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Sullo ius soli il Pd è intenzionato ad andare avanti, anche con la fiducia se è necessario. Per Matteo Renzi concedere la cittadinanza agli immigrati nati e vissuti in Italia “è urgente e necessario: cambiamo verso alla BossiFiniha scritto recentemente su Facebook – Ci sono battaglie giuste che vanno fatte, anche se controcorrente”.  Ma in Senato in queste ore serpeggia molto malumore tra diversi parlamentari, non solo di Alternativa Popolare ma anche dello stesso Partito democratico, a proposito dei “due pesi e le due misure” per il riconoscimento della cittadinanza. Infatti per gli italiani che vivono all’estero e l’hanno persa (per motivi di lavoro) o che non la possiedono anche se si sentono italiani (oriundi) ma sono nati in terre straniere, non vi è nessuna corsia preferenziale, nonostante in questa legislatura sono diversi i disegni di legge presentati che oramai sono lettera morta.

Una delle prime proposte presentata dal deputato del Pd, Marco Fedi riguarda ad esempio la possibilità di consentire “il riacquisto della cittadinanza a chi è nato in Italia e poi, dopo il trasferimento all’estero, l’ha perduta per ragioni di lavoro avendo dovuto prendere la cittadinanza locale, quando non era possibile averne due, come oggi”.
Ma non basta. Francesca La Marca, anch’essa deputata del Pd eletta nella circoscrizione dell’America Settentrionale e Centrale, ha presentato una proposta per “il riacquisto della cittadinanza da parte delle donne, e dei loro discendenti, che l’hanno perduta automaticamente per il solo fatto di avere sposato un cittadino straniero”.

In questo modo, si eviterebbe, tra l’altro, l’aberrazione di figli della stessa madre cittadini italiani se nati dopo il 1° gennaio 1948 e non cittadini se nati prima. “La riapertura dei termini per la presentazione della domanda di riacquisto per i discendenti di italiani residenti nei territori dell’ex Impero austro-ungarico che dal 2010 non hanno più la possibilità di poterla presentare”, è invece opera del deputato del Pd Fabio Porta eletto nella Circoscrizione dell’America Meridionale.

Ma di questi provvedimenti se ne sono perse le tracce e pur riconoscendo la validità della battaglia del Partito democratico sullo ius soli, i deputati dem eletti all’estero (Farina, Fedi, Garavini, La Marca, Porta, Tacconi) hanno preso carta e penna e ricordato che “già alla Camera, quando fu avviata la discussione su questo tema, si pose la questione del recupero della cittadinanza italiana per gli italiani all’estero nati in Italia e per le donne e loro discendenti che l’hanno perduta per matrimonio con stranieri. In quella occasione, abbiamo accettato tutti, anche quelli che oggi fanno finta di esserne dimenticati, l’impostazione della doppia corsia per i due tipi di cittadinanza. Tenerle insieme – ci fu detto – significherebbe rischiare di non arrivare a nessuna conclusione, né per l’una né per l’altra. Alla luce di questa scelta, al Senato si è avviato un proficuo lavoro sulla cittadinanza per gli italiani all’estero, che chiediamo faccia al più presto passi conclusivi”.

Eppure il tema non sfonda sui media, anzi viene quasi sottaciuto temendo proprio i due pesi e le due misure per il riconoscimento della cittadinanza che con lo ius soli favorirebbe gli immigrati regolari ma lascerebbe con l’amaro in bocca i tanti italiani all’estero di seconda e terza generazione che non possono richiedere la cittadinanza del nostro Paese.

Recentemente, poi, è stato il presidente del Senato, Pietro Grasso, ad alimentare la polemica con le sue dichiarazioni durante un incontro di Trame, il Festival dei libri sulle Mafie, che si è tenuto a Lamezia Terme: “I ragazzi stranieri in Italia, perfettamente integrati, hanno diritto di essere cittadini italiani, forse più degli italiani all’estero che hanno dimenticato la loro terra”.

Un’uscita infelice che ha alimentato il malumore di molte comunità italiane all’estero e che ha spinto i deputati del Pd a metterci una pezza consapevoli della posta in gioco. “Comprendiamo il carattere non polemico, ma rafforzativo di questa battuta, pronunciata in sede non istituzionale e in modo estemporaneo, ma la consideriamo ugualmente inopportuna e sbagliata” hanno scritto in una nota i parlamentari del Partito democratico, Farina, Fedi, Garavini, La Marca, Porta e Tacconi. “Il Presidente del Senato è la seconda carica dello Stato e sa bene che le sue parole, in qualsiasi contesto siano pronunciate, hanno una risonanza e un peso che vanno al di là di quanto ci si possa attendere da un qualsiasi interlocutore politico”.

Ricordando, infine, che “il Senato è alle prese proprio in questi giorni con il provvedimento in questione, oggetto di un furibondo fuoco di sbarramento da parte di importanti forze politiche e movimenti, che pur di ostacolarne il cammino non esitano a ricorrere ad argomentazioni e toni xenofobi. Un provvedimento che per strategie procedurali si è voluto distinguere dalle questioni di cittadinanza riguardanti gli italiani all’estero, altrettanto obiettive e urgenti. Mettere in alternativa le due linee di intervento normativo rappresenta non solo un atto ingeneroso, ma penalizzante degli sforzi che nello stesso Senato si stanno compiendo per arrivare ad una positiva conclusione sul versante degli italiani all’estero”.

Insomma, un indiscusso giurista come Grasso “non può ignorare che il riconoscimento dei diritti di cittadinanza fatti ad alcuni, non può essere pagato mettendolo in discussione per altri. Semmai, il vero problema è quello di trovare forme innovative di equilibrio tra lo ius soli e lo ius sanguinis, nel quadro di un più generale percorso di allargamento e consolidamento dei diritti di cittadinanza, che tenga conto degli irreversibili processi di globalizzazione operanti da tempo”.

È quello che si voleva fare fin dall’inizio della legislatura ma che, a questo punto, vedrà forse il disco verde solo per lo ius soli.

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