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Mentre negli Stati Uniti si finisce il conteggio delle schede relative all’elezione dei membri del Congresso, nel resto del mondo si pensa a come il ritorno al potere di Trump impatterà sulle bilaterali tra gli Stati Uniti e gli altri attori del sistema internazionale. Quali saranno le dinamiche che caratterizzeranno il secondo mandato del Tycoon? Ci sarà continuità rispetto alla prima amministrazione, o ci sarà invece un cambiamento? Ian Lesser, vicepresidente del German Marshall Fund, ha accettato di rispondere alle domande di Formiche.net sulla questione.

Cosa deve aspettarsi l’Europa dal secondo mandato Trump?  

Fino a poche ore fa si pensava che queste elezioni sarebbero state molto più combattute, e che l’esito non fosse affatto così scontato. Tuttavia, l’idea che Trump potesse vincere è stata parte del ragionamento politico europeo per diversi mesi. Eppure l’Europa non si è preparata a quest’eventualità. Le sfide che dovrà affrontare non sono affatto nuove, dalla competitività economica al futuro della Nato e alla sicurezza europea. Erano già tutte sul tavolo. Ma il risultato elettorale negli Usa ne rimarca l’importanza. Anche perché, con il senato pienamente in mano ai repubblicani e la camera dei rappresentanti che sembra destinata a fare lo stesso, una volta in carica Trump disporrà di un potere enorme. Che userà per la costituzione di barriere doganali, verso la Cina ma anche verso il vecchio continente, nonché per esercitare una pressione decisamente maggiore relativamente alle spese della difesa dei partner europei. Niente di tutto ciò coglierà l’Europa di sorpresa, che però dovrà affrontare questa nuova realtà in modo molto realistico e immediato.

Possiamo dire che si apre una nuova fase nei rapporti transatlantici?

Il Presidente Biden si è mostrato insolitamente interessato a vedere l’Unione Europea come un’istituzione e come un interlocutore, e non solo sul commercio, dove è inevitabile, ma su molte altre questioni. Ma dubito che l’amministrazione Trump farà lo stesso. Anzi, penso che ci sarà pochissimo entusiasmo nel lavorare di concerto con l’Unione europea, tranne nei casi in cui è assolutamente inevitabile. Per quanto riguarda le relazioni bilaterali, credo che Trump sceglierà chiaramente con chi rapportarsi. Ci sono persone che si sentono a proprio agio con il presidente Trump, come Viktor Orban, ma anche il presidente Meloni. E poi, naturalmente, dovremo vedere chi verrà nominato nelle posizioni chiave. Trump sta proponendo di riclassificare più posizioni per fare alcune nomine politiche, il che gli darà ancora più controllo sulle regole di definizione delle policies.

Su quale terreno crede che l’Europa e gli Stati Uniti potrebbero cooperare maggiormente con Trump presidente?

Ricordiamoci sempre di quanto sia ampia la portata delle relazioni tra gli Stati Uniti e l’Europa, a prescindere dai cambiamenti politici. Siamo i maggiori partner economici l’uno dell’altro. Esiste una straordinaria rete di relazioni che si sviluppa attraverso l’Atlantico, sia di carattere commerciale che afferenti alla società civile Niente di tutto questo scomparirà. Ma le questioni politiche potrebbero essere molto, molto difficili. Commercio, ma non solo; ci sono una serie di questioni di politica internazionale per le quali è molto improbabile che l’amministrazione Trump sia in sintonia con la maggior parte delle leadership europee, dal clima alla transizione energetica, dall’Iran al conflitto israelo-palestinese. Ci saranno anche aree, come ad esempio il terrorismo, dove ci sarà maggiore accordo. Ma non sarà facile.

Crede che il futuro della Nato sia a rischio?

No. Penso che lo scenario più estremo di un ritiro degli Stati Uniti dalla Nato sia molto improbabile, per non dire irrealistico. In fin dei conti, l’alleanza rappresenta un interesse di rilievo per gli Stati Uniti americano. Ma un’amministrazione Trump potrebbe senza dubbio rimettere in discussione diverse cose.

E questo non potrebbe essere uno stimolo, in un certo senso?

È chiaro che l’Europa si impegnerà a fare di più nel settore della difesa, ma dovrebbe farlo in ogni caso, indipendentemente da chi è alla Casa Bianca. Il problema è che ci vorranno molti anni per costruire una capacità reale in Europa tale da poter “sopravvivere” a un pivot to Asia. La domanda è quanto questo processo avverrà velocemente.

A proposito di Asia, come si evolveranno i rapporti tra Washington e Pechino?

La chiave di lettura è ricordarsi quanto il presidente eletto sia concentrato sulla competizione economica e sulle iniziative economiche a livello internazionale. Il commercio soprattutto, ma anche altre questioni: è in generale molto focalizzato sull’economia. Per quanto riguarda la politica estera di sicurezza, ritengo che sarà molto più cauto, meno interventista e molto più attento all’uso dell’hard power. Detto questo, credo che quello dei rapporti con la Cina sarà un tema di peso. Sono poche le cose su cui repubblicani e democratici sono d’accordo a Washington in questi giorni, e una linea più dura nei confronti della Cina è probabilmente una di queste.   

Per quanto riguarda la Russia?

Ci sono già diversi punti di vista al riguardo, anche tra diversi Paesi europei. Alcuni troverebbero attraente un approccio di engagement nei confronti di Mosca, mentre altri si opporrebbero, per fattori geografici ma non solo. Ma posso ben immaginare che se l’amministrazione Trump, con tutta la sua imprevedibilità, riuscisse a produrre un cessate il fuoco tra Ucraina e Russia, esso sarebbe ben accetto.

Spostiamoci sul Medio Oriente

Non credo che l’amministrazione Trump metterà sotto pressione il governo Netanyahu, che anzi avrà più mano libera rispetto ad ora. Sull’Iran, non credo che si cercherà un accordo chiaro se non a condizioni straordinarie. E su questo potrebbe davvero esserci un divario in termini di ciò che l’Europa vorrebbe vedere e ciò che Trump accetterebbe.

E con il Sud Globale?

Penso che il rapporto tra Trump e, ad esempio, il Brasile, il Messico o il Sudafrica sia molto problematico. Mentre immagino che il rapporto con Modi sarà ancora più stretto: oltre all’economia, Trump è incline a vedere gli affari internazionali attraverso le immagini, attraverso le personalità, e le singole leadership. E questo farà la differenza.

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