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I dubbi sono ormai ridotti al lumicino, anzi – a leggere Le Monde – sarebbero stati definitivamente sciolti. “Lo Stato ha deciso di nazionalizzare i cantieri Stx di Saint-Nazaire“, ha scritto oggi il quotidiano francese, secondo il quale Emmanuel Macron avrebbe ormai definitivamente scelto di mandare all’aria le trattative con l’italiana Fincantieri. E di rimangiarsi gli accordi che, a suo tempo, erano stati presi dal suo predecessore all’Eliseo, François Hollande (qui l’approfondimento di Formiche.net a cura di Pietro Di Michele e Valeria Covato).

Anche da questa vicenda emerge un profilo del presidente francese ben diverso da quello che era stato tratteggiato nel corso della campagna elettorale d’Oltralpe: meno europeista e liberale delle attese e molto più nazionalista. Con l’operazione tra Fincantieri e Stx, infatti, sarebbe nata un’eccellenza mondiale nel campo della cantieristica tutta Made in Europe, frutto delle sinergie industriali messe in campo da Francia e Italia. Ma così, anche in modo un po’ tafazziano, non andrà, per via della decisione che Macron dovrebbe ufficializzare e attuare – stando alla versione di Le Monde – “entro venerdì sera“. Temi di cui Formiche.net ha discusso con lo storico ed economista Giulio Sapelli (qui una sua precedente intervista sul presidente francese).

Professore, con la decisione sui cantieri di Saint-Nazaire Macron ha svelato il suo vero volto?

Certamente è così. Macron è un prodotto di un segmento della cuspide del potere francese che vuole tornare alla centralità della Francia in Europa. E’ un neo-gollismo consapevole a cui non tutto l’establishment d’Oltralpe è favorevole. Ad esempio le grandi massonerie sono divise: il Grand’Oriente di Francia è contro questa strategia mentre il Rito Scozzese è favorevole. Uno scenario confermato pure dalle dimissioni del capo di Stato maggiore francese Pierre de Villiers.

In che senso?

Non è mica vero che si sia dimesso per i tagli alla difesa, come hanno scritto molti giornali. Lo ha fatto perché trovava quasi dilettantesche le politiche portate avanti da Macron, ad esempio in Africa.

Immagino si riferisca al vertice libico con Sarraj e Haftar. Giusto?

E’ stata un’operazione che definirei da baraccone. Sappiamo tutti che Sarraj e Haftar non hanno il potere di unificare la Libia: ci sono centodieci tribù. Abbiamo fatto molto di più noi con la visita del nostro ministro dell’Interno Marco Minniti. Poi è ovvio che serva pure l’accordo con loro. Che, però, non può bastare. Quello raggiunto da Macron in Libia, mi ricorda tanto l’accordo di Camp David tra israeliani e palestinesi: nessuno lo ha rispettato. I militari francesi sono stufi di questa strategia.

Nella quale strategia rientra pure la probabile nazionalizzazione di Stx e lo stop all’alleanza con Fincantieri?

E’ una vicenda che mi ha fatto venire in mente un episodio di fine anni ’60, quando la Fiat tentò di accordarsi con Citroen. Gianni Agnelli aveva quasi chiuso le trattative, ma poi intervenne il generale Charles de Gaulle a bloccare tutto e a proporre un gruppo paritetico. Mancava poco che accadesse l’esatto contrario, che i francesi arrivassero a comprarsi Fiat.

Con i cantieri di Saint-Nazaire sta accadendo la stessa cosa?

Era assurdo fin dall’inizio: impossibile ritenere che i francesi avrebbero, infine, concluso un’operazione del genere. Il loro obiettivo era fare un gruppo europeo, con la conseguenza di arrivare a mettere le mani su Fincantieri. Macron non sta facendo altro che riproporre quanto era avvenuto alla Fiat ai tempi delle trattative con Citroen.

E’ stata anche un mossa un po’ tafazziana, a suo avviso, quella di Macron? Sarebbe potuto nascere un gigante mondiale della cantieristica. 

Certo che lo è, ed è questo il motivo per il quale siamo così sgomenti. Con l’accordo – e con una buona gestione dal punto di vista della governance – avremmo creato un grande gruppo internazionale. Però l’egoismo nazionalistico con cui Macron è stato eletto – da una minoranza della minoranza dei francesi, per la verità – ha impedito che ciò si verificasse. Un caso da mettere in relazione, peraltro, con la vicenda Telecom: mi pare chiaro che vi sia una strategia di sistema francese di muovere all’attacco dell’Italia.

Macron vuole ristabilire la grandeur della Francia ai danni del nostro Paese?

E’ la storia che si ripete: pure nel Risorgimento è avvenuta la stessa identica cosa, come emerge ad esempio dalla biografia di Cavour scritta da Rosario Romeo. Non è un caso che Cavour negli anni ’50 del 1800 abbia subito rafforzato il porto di Genova: per impedire che Marsiglia se lo inghiottisse. Non c’è nulla di nuovo sotto il sole. 1881-82, governo CairoliDepretis, guerra del Marocco: noi andiamo in Marocco e, due mesi dopo, i francesi ci cacciano.

Stavolta, però, si era pensato che con Macron sarebbe stato diverso. Oppure no?

Ma assolutamente no. E’ stata una vulgata in alcun modo corrispondente alla realtà. Macron ha parlato davanti a una piramide: un simbolo massonico. E l’Inno alla Gioia non è un’inno all’Europa, bensì alla massoneria. Capisco che lo cantassero Mario Alicata e gli altri comunisti romani di fronte al tribunale speciale che li aveva condannati per far vedere ai tedeschi che lo sapevano meglio di loro, ma non ha nulla a che vedere con l’Europa. E’ un inno composto da un grande massone come Beethoven. Semmai mi attendevo il contrario, come ho detto: che Macron avrebbe aumentato il peso della Francia con la Germania e contro di noi.

Ma adesso l’Italia cosa dovrebbe fare a suo modo di vedere?

Dopo quanto accaduto con la Libia, con Telecom e con Fincantieri, l’ambasciatore francese in Italia dovrebbe essere convocato alla Farnesina dal nostro ministro degli Esteri per presentare una formale protesta diplomatica. Stiamo in Europa insieme oppure no?

Il nostro Paese ha fatto bene a non sottostare alle condizioni di Macron per mandare in porto l’accordo tra Fincantieri e Stx?

E’ stata la scelta giusta: in questo senso viva Gentiloni, viva Calenda e viva il nostro ministro degli Esteri.

Bcc

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