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Matteo Renzi non si è ancora ripreso dalla randellata del 4 dicembre. Ha perso lucidità. Non ne azzecca più una e cambia linea di condotta, a seconda di come si alza al mattino. Prendiamo il caso della legge elettorale: da lui e dal Pd sono uscite proposte di ogni tipo, che sfiorivano ancor più rapidamente delle rose offerte dai numerosi ammiratori alla leggiadria bellezza di Maria Elena Boschi. A parte l’estemporaneità di quel progetto, è stato il Pd a far saltare il modello elettorale sedicente alla tedesca, con il pretesto di un voto su di un emendamento marginale che si sarebbe potuto correggere in seconda lettura. Tuttavia, il giovane caudillo è fortunato. La Dea bendata non l’aiuta più a vincere le battaglie, ma ad evitare errori ancor più fatali. Renzi ha fatto di tutto per andare al voto il più presto possibile; se non proprio a giugno, almeno in autunno (anche a costo di lasciare a bagnomaria la legge di bilancio). Il gioco non gli è riuscito e non gli riuscirà più. Perché allora è fortunato? Semplice. Se il 25 giugno si fosse votato per le politiche la sconfitta subita nelle amministrative si sarebbe trasferita – mutatis mutandis: le variabili sarebbero state parecchie, ma l’onda d’urto la stessa – sull’assetto del Parlamento nazionale. Gli eventi hanno impedito a Renzi di nuocere ancor più a se stesso.

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Indagato Henry John Woodcock per violazione del segreto d’ufficio. L’inchiesta Consip si rovescia come un calzino. Tocca ancora a noi – che ci riteniamo garantisti – vincere i sentimenti di ostilità che nutriamo verso un personaggio impegnato in inchieste clamorose, con grande rilievo mediatico, ma spesso finite in una bolla di sapone ed evitare di condannarlo a mezzo stampa. Continuiamo, però, a “covare” la speranza che la Procura di Roma abbia individuato almeno uno di quei canali di comunicazione che hanno trasformato il fare giustizia in un linciaggio preventivo.

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Il Foglio ha riportato delle dichiarazioni dell’avv. Luigi Carraro, amico e legale di Woodcock (non nel caso Consip), padre di Celestina la collega pm che ne condivide l’inchiesta. “Ormai l’Italia si fonda sugli avvisi di garanzia – ha detto il titolare dello Studio Carraro – ma la verità è che siamo sotto attacco”. A questo punto un lettore si azzarda a concludere: “Sotto attacco di chi? Ma se è vero che viene attraverso gli avvisi di garanzia, non ne sono responsabili le procure?”. No. “Il fascismo – prosegue l’avvocato – sorse in camicia nera mentre ora sta arrivando in camicia rossa”. Poi il gran finale: “Ora lo dico chiaramente: schifo profondamente Renzi e posso dirglielo in faccia”. Ecco svelato l’arcano. È la stessa subcultura in base alla quale Silvio Berlusconi è stato perseguitato fin dal primo giorno della sua discesa in campo: tutti i mezzi sono leciti per abbattere il tiranno. In fondo è una pratica antica, ripetuta attraverso i secoli. Da ultimo anche Stalin perseguitava i propri avversari politici e coloro di cui voleva liberarsi accusandoli di gravissimi reati penali e sottoponendoli a processi farsa.

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Henry John Woodcock, Matteo Renzi, la Consip e i tiranni

Matteo Renzi non si è ancora ripreso dalla randellata del 4 dicembre. Ha perso lucidità. Non ne azzecca più una e cambia linea di condotta, a seconda di come si alza al mattino. Prendiamo il caso della legge elettorale: da lui e dal Pd sono uscite proposte di ogni tipo, che sfiorivano ancor più rapidamente delle rose offerte dai numerosi…

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