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Ci sono i carri armati, i cannoni, i soldati. E poi ci sono le banche, anch’esse spesso e volentieri strumento di guerra, seppur in altre forme. Il sistema del credito russo non è mai stato così sotto pressione. Estromesso dal circuito Swift da ormai due anni e con i rapporti finanziari con la Cina pressoché paralizzati dalle sanzioni extralarge di stampo americano (le banche del Dragone hanno paura a girare soldi alle cugine russe per timore di finire colpite a loro volta), agli istituti della Federazione non rimane che affidarsi all’economia bellica che sta salvando la Russia dal default, fatta di produzione forsennata di armamenti per sostenere lo sforzo in Ucraina.

Eppure, c’è una banca, guarda caso l’unico istituto a fungere da anello di congiunzione tra la finanza russa e quella cinese, che sta piano piano muovendo verso l’Ucraina, o meglio sui territori ad oggi occupati dalla Russia. E la banca in questione è Vtb, primo istituto semi-pubblico dell’ex Urss e il secondo in assoluto, dopo Sberbank. Ebbene, i vertici di Vtb hanno appena annunciato l’intenzione di aprire nuovi uffici nell’Ucraina occupata quest’anno. “La banca aprirà due nuove filiali a Luhansk a luglio ed entro la fine dell’anno prevede di avviare il servizio clienti a Mariupol e Donetsk”, hanno spiegato i manager dell’istituto. Si tratta, nel dettaglio, di tre città situate nelle regioni di Luhansk e Donetsk dell’Ucraina orientale, che Vladimir Putin e le sue truppe hanno annesso insieme alle regioni parzialmente occupate di Kherson e Zaporizhzhia nell’autunno del 2022.

E pensare che Vtb è stata una delle prime banche a essere colpita dalle sanzioni occidentali ed esclusa dal sistema di pagamento globale Swift dopo che la Russia ha invaso l’Ucraina nel febbraio 2022. Prima dell’invasione, le grandi banche russe evitavano di operare nei territori occupati in precedenza, per paura delle medesime sanzioni. Ma dopo la guerra mossa oltre due anni fa, Vtb ha niziato ad operare nell’annessa Crimea attraverso la sua controllata, la Banca commerciale nazionale russa. Per poi fare, adesso, il grande salto.

Che cosa farà l’Occidente? Difficile dirlo. Sicuramente, a due settimane dal summit di Stresa, dove si sono confrontati per due giorni i ministri delle Finanze e i governatori delle banche centrali, i Grandi della Terra debbono ancora trovare una vera chiave di volta per poter usufruire dei profitti generati dai 190 miliardi di asset russi detenuti presso i forzieri europei. Si tratta dell’altra grande partita finanziaria con Mosca, oltre a quella bancaria. Non sarà facile, per stessa ammissione di Giancarlo Giorgetti, perché se sul terreno della politica si sono fatti notevoli passi in avanti, manca la soluzione al problema legale, ovvero come non violare il diritto internazionale e far scappare gli investitori dal Vecchio continente. Un colpo di mano, infatti, minerebbe, almeno agli occhi dei mercati, la certezza delle regole.

 

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