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Il Vertice del G20 ad Amburgo, il 7 e 8 luglio, sotto presidenza di turno tedesca, si colloca politicamente, e non solo temporalmente, nella scia del Vertice del G7 a Taormina il 26 e 27 maggio, sotto presidenza di turno italiana. Al G7 i leader hanno trovato formalmente l’unità sulla lotta al terrorismo e ricucito alla bell’e meglio le divisioni sugli scambi, ma hanno anche ammesso l’aperta frattura sui cambiamenti climatici, poi confermata dalla decisione degli Usa di non rispettare più gli Accordi di Parigi. Ad Amburgo, i Grandi portano dunque più divisioni che interessi comuni. Anche se è possibile che su alcuni temi relativamente ininteressanti e contingenti, come la minaccia rappresentata dalla Corea del Nord, si ricostituisca la relativamente facile e superficiale unità della lotta contro il terrorismo.

UNA GOVERNANCE DEBOLE

Nel G20 i crinali sono molteplici, politico/ideologici, regionali, economici. E gli spartiacque variano a seconda dei temi: questa frastagliatura di alleanze e posizioni è uno degli elementi di debolezza della capacità di governance del G20, assolutamente inadeguata rispetto alle attese riposte in questo Gruppo all’inizio della crisi economica del 2008/’09, nonostante esso rappresenti il 65% della popolazione mondiale e l’86% del Pil.

RAPPORTI DI FORZA E ALLEANZE INTERNE

Alcune dinamiche che possono emergere dal G20 di Amburgo, il primo cui partecipa il presidente Usa Donald Trump, sono il relativo – ma non troppo – isolamento degli Stati Uniti, una prima quasi assoluta sulla scena multilaterale, e il riavvicinamento quasi spettacolare nelle ultime ore, tra Cina e Russia. E ancora l’esito della ricerca di consenso in funzione anti-Usa su clima e scambi fatta da Angela Merkel presso Paesi come l’Argentina e il Messico. Anche se non è escluso che alcuni Paesi del G20, come potrebbe essere il caso del Brasile, abbiano la tentazione di guadagnarsi meriti agli occhi dell’‘uomo forte’ e tengano quindi bordone a Trump. Alcuni movimenti si sono già verificati: il compattamento europeo sul clima, Gran Bretagna compresa, e l’avvicinamento dell’Ue alla Cina sono forse i più evidenti; come il riavvicinamento sulle questioni politiche e di sicurezza, economiche ed energetiche tra Russia e Cina. Altre potrebbero emergere ad Amburgo. Trump non andrà di sicuro cercando alleati e soprattutto non vorrà in alcun modo mostrare di farlo. Ma questo non impedirà ad alcuni Paesi, come l’Arabia Saudita, o leader, come il turco Erdogan, assente l’egiziano al-Sisi, di cercare di mostrarglisi vicini. E non saranno i soli.

COSA ASPETTARSI

Sarebbe davvero sorprendente se il G20 di Amburgo giungesse a risultati concreti su temi globali, come il clima e i migranti, e anche su questioni specifiche, come il conflitto in Siria, del cui esito, del resto, si negozia in parallelo ad Astana ed è probabile che parlino nel loro bilaterale Trump e Putin. Quanto alla Corea del Nord, la crisi appare amplificata dalla contrapposizione e dall’imprevedibilità dei leader coinvolti, Trump e Kim Jong-un, e ha una dimensione essenzialmente regionale: una convergenza nel deprecare le provocazioni di Pyongyang e nell’auspicare la rinuncia ai programmi nucleari militari nord-coreani, oltre che la ricerca d’una soluzione negoziata, è possibile. Ma leggervi un successo del G20 sarebbe davvero esagerato.

(Articolo pubblicato su AffarInternazionali)

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