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Il clima resta rovente ai vertici di Banca Carige. Dopo la defenestrazione dell’amministratore delegato Guido Bastianini e le dimissioni dei consiglieri Claudio Calabi, Maurizia Squinzi e Alberto Mocchi (formalizzate due giorni fa), ieri il cda si è riunito per eleggere un nuovo top manager.

LE PROSSIME TAPPE

Dopo l’esame nel comitato nomine, la scelta potrebbe ricadere sull’attuale responsabile dei crediti Gabriele Delmonte, un dirigente di lungo corso della banca genovese. La soluzione interna servirà soprattutto per gestire le incombenze immediate, a partire dall’attuazione di quel piano finanziario che è costato la poltrona a Bastianini. In una lettera inviata al cda Bce avrebbe infatti chiesto agli amministratori di approvare entro venerdì 23 giugno il pacchetto completo, cioé cessione degli npl e rafforzamento patrimoniale quantificato in almeno 600 milioni (cifra che, a detta di osservatori, potrebbe salire fino a 800 milioni). Altrimenti, spiega la lettera firmata dal presidente del Ssm Danièle Nouy, l’organo potrebbe usare tutti i propri poteri per correggere la rotta dell’istituto.

IL SUBBUGLIO

Non a caso l’avvertimento della vigilanza è arrivato proprio nel giorno del redde rationem al vertice. Lo scontro tra Bastianini e Malacalza (in foto) è stato innescato proprio dalle divergenze sul piano finanziario e sulle scelte da compiere tra giugno e settembre. Da un lato Bastianini avrebbe ventilato la possibilità di alzare l’importo dell’aumento da 450 a 600 milioni, proponendo anche di avviare subito un liability management exercise, cioé una conversione dei bond subordinati in equity. Scelte peraltro difese nella puntuale memoria che il banchiere avrebbe presentato al cda dopo la sfiducia. Dall’altro lato Malacalza avrebbe chiesto una sostanziale conferma degli importi annunciati nel piano di febbraio, anche per evitare una brusca diluizione degli attuali azionisti. Non è un mistero che sul 17,59% detenuto dalla Malacalza Investimenti penda una perdita potenziale vicina al 90% e che da mesi gli umori dei grandi soci della banca ligure non siano rosei. I tentativi di mediazione sono falliti e venerdì Bastianini è stato sfiduciato dalla maggioranza del consiglio.

LE DIVISIONI

Quattro consiglieri si sono però opposti alla mozione, per l’appunto Calabi, Squinzi, Mocchi e Giulio Gallazzi (nominato in quota Assogestioni che però ha scelto di restare in cda). Anche se il board ha ancora i requisiti per restare in carica, la situazione rimane precaria, come dimostra la scelta sul futuro capo azienda. Invece di un amministratore delegato esterno (si erano fatti i nomi di Francesco Iorio, Marina Natale e Federico Ghizzoni), i vertici hanno preferito individuare un manager interno. Anche perché cooptare un ceo nel mezzo di un ribaltone non è impresa semplice. Specie alla vigilia di una manovra finanziaria complessa su cui Bce vigilerà con grande attenzione.

IL PIANO

Il piano annunciato al mercato nel febbraio scorso prevedeva in primo luogo una scissione proporzionale delle sofferenze: in sostanza gli attuali azionisti di Carige si sarebbero ritrovati soci di un veicolo ex articolo 106 in cui sarebbero stati conferiti npl per un valore nominale di 2,4 miliardi. Il veicolo avrebbe agito come un vero e proprio asset manager, con la possibilità di coinvolgere in un secondo momento anche investitori istituzionali. L’operazione è inedita sul mercato italiano, anche se ricorda alla lontana il recente progetto Fino di Unicredit dove per l’appunto l’originator partecipa all’upside dei recuperi ed evita così di cedere tutto il valore a operatori terzi. Nel caso di Carige la differenza consiste nel fatto che non sarebbe la banca, ma la sua base sociale a beneficiare dei cash flow generati. Il che consentirebbe un deconsolidamento integrale degli attivi in linea con quanto richiesto dalla Bce.

IL NODO CAPITALE

Sul fronte del capitale, la banca genovese aveva invece annunciato un aumento di capitale da 450 milioni e un possibile lme sui bond subordinati. Nell’ipotesi iniziale la conversione avrebbe dovuto interessare solo il titolo tier 1 2008, in parte sottoscritto da Generali, ma le simulazioni fatte dagli advisor Credit Suisse, Goldman Sachs e Deutsche Bank hanno preso in considerazione la possibilità di convertire l’intero portafoglio di subordinati che vale circa mezzo miliardo di euro.

I REPORT DEGLI ANALISTI

In una nota Equita sim ha abbassato il target price di Carige da 0,25 a 0,20 euro, ribadendo il giudizio hold. Per la banca la sim milanese stima «un aumento di capitale da 600 milioni anziché da 450 milioni». Gli esperti notano come, secondo la stampa: «tre dei quattro amministratori che hanno votato contro la sfiducia intenderebbero dimettersi oggi; la Bce ha mandato una lettera in cui si chiede che il piano di risanamento prosegua; il ceo e il cfo potrebbero intraprendere un’azione legale; gli advisor avrebbero stimato che il fabbisogno di capitale per avere dei margini di prudenza sarebbe 800 milioni, non 450 milioni; entro fine mese verrebbe nominato un ceo o un dg». Ubs (neutral, target price 0,24 euro) vede delle implicazioni negative per la banca: infatti, «la rimozione del ceo, nel migliore dei casi, dovrebbe ritardare il processo di ristrutturazione e ricapitalizzazione». In ogni caso, proseguono gli analisti, «anche se l’attuale incertezza sta ostacolando l’abilità di Carige nel raccogliere con successo capitali, non pensiamo che questa situazione possa rappresentare un rischio a livello sistemico». Lo sconto a cui scambia il titolo, sottolinea Ubs, è giustificato dall’incertezza presente sulla ristrutturazione.

VITTORIO MALACALZA

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