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Al Tesoro, dicono i ben informati, hanno cominciato a tessere la delicata tela della manovra. Non sarà una passeggiata: 11 miliardi solo per il rinnovo del taglio del cuneo fiscale, 10 per rientrare nei parametri del Patto di Stabilità, altri 10 per rispondere alla procedura per eccessivo deficit anche se, per fortuna, ampiamente prevista dal governo e dunque in parte già contabilizzata nel bilancio statale. Il boccino, come sempre, lo avranno in mano i mercati che all’Italia prestano 400 miliardi all’anno. E qui bisogna fare molta attenzione al fattore francese.

Lo scenario di un governo di estrema destra è stato sì scongiurato, ma il partito di Marine Le Pen è comunque azionista forte. E così, le elezioni anticipate prima, i risultati delle urne poi, hanno accesso i riflettori dei mercati sul futuro dell’economia francese. A preoccupare, hanno scritto gli economisti della Banca del Fucino, è in particolare l’ammontare raggiunto dal debito pubblico in conseguenza delle spese sostenute negli anni della pandemia: tra l’ultimo trimestre del 2019 e il primo del 2021 il rapporto debito/pil della Francia è passato dal 97,9% al 117,5%, per poi rimanere su livelli superiori al 110% fino al quarto trimestre 2023 (ultimo dato disponibile). Ora, “la forza dimostrata dai partiti di destra e sinistra tanto in sede di elezioni europee quanto nelle elezioni nazionali ha rafforzato le preoccupazioni, dal momento che i programmi di entrambe le parti lasciano presagire un ulteriore aumento della spesa pubblica.

Non è certo un caso che di fronte a questo scenario, “a partire dal 10 giugno 2024 lo spread tra l’Oat a 10 anni e il Bund tedesco si è ampliato, superando gli 80 punti base il 14 dello stesso mese, dai circa 50 di partenza. Nonostante le acque si siano parzialmente calmate, con lo spread oscillante tra quota 60 e 70, l’incertezza legata alla futura coalizione di governo e alle politiche che questa implementerà mantiene la Francia al centro dell’attenzione dei mercati”. Cosa c’entra l’Italia? C’entra. “Il timore è che le attuali turbolenze sul mercato del debito sovrano francese possano riverberarsi sugli spread dei paesi periferici dell’area euro, rendendo criticamente più costoso il servizio del debito. Con un rapporto debito/pil superiore al 130%, l’Italia appare agli occhi di molti analisti come la più probabile prima vittima di tale congiuntura. Il peso del debito pubblico italiano non va certamente sottovalutato”.

Insomma, una eventuale crisi del debito francese potrebbe impattare sull’Italia. Anche se lo Stivale ha i suoi anticorpi. “In ultima analisi la sostenibilità del debito italiano dipenderà, oltre che dalla crescita economica, dalla capacità di collocamento dei titoli del debito sovrano sul mercato. Anche su questo fronte, tuttavia, le prospettive dell’Italia appaiono più rosee di quelle del vicino transalpino. Con un rendimento che da inizio 2024 oscilla stabilmente attorno al 4%, il Btp offre una buona remunerazione a fronte di un profilo di rischio contenuto, vista anche la stabilità politica di cui gode attualmente l’Italia. Un buon successo continua inoltre ad essere registrato per quanto riguarda il collocamento dei titoli di Stato italiani presso i residenti: al 31/03/2024 risultava in mano famiglie e imprese non finanziarie il 14,1% del debito pubblico italiano, una quota in crescita pressoché ininterrotta da circa 4 due anni”. Tradotto, “i recenti timori di un sostanziale aumento dello spread Btp-Bund, trainato dall’incertezza sul futuro del debito francese, potrebbero essere eccessivi”.

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