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Venerdì la sedicente agenzia stampa del Califfato, Amaq News, ha rivendicato a nome dell’IS un attentato terroristico a Gerusalemme, nel quale una poliziotta israeliana di 23 anni è rimasta uccisa dopo essere stata accoltellata.

L’UNICA RIVENDICAZIONE, FINORA

Le rivendicazioni dello Stato islamico in Israele finora era stata soltanto una: il lancio di un razzo dal Sinai – dove si trova la Wilayat Sinai dell’IS, la provincia egiziana, molto forte e responsabile di tanti attacchi sia contro i civili che contro i militari del Cairo – in una zona di campagna del sud; era il 10 aprile, il razzo artigianale era caduto in mezzo ai pomodori nell’orto di una fattoria, e non aveva causato nessun danno.

L’ATTACCO DI VENERDÌ

L’attacco di venerdì ha riguardato un’azione doppia compiuta da tre palestinesi poco più che maggiorenni. Due hanno cercato di colpire dei poliziotti nei pressi della Porta di Damasco – avevano con loro anche un’arma automatica, oltre che dei coltelli –, il terzo ha aggredito l’agente (che era parte della Border Police), uccidendola in una zona poco distante della Città Vecchia con un coltello in ceramica del tutto simile a quello usato nell’attentato al London Bridge di un paio di settimane fa. I tre sono stati poi freddati dalla polizia. Nashir, un altro e più formale dei media outlet dell’IS, ha riportato nella spiegazione di quello che definisce “il primo attacco sul suolo d’Israele” i nome de guerre dei tre – e questo è un aspetto non secondario, che può far pensare a un collegamento diretto dei tre ragazzi con la catena di comando del Califfato.

LA SMENTITA DI HAMAS

In una circostanza altrettanto singolare, poco dopo la rivendicazione baghdadista, Hamas ha diffuso una smentita in cui ha sostenuto che dei tre attentatori, due erano parte del Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina (uno dei gruppi islamici dell’opposizione armata anti-israeliana) e un terzo era proprio di Hamas. Addirittura la polizia israeliana ha pubblicato un terzo comunicato, dicendo che al momento non era chiaro se i tre facevano parte di una qualche sigla terroristica.

LE RIVENDICAZIONI DELL’IS

Solitamente lo Stato islamico non rivendica attentati per i quali manca il collegamento al gruppo: basta anche soltanto un biglietto di intestazione che possa rendere il gesto un atto dedicato al jihad califfale. Questo comportamento è inevitabile per un gruppo che vive molto in base alla fascinazione che riesce a creare nei potenziali proseliti: se il Califfato rivendicasse azioni non proprie, perderebbe di credibilità, e perdere di credibilità significa perdere seguito e dunque forza.

LA COMPETIZIONE JIHADISTA IN PALESTINA

Da tempo si sa che all’interno del folto mondo del jihad palestinese lo Stato islamico ha avviato la propria predicazione, mettendosi in competizione con le classiche sigle jihadiste locali, attaccate perché impure in quanto hanno preso una via politica. Per esempio, secondo l’IS Hamas non sta facendo il proprio dovere jihadista, è corrotta dal potere e per questo ha accettato le elezioni che l’hanno portata a controllare la Striscia dal 2007 – invece secondo il Califfo non dovrebbe esserci nessuna autorità umana a decidere sulla legge, che è questione divina. Questo genere di predicazione ha come scopo il tentativo di creare proselitismo tra i giovani palestinesi, sottolineando come i gruppi storici (come Hamas, Fatah, la Jihad Palestinese, eccetera) in anni di lotta non sono riusciti a risolvere i loro problemi – e trova ovviamente la reazione di quegli stessi gruppi locali, interessati a difendere le proprie istanze (l’intelligence di Hamas ha da tempo avviato misure per il controllo interno, scovando diversi predicatori e corpuscoli baghdadisti).

(Foto: Facebook, Israeli Special Police)

L'IS rivendica il primo attacco in Israele, Hamas smentisce

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