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In un recente incontro all’Aia, alcuni parlamentari olandesi hanno insistentemente chiesto a Mario Draghi cosa succederebbe se un Paese andasse in default e uscisse dall’Euro. Ovviamente l’allusione all’Italia non era neanche troppo velata. A questo punto, prendendo spunto dalle preoccupazioni dei partner europei, è forse opportuno fare qualche riflessione sull’ipotesi di una fuga dall’Euro tanto cara ad alcuni schieramenti politici nostrani. Ma, prima, una premessa ed una “regola aurea”.

La premessa riguarda lo scenario macroeconomico sconfortante nel quale questa ipotetica fuga si concretizzerebbe. Infatti, nonostante la ventata di ottimismo che ha pervaso le ultime stime del Fondo Monetario sul nostro Paese, rimane il dato che l’Italia continua a crescere molto poco e che questa crescita è soggetta a forti rischi ribassisti. Anzi, secondo l’Unione Europea, nel 2018 nessun Paese di rilievo crescerà così lentamente come l’Italia. Poi la “regola aurea”: una cosa è non essere entrati ab initio nella compagine dell’Euro e tutt’altra cosa è tentare di uscire oggi, unilateralmente, dalla moneta europea.

Nel primo caso avremmo mantenuto sulla carta una maggiore autonomia finanziaria, ma ci saremmo trovati a fronteggiare, totalmente isolati e senza lo scudo dell’Euro, la più grave crisi dal dopoguerra, gli attacchi speculativi, i downgrade delle tre sorelle del rating. Molto probabilmente sarebbe stato un disastro. Sicuramente, invece, sarebbe un disastro tentare oggi una maldestra uscita dall’Euro. E questo perché anche la principale argomentazione portata avanti dalle forze antieuropeiste evidenzia chiari segni di debolezza. Infatti quest’ ultima continua a poggiare sull’antica concatenazione 1) ritorno alla Lira, 2) svalutazione della Lira intorno ad un 30% / 40%, 3) forte spinta sull’export, 4) forte crescita del PIL dovuta alla svalutazione competitiva, 5) innesco di un circolo virtuoso di crescita e ripresa.

In realtà, come si diceva, queste motivazioni presentano numerosi aspetti dubbi in quanto:

– il mercato è ormai globale: non esiste più il Paese che importa solo materie prime ed esporta prodotti finiti. Oggi noi importiamo essenzialmente imponenti partite di semilavorati da trasformare in prodotti finiti destinati all’export. Di conseguenza, è vero che la svalutazione della nostra Lira teoricamente abbasserebbe il prezzo di questi prodotti, ma questo potenziale vantaggio verrebbe abbattuto dall’aumento del costo dei citati semilavorati;

– la svalutazione competitiva agisce solo sulla variabile prezzo rendendo i nostri prodotti più appetibili solo sotto questo aspetto. Ma ormai è del tutto evidente che le vendite sull’estero, in un mercato sempre più connesso e globale, non dipendono solo dal prezzo, ma anche da altre variabili quali il contenuto tecnologico ed il grado di innovazione insito nei prodotti stessi. Il rischio è che il gap competitivo che le nostre imprese spesso evidenziano in termini di ricerca ed innovazione possa vanificare rapidamente i benefici ottenuti sul lato prezzo;

– nell’immediato la svalutazione avrebbe effetti benefici sull’export e quindi stimolerebbe la produzione industriale e gli investimenti. Tuttavia, questi effetti si scontrerebbero presto con la paralisi dei flussi di credito bancario rivolti alle imprese dovuta all’avvitamento dei rating delle banche ed alla parallela esplosione del costo della raccolta. Inoltre, tutto il meccanismo dei pagamenti internazionali (credito documentario, garanzie internazionali, etc) che coinvolge ampiamente le banche si incepperebbe rendendo di fatto impossibile l’operatività sull’estero delle nostre aziende. Inoltre, non bisogna scordare che il grosso del nostro import/export riguarda l’Area Euro e, segnatamente, la Germania e la Francia. È facile immaginare che i vantaggi derivanti dalla ipotizzata svalutazione competitiva avrebbero vita breve a causa delle contromisure che i Paesi danneggiati attiverebbero per proteggere i propri interessi;

– rimane poi il problema delle velocità relative: l’impatto negativo dell’uscita dall’Euro avrebbe ripercussioni su banche ed imprese pressoché immediate. I discutibilissimi vantaggi della svalutazione competitiva potrebbero invece manifestarsi solo nel medio–lungo termine.

E noi, siamo proprio sicuri che le nostre banche e le nostre aziende sopravviverebbero all’onda d’urto iniziale in attesa di questi improbabili vantaggi futuri?

Lira, Draghi, Qe

Siete proprio sicuri che alle pmi convenga tornare alla lira?

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