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Per comprendere meglio gli effetti della riforma è necessario approfondire le principali caratteristiche industriale del credito cooperativo italiano prima dell’avvio dei gruppi da esso previsto.

E’ necessario aggregare i bilanci individuali delle 317 Bcc presenti sul territorio nazionale ed osservarne i trend economici e patrimoniali degli ultimi anni.

Dall’analisi emerge che si tratterebbe nel complesso del terzo gruppo bancario nazionale per totale attivo e patrimonio netto aggregato che risulterebbero pari rispettivamente a 186,7 miliardi di euro e a 17,6 miliardi di euro, posizionandosi appena dopo Unicredit e Intesa San Paolo.

Tale gruppo, che dispone di oltre 4.400 sportelli e in cui sono occupati oltre 31 mila addetti (36 mila compresi quelli delle società del sistema), scivolerebbe peraltro agli ultimi posti della classifica nazionale in termini di redditività, registrando nel corso del 2015 un pesante risultato negativo come peraltro era già accaduto nel recente passato.

Tale perdita ammonterebbe nel 2015 a ben 1,8 miliardi di euro al netto del contributo proveniente dai ricavi finanziari straordinari prodotti dall’intervento della Bce, utilizzato in misura più che proporzionale dalle Bcc rispetto al resto del sistema bancario italiano.

Classifica dei gruppi bancari per totale attivo e margine di intermediazione su totale attivo

bcc

 

 

Per spiegare perché il sistema cooperativo presenti un risultato netto rettificato così negativo e un margine di intermediazione pesato sul totale attivo tangibile non sufficientemente competitivo, si può ricordare innanzitutto che i primi 20 gruppi bancari nazionali hanno saputo selezionare in modo più efficace rispetto alle BCC la clientela primaria, rinunciando agli spread, ma riducendo anche il tasso di decadimento della qualità dei portafogli creditizi e conservando in linea di massima le consistenze degli impieghi. Ciò ha ovviamente consentito al sistema creditizio non cooperativo di mantenere un rapporto rischio/rendimento più equilibrato.

Non a caso nel corso del 2015 le rettifiche sui prestiti in essere delle BCC hanno raggiunto il 73% del margine da interessi, situandosi a 25 punti in più del resto del sistema creditizio. Gli indici di copertura dei crediti non performing delle stesse BCC, peraltro, non sono ancora arrivati ai livelli medi nazionali.

È noto inoltre che il sistema del credito cooperativo considerato nel suo complesso, a differenza degli altri principali gruppi bancari nazionali, non ha saputo compensare il calo del margine da interessi imposto dal mercato con lo sviluppo dei ricavi da servizi. In particolare, il margine da servizi appare oggi ancora composto prevalentemente da un’area poco redditizia come quella degli incassi e pagamenti, che pesano per il 47% del totale contro il 29% degli altri gruppi bancari, nei quali al contrario è cresciuta considerevolmente – fra le altre – un’area di intermediazione e consulenza sulla raccolta amministrata e gestita, che ha assunto un peso più che doppio rispetto a quello che caratterizza il credito cooperativo (47% vs. il 21%).

Non potendo compensare il proprio calo di redditività con l’aumento del margine da servizi, le Bcc hanno dovuto far ricorso in misura più rilevante ai benefici finanziari derivanti dalla politica monetaria Bce, che come noto sono solo temporaneamente disponibili e non rappresentano peraltro un’attività caratteristica della banca locale. I profitti derivanti da attività finanziarie sono così risultati superiori al 27% del margine di intermediazione totale, con un peso di circa 14 punti in più rispetto a quello registrato dal sistema creditizio nazionale.

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(Pubblichiamo un estratto di un’analisi più ampia)

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