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Se sia soprattutto il frutto di dinamiche locali e di errori tattici o, al contrario, il segnale di una disaffezione più radicale da parte degli italiani, è ancora presto per dirlo. Ma di certo, il MoVimento 5 Stelle ha rimediato alle ultime amministrative una sonora sconfitta, la più pesante – insieme al risultato delle europee del 2014 – che abbia ottenuto dai tempi del suo ingresso in Parlamento nel 2013. “Abbiamo perso ma siamo l’argine alle ammucchiate“, ha ammesso il candidato in pectore dei cinquestelle alla presidenza del Consiglio Luigi Di Maio intervistato da Luca De Carolis sul Fatto Quotidiano. Che, nonostante la sua proverbiale vicinanza alla variegata galassia pentastellata, sull’edizione di oggi non ha fatto alcuno sconto a Beppe Grillo e Davide Casaleggio. Con un dibattito a più voci nel quale sono stati sottolineati i tanti (troppi) errori commessi negli ultimi mesi non solo a livello locale dal movimento. A partire dall’editoriale non certo tenero firmato dal direttore del giornale Marco Travaglio.

LE BORDATE DI TRAVAGLIO

Il direttore del Fatto Quotidiano ha dispensato la solita ironia ma ha anche ricostruito punto per punto le tappe della sconfitta a cinquestelle, dall’espulsione mai chiarita – e piuttosto autolesionista – di Federico Pizzarotti a Parma (qui l’approfondimento di Formiche.net) alla vicenda Genova con l’avvicendamento in corsa tra Marika Cassimatis e Luca Pirondini.  Senza contare la guerra interna di Palermo – che ha spianato la strada all’ennesimo mandato di Leoluca Orlando (qui una gallery di Formiche.net) – e l’indecisione di Taranto dove, nonostante la vicenda Ilva e tutte le sue conseguenze, il M5s si è dimostrato incapace di rappresentare una valida alternativa al bipolarismo di ritorno tra centrodestra e centrosinistra (per approfondire l’esito delle amministrative a Lecce e Taranto ecco l’intervista al direttore del Nuovo Quotidiano di Puglia Claudio Scamardella). Travaglio ci ha scherzato su, ma seriamente come spesso gli capita di fare: “Diciamolo: l’impresa di restare fuori da tutti i ballottaggi che contano (tranne Carrara, ma nessuno è perfetto e qualcosa sfugge sempre) non era facile. Ma i 5Stelle – tutti, da Grillo in giù –ce l’hanno messa tutta e hanno centrato l’obiettivo“. E poi vai con l’elencazione di tutto il campionario delle cantonate dei pentastellati: “Litigare dappertutto, polverizzarsi in scissioni e sottoscissioni, infilare un autogol dopo l’altro fino a scomparire da tutte le grandi e medie città al voto e, non contenti, persino resuscitare il ripugnante bipolarismo centrodestra-centrosinistra“.

L’ANALISI DI PADELLARO

Opinione non rimasta isolata, ma accompagnata da un’intera paginata di critiche e anche di proposte da parte delle principali firme del quotidiano e non solo. Primo tra tutti il fondatore del giornale Antonio Padellaro, per il quale le ragioni della battuta d’arresto (e che battuta d’arresto) dei pentastellati sono essenzialmente tre. Innanzitutto la scelta dei candidati, “che gli elettori evidentemente non hanno ritenuto credibili dal punto di vista delle capacità amministrative“. In secondo luogo “l’infelice esperienza della sindacatura di Virginia Raggi a Roma“. E, infine, “la percezione dell’elettorato, che non vede più il Movimento come un blocco solido e unitario, ma come una somma di tante componenti che litigano tra loro“. E per riprendere il cammino i cinquestelle cosa dovrebbero fare? Secondo Padellaro, dovrebbero “cercare di conservare l’immagine positiva del M5S, come portatore di legalità e di lotta alla corruzione“. E poi, soprattutto, “allontanare l’immagine diffusa di un’accozzaglia senza arte né parte, incapace di governare la cosa pubblica“.

LA VERSIONE DI GOMEZ

E’ il tema che ritorna della classe dirigente a cinquestelle ancora impreparata e non all’altezza della situazione, soprattutto a livello locale. Una fotografia condivisa pure dal direttore di www.ilfattoquotidiano.it Peter Gomez, secondo cui in ottica nazionale – in vista delle prossime elezioni politiche – “il M5S può solo giocare la
carta della squadra: nomi di alto livello disposti a fare i ministri. Perché le storie, le professionalità e i talenti delle persone, contano“. E sul territorio, invece, dove si stanno palesando così evidenti difficoltà? Gomez ha proposto di recuperare i famigerati meet up – “un tempo vera forza dei 5 Stelle” – e di modificare almeno in parte la regola dei due mandati. Corretta in teoria, ma poi spesso non funzionante alla prova dei fatti: “Mostra infatti la corda quando i tuoi amministratori migliori, dopo un’esperienza a livello locale, decidono di saltare un turno nella speranza di partecipare alle elezioni politiche“.

I CONSIGLI (E LE CRITICHE) DI SCANZI

D’altronde – ha ricordato un’altra firma del giornale, Andrea Scanzi – i pentastellati finora avevano vinto alle amministrative “come ultima spiaggia, tipo Parma, Livorno e Roma: stavolta no (Taranto). A questa tornata hanno poi pagato castronerie immani, su tutte Genova, Parma e Palermo“. Ma c’è di più secondo l’opinionista di Otto e Mezzo con Lilli Gruber: “Non sono radicati sul territorio. E, non facendo alleanze, non vanno al ballottaggio neanche quando la loro lista è prima (Palermo) e soccombono di fronte al formicaio delle liste civiche“. Un movimento, dunque, che – ad avviso di Scanzi – avrebbe insite difficoltà ad affrontare un passaggio locale come le amministrative: “Sono uno sport diverso dalle politiche“. Che, però – al massimo la prossima primavera – prima o poi comunque arriveranno. “Il M5S deve smetterla con questo eterno Asilo Mariuccia tra pontieri (tipo Di Maio) e ortodossi (tipo Fico)“, ha consigliato Scanzi. Il quale ha infine invitato Grillo e i cinquestelle a focalizzare meglio tutti i suoi avversari politici: “Tra una botta e l’altra a Renzi, che peraltro si distrugge da solo, i grillini dovrebbero ricordarsi di attaccare anche il centrodestra. Che, nel frattempo, è quello che sembra stare meglio di tutti“.

Il Fatto Quotidiano, ecco come Travaglio, Gomez, Padellaro e Scanzi le suonano ai 5 Stelle

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