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In Catalogna, il governo di Madrid è passato dalle parole alle manette (qui l’articolo di Francesco Bechis). L’Audiencia Nacional ha accolto le richieste della Procura dello Stato e arrestato – come misura preventiva – gli otto ministri del governo regionale catalano che sono accusati di ribellione, sedizione e malversazione di fondi pubblici.

Il giudice istruttore Carmen Lamela ha ritenuto esserci rischio di fuga, di reiterazione del reato e di distruzione delle prove, e per questo ha applicato la carcerazione preventiva. Sono finiti in carcere il titolare dell’Economia e vicepresidente regionale, Oriol Junqueras, e i suoi colleghi Jordi Turull, Raul Romeva, Josep Rull, Joaquim Forn, Carles Mundò, Dolors Bassa e Meritxell Borrà. Per il presidente della Generalitat, Carles Puigdemont, e gli altri componenti dell’esecutivo regionale ancora in Belgio, la Procura ha chiesto di emettere un mandato di arresto europeo.

La Corte Costituzionale, invece, ha deciso di rinviare al 9 novembre la deposizione dei sei componenti separatisti della presidenza del Parlamento catalano – protetti per ora dall’immunità parlamentare – accusati degli identici capi di imputazione, che rischiano ugualmente 30 anni di carcere.

LE DIMISSIONI DI SANTIAGO VILA

Il nono ministro giunto a deporre a Madrid, Santiago Vila, aveva presentato le dimissioni dal governo regionale prima del voto sull’indipendenza. Non è in carcere (ha trascorso solo una notte in solidarietà con i compagni), perché la Procura ha chiesto per lui la libertà dietro una cauzione di 50mila euro, anche se la richiesta iniziale era di 6,2 milioni di euro. Nonostante il 23 settembre del 2017, a pochi giorni dal referendum per l’indipendenza della Catalogna, Vila avesse dichiarato: “E se la prossima settimana dobbiamo andare in carcere, andremo. E se bisogna giocarsi il patrimonio, ce lo giochiamo. E se finiamo condannati, finiremo così, perché qui ci mettiamo la dignità persole e collettiva, la dignità di tutti e del Paese”.

Santi Vila è il nome ritenuto dagli osservatori più forte, fino adesso in Catalogna, come futuro presidente della Catalogna. Il politico sarà candidato alle elezioni regionali del 21 dicembre. Ex consigliere della Generalitat, Vila ha preso le distanze dagli ultimi movimenti di Puigdemont e si profila come l’alternativa moderata dell’indipendentismo catalano.

FORMAZIONE E VITA POLITICA

Nato a Granollers nel 1973, è militante del Partito Democratico Europeo Catalano (PDCAT), guidato da Puigdemont. È stato deputato del Parlamento catalano dal 2006 e il 2013, sindaco di Figueras tra il 2007 e il 2012, e consigliere Generalitat nei dipartimenti di Cultura tra il 2016 e il 2017, e dopo nel dipartimento d’Impresa fino alle dimissioni di qualche settimana fa.

I primi passi politici di Vila sono stati nel partito Esquerra Republicana de Catalunya (ERC). Nel 1999 è diventato militante del partito Convergencia Democrática de Cataluña (CDC), ora PDCAT. È riconosciuto il suo impegno per lo sviluppo dei servizi di trasporto a Barcellona quando era consigliere del dipartimento di Territorio e sostenibilità. Sono una sua opera la linea L9 della metropolitana e il servizio di autobus Exprés.cat. Come consigliere per la cultura ha organizzato programmi per promuovere l’abito della lettura e aumentare il finanziamento di diverse istituzioni culturali.

Laureato in Lettere e in Storia all’Università di Girona, Vila ha fatto un dottorato e diverse ricerche sulla memoria storica catalana. Appartiene a diverse organizzazioni culturali e di difesa dei diritti civili.

CATTOLICO, GAY E AMANTE DELLE CORRIDA

santi vila e puigdemontVila è famoso in Catalogna per la rilevanza mediatica che ha avuto il suo matrimonio con lo chef brasiliano Rafael Vertamatti il 5 luglio del 2014. Ad officiare la cerimonia civile è stato Puigdemont. All’epoca Vila era consigliere del presidente catalano Artur Mas e i venti di secessione cominciavano a soffiare in Catalogna. Fidanzati da 10 anni, il matrimonio è finito dopo 18 mesi.

Un’altra passione di Vila sono le corrida di tori. Il suo gusto per la tradizionale tauromachia è stato oggetto di litigi con i compagni del partito PDCAT, specialmente quando nel 2010 c’è stata la mozione per il divieto di questa pratica in territorio catalano. Vila votò a favore delle corrida, ma la misura è stata approvata. Ora per vedere i tori deve sposarsi fuori dalla Catalogna.

EFFETTO MACRON IN CATALOGNA?

In un articolo pubblicato sul sito El Confidencial, Pablo Pombo sostiene che è probabile che nei prossimi capitoli della saga catalana ci sia una sorpresa con un attore secondario che prende un ruolo protagonista: “Fate attenzione a Santi Vila. Non ha davanti a sé un cammino di rose, perché l’altissima temperatura emotiva impedisce la moderazione. Ma la sua entrata in corsa – da fuori dell’indipendentismo – potrebbe generare un ‘effetto Macron’ a piccola scala elettorale e con grandi ripercussioni politiche”. L’analista sostiene che Vila non arriva da un partito storicamente centrale, ma non è ancora bruciato né è visto come un complice della distruzione separatista. “Ha esperienza – aggiunge Pombo -, ha discorso e proietta un’immagine di modernità”. Molto presto si potrà capire se si aprirà – o se chiuderà – la strada verso la vittoria elettorale del 21 dicembre.

Santi Vila, chi è il Puigdemont moderato che punta alla presidenza della Catalogna

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