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Staccherà per tre settimane. Dopo aver girato l’Italia come una trottola per presentare il suo libro Avanti, Matteo Renzi si concederà finalmente un meritato riposo. Che, a suo dire, consisterà innanzitutto in un silenzio assoluto. Che sarebbe già una notizia. All’inizio pensava a un viaggio con la famiglia negli Usa, ora invece i boatos dicono che resterà in Italia, a Forte dei Marmi, poi anche un’altra località, forse in montagna.

In queste tre settimane Renzi avrà l’occasione per riflettere su molti aspetti della sua politica, a partire da cosa vorrà fare da grande. Essere il leader del Pd e cercare di tornare a Palazzo Chigi solo con il suo partito, alleato di altre forze a sinistra o di un centro di cui potrà far parte anche Forza Italia? Oppure essere il federatore di una nuova coalizione di centrosinistra, che contempli i suoi vecchi compagni di strada, Bersani e Speranza, di cui Giuliano Pisapia potrà essere una delle colonne fondamentali?

Finora tutti gli indizi disseminati sul suo cammino fanno propendere per la prima ipotesi, ma in politica mai dire mai. In queste tre settimane Renzi avrà tempo per pensarci. E per riflettere anche su come smussare i lati più spigolosi del suo carattere. “Ho un caratteraccio che poi diventa un limite anche in politica”, ha ammesso, un po’ a sorpresa, durante il suo tour letterario. Come direbbero i migliori psicoterapeuti, essere consapevole di un problema è già un buon punto di partenza. Ma non basta. Poi occorre capire perché e lavorarci duro. Ma la spiegazione caratteriale sembra essere troppo semplicistica. A volte all’ex sindaco di Firenze sembra mancare la capacità di leggere i fatti politici. Dire, per esempio, che il referendum è stato perso per un errore di comunicazione, significa non aver compreso che il 4 dicembre gli italiani hanno votato No perché hanno giudicato quelle riforme sbagliate. Così come dire che “sugli 80 euro ho sbagliato poi io a comportarmi da piazzista” significa non aver compreso che il problema del reddito in questo Paese ha bisogno di altro, non di pannicelli caldi. Libro consigliato: Stato, governo e società di Norberto Bobbio. Anche per assimilare un po’ di stile sabaudo e dimenticare certi eccessi da bullo. Da settembre le sfide per lui saranno molteplici, a partire dalle elezioni regionali in Sicilia, dove il Pd non ha ancora un candidato.

DARIO FRANCESCHINI

Qualcuno, tempo fa, in un mirabile ritratto, lo definì “ministro anfibio”. Per la capacità di stare acquattato nell’ombra e manovrare le sue truppe all’interno del Pd e del governo. Da un paio di mesi Franceschini ha deciso di rompere con questa immagine e di sfidare Renzi a viso più o meno aperto. Innanzitutto sulla legge elettorale, dove il ministro dei Beni Culturali immagina una sterzata maggioritaria con un premio di coalizione rispetto all’attuale proporzionale che sembra star bene a molti, a partire da Renzi. “Franceschini ha deciso di uscire allo scoperto quando ha capito che i posti in lista per i suoi saranno ben pochi. Renzi costringerà la sua corrente – Area dem – a una drastica cura dimagrante. Così il ministro ha deciso di agire, contro il segretario del suo partito”, racconta una fonte tra i deputati del Pd.

Attenzione, però, il derby tra Renzi e Franceschini che andrà in scena nei prossimi mesi non sarà a viso aperto, ma sarà giocato sottotraccia e si comporrà di distinguo, sfumature diverse, dispettucci parlamentari. Da notare, per esempio, nelle ultime schermaglie in Aula prima della pausa estiva, l’atteggiamento molto poco renziano del capogruppo Pd in Senato Luigi Zanda, molto vicino al ministro dei Beni culturali.

L’uscita dal Pd del suo ex portavoce, Piero Martino, per Dario è stato un brutto colpo, perché significa non essere in grado di tenere compatti i propri ranghi. Anche lui, in queste sonnolente giornate agostane, dovrà mettere a punto la strategia per la campagna d’inverno. Il libro che gli consigliamo è L’arte della guerra di Sun Tzu. Così da imparare a menare fendenti al segretario per portarlo a più miti consigli quando ci sarà da compilare le liste elettorali. Perché, come amava dire Bettino, primum vivere, deinde philosophari…

GIULIANO PISAPIA

Quelli di Giuliano Pisapia sono panni in cui non vorremmo stare. Partito per mettere in piedi una lista di sinistra alla sinistra del Pd renziano, operazione che avrebbe mantenuto i dem ancorati al popolo che un tempo votava falce e martello, la scissione del Pd gli ha mandato a monte tutti i piani. E ora è obbligato a stare in mezzo, come un pendolo, tra il Pd e gli ex Pd (ovvero Mdp – Articolo 1). Con i secondi che lo accusano ogni due per tre di connivenza con il nemico, vedere polemiche sull’abbraccio “troppo caloroso” riservato a Maria Elena Boschi. Non sarà facile per lui federare una serie di liste a sinistra che con il Pd renziano non vogliono avere nulla a che fare. Questi saranno i pensieri dell’agosto dell’ex sindaco di Milano. Che fare, continuare con il progetto iniziale lasciando al loro destino Bersani, D’Alema, Fratoianni e Speranza? Oppure mettersi alla loro testa, ma cedere sull’antirenzismo viscerale?

Qualche sua ambiguità di troppo, oltre al fatto di essersi circondato di ex Dc come Bruno Tabacci e Angelo Sanza, viene passata al luminol dagli scissionisti, che fingono di stimarlo, in realtà non lo stimano affatto e ancora non gli perdonano il peccato originale del suo Sì al referendum. Tutti, però, dovranno mettersi l’anima in pace: da quello che farà Pisapia dipenderà il futuro a medio termine del centrosinistra italiano. Libro consigliato: Avanti di Matteo Renzi. Giusto per capire un po’ di più chi ha di fronte.

Cosa combineranno ad agosto Renzi, Franceschini e Pisapia?

Staccherà per tre settimane. Dopo aver girato l’Italia come una trottola per presentare il suo libro Avanti, Matteo Renzi si concederà finalmente un meritato riposo. Che, a suo dire, consisterà innanzitutto in un silenzio assoluto. Che sarebbe già una notizia. All’inizio pensava a un viaggio con la famiglia negli Usa, ora invece i boatos dicono che resterà in Italia, a…

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