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Si fa sempre più complicato il salvataggio della Popolare di Vicenza e di Veneto Banca. Questa volta, le cattive notizie sono arrivate dal fondo Atlante, che con un comunicato si è tirato indietro dallo schema di ricapitalizzazione precauzionale che implica l’intervento pubblico.

LA MOSSA DI QUAESTIO

“Non si riscontrano allo stato le condizioni per qualsiasi ulteriore investimento nelle vostre banche (Banca Popolare di Vicenza e Veneto Banca, ndr) da parte dei fondi da noi gestiti”. E’ questa la conclusione cui giunge una lettera inviata dal presidente di Quaestio, Alessandro Penati, e quindi da Atlante, ai consigli di amministrazione dei due istituti veneti. Questi ultimi, la settimana scorsa, avevano sollecitato l’intervento del fondo, azionista di maggioranza con quasi il 100% di entrambe le banche venete, nel nuovo aumento di capitale necessario dopo che la Bce ha calcolato un fabbisogno complessivo di 6,4 miliardi (Atlante ha già ricapitalizzato le due venete per 2,5 miliardi nel 2016). Quaestio spiega, in particolare, di non avere risorse da impiegare né nell’aumento di capitale né per sgravare i due istituti dal peso dei crediti deteriorati.

MANCANO LE RISORSE

Il motivo è che, fondamentalmente, Atlante non ha proprio più risorse da investire. E questo perché i suoi azionisti di riferimento, cioè le maggiori banche italiane Intesa Sanpaolo e Unicredit ma anche le Fondazioni e la Cdp, hanno deciso di non investire ulteriore denaro nel fondo dopo le massicce svalutazioni già effettuate quest’anno (solo le Fondazioni ci sono andate leggere). Era nell’aria, dopo le numerose schermaglie tra Penati e i banchieri dei mesi scorsi. In questo modo, tra l’altro, Penati non riesce a mantenere il proposito di fare in modo che Atlante resti al controllo nelle venete, affiancando l’azionista pubblico, che invece si appresta a entrare con la ricapitalizzazione precauzionale (ammesso e non concesso che si trovi la quadra per proseguire con questo schema).

IL NUMERO UNO DI INTESA

Del resto, l’ad di Intesa Sanpaolo (tra le banche socie di Atlante), Carlo Messina (nella foto), lo ha detto chiaramente: “Penso che i privati già hanno perso molti soldi in Atlante”. E ancora, ha aggiunto Messina: “C’è un intervento pubblico già approvato e definito, penso dunque sia il caso che venga attivato e realizzato il prima possibile”. Il riferimento è alla ricapitalizzazione precauzionale con intervento pubblico dei due istituti veneti, che però, al momento, non potrà essere attivata fino a che non si troverà un miliardo aggiuntivo di capitali privati. In caso contrario, Bruxelles non emetterà luce verde e un bail-in “rigoroso” che vedrebbe azionisti, obbligazionisti e correntisti oltre 100 mila euro farsi carico delle perdite sarebbe sempre più vicino.

CHE FARA’ PADOAN?

La palla a questo punto, come peraltro facevano sapere nel pomeriggio fonti vicine alla Popolare di Vicenza, passa al governo di Paolo Gentiloni e in particolare al ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan. Quest’ultimo la settimana scorsa aveva escluso categoricamente un salvataggio delle venete con il bail-in. Ma la differenza è che la settimana scorsa probabilmente Padoan sperava ancora di riuscire a convincere i grandi soci di Atlante. Ora che hanno detto no, non è chiaro come si farà a scongiurare il bail-in della Popolare di Vicenza e di Veneto Banca.

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