cosa nuova, ma non accenna a terminare. Dopo il nulla di fatto al vertice di fine luglio fra il ministro francese dell’Economia, Bruno Le Maire, e i ministri Piercarlo Padoan (Economia) e Carlo Calenda (Sviluppo economico), l’appuntamento è rimandato a settembre: gli equilibri azionari del sodalizio a tre (Fincantieri, Stx e Naval Group, ex Dcns, gigante francese della difesa navale a controllo statale) si decideranno il 27 a Lione, in occasione del vertice bilaterale fra Gentiloni e Macron.

IL GOVERNO: DIALOGO COSTRUTTIVO MA NECESSARIA FERMEZZA

“Il governo manterrà, durante questo periodo di ulteriore negoziato, la linea di fermezza che ha sin qui seguito, tenendo però sempre aperto un canale di dialogo costruttivo con il governo francese – ha detto Calenda alla Camera durante una informativa sulla vicenda, secondo quanto riportato da La Stampa – Riteniamo che esistano tutte le condizioni per trovare un accordo su Stx e andare avanti sul progetto di partnership tra Fincantieri e Naval Group”. Oggi i due gruppi realizzano navi per la Marina dei rispettivi Paesi e l’integrazione mira a espanderne le esportazioni.

NAVAL GROUP, LA MISSIONE

Naval Group, il terzo polo che si è inserito in un secondo momento, aggiunge alla trattativa il settore militare. Si tratta del “leader europeo nella difesa navale, nonché importante player nelle energie rinnovabili marine”, si legge sul sito. “Il 62,49% del capitale è posseduto dallo Stato francese, il 35% da Thales, l’1,64% dagli attuali e da ex membri del personale e lo 0,87% dalla stessa società”, spiega il portale, mentre “la governance è organizzata attorno a un comitato esecutivo composto da dieci membri tra cui il presidente e ceo”, Hervé Guillou (nella foto). Con 13mila dipendenti, il gruppo progetta e produce sottomarini e navi da superficie, e sviluppa soluzioni di energia marina rinnovabile, fatturando oltre 3 miliardi (2016). Dieci le sedi francesi e una presenza internazionale che si dirama in 18 paesi fra cui Brasile, Canada, Irlanda, Arabia Saudita, India, Malesia, Singapore e Australia. Naval Group, inoltre, è membro del Global Compact delle Nazioni Unite, che riunisce le grandi aziende con lo scopo di incoraggiarne la responsabilità sociale.

UN NUOVO BRAND PER FACILITARE LO SVILUPPO INTERNAZIONALE

Il 28 giugno scorso, il gruppo, tradizionalmente legato agli arsenali fondati da Richelieu nel 1624, ha cambiato nome: da Dcns (Direction des Constructions Navales Services) a Naval Group. La ragione? “La mancanza di leggibilità”, ha dichiarato Guillou a Le Monde. “L’acronimo peraltro è anche poco conosciuto all’estero, il che rappresenta un’ulteriore difficoltà in un momento di sviluppo internazionale”. Un altro svantaggio è che “il nostro nome non è capito dai giovani”, dice il presidente, che ha in programma 900 assunzioni entro l’anno.

Con il successo di Stx nelle navi da crociera e la sua società impegnata in campo militare, Guillou spera che il navale diventi sexy come il settore aerospaziale. Da qui l’attenzione particolare alle innovazioni industriali nei sommergibili, nelle portaerei e nelle energie rinnovabili.

Naval, cosa fa la società francese che Macron vuole inserire fra Stx e Fincantieri

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