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Il tempo stringe: mancano ormai 20 giorni alle prime scadenze fissate dal decreto vaccini e Comuni, Asl e famiglie hanno già iniziato la loro corsa per mettersi in regola. Non senza ritardi e proteste. Stavolta a insorgere non è il popolo “no-vax” ma soprattutto l’Anci, che denuncia l’eccessiva responsabilità in carico alle scuole – e quindi ai Comuni – nella certificazione dell’adempimento dei nuovi obblighi.

IL VADEMECUM DEL MINISTERO

La scorsa settimana il ministero della Salute ha emesso il vademecum che spiega le novità della legge. Il decreto Lorenzin, modificato a luglio dal Parlamento, ha stabilito che per iscrivere a scuola alunni e studenti fino ai 16 anni è obbligatoria la vaccinazione (gratuita) per 10 malattie: polio, difterite, tetano, epatite B, pertosse, haemophilus influenzae tipo B, morbillo, varicella, parotite e rosolia. Soltanto consigliati, invece antimeningococco B e C, pneumococco e rotavirus. In realtà, non tutti i bambini nati dal 2001 saranno tenuti da subito alla copertura totale: per ogni classe di età, infatti, la legge prevede alcune varianti.
La legge prescrive che ciascuna famiglia debba presentare, al momento dell’iscrizione, il libretto vaccinale del bambino vidimato dalle Asl o il certificato vaccinale. In alternativa, si può presentare il certificato di esonero motivato dal medico curante. La terza opzione è un’autocertificazione, ma in quest’ultimo caso la famiglia deve necessariamente produrre tutti i certificati entro il 10 marzo 2018. Le scadenze per la presentazione dei documenti variano a seconda delle scuole: per gli asili il termine è fissato al 10 settembre, e i bambini non in regola non possono frequentare. Per le scuole dell’obbligo c’è invece tempo fino al 31 ottobre, e in questo caso gli inadempienti possono continuare ad andare a scuola, perché il diritto all’istruzione non può essere negato, ma vanno incontro a sanzioni da 100 a 500 euro. Le sanzioni scattano qualora le famiglie non si mettano in regola dopo il colloquio “informativo” chiesto dall’Asl. La convocazione per il colloquio parte una volta accertato l’inadempimento.

PERCHÉ I COMUNI PROTESTANO

Il punto più controverso del provvedimento riguarda i controlli. La legge, per l’anno scolastico 2017-2018, assegna alle scuole il compito di verificare la documentazione. Già in sede di dibattito parlamentare è stata messa in dubbio la capacità del personale amministrativo delle scuole di valutare correttamente le diverse situazioni. Un problema che, a giudicare dalle dichiarazioni del presidente dell’Anci Antonio Decaro, sindaco di Bari, non è stato risolto. “È necessario definire una procedura standard – ha dichiarato – Non si può scaricare sulle spalle del personale delle istituzioni scolastiche comunali o su quelle dei genitori, già gravate da molti pesi, il compito di raccogliere documenti che peraltro chi riceve non è in grado di valutare”. La proposta dell’Anci è di coinvolgere le Aziende sanitarie locali. “Le scuole forniscano gli elenchi di iscritti alle Asl e le Asl verifichino che quei bambini siano stati sottoposti a vaccinazione” ha suggerito l’Anci. Una prassi che in realtà la legge già prevede, ma a partire dall’anno prossimo, quando il provvedimento entrerà a regime. Dal 2019-2020 funzionerà così: le scuole dovranno trasmettere alle Asl, entro il 10 marzo di ogni anno, l’elenco degli iscritti dell’anno in corso e dell’anno successivo. Le aziende dovranno svolgere i controlli ed entro il 10 giugno dovranno segnalare gli studenti non in regola.
Ma quest’anno, dal momento che le Asl non dispongono degli elenchi degli studenti, la situazione è molto più complessa e varia molto da regione a regione. Nel vademecum è scritto che “l’Asl territorialmente competente supporterà i dirigenti scolastici nella valutazione dello stato vaccinale dei minori, con modalità organizzative decise a livello regionale locale, anche mediante la sottoscrizione di convenzioni e accordi tra gli Uffici scolastici regionali e le Regioni, con lo scopo di semplificare gli adempimenti in capo alle famiglie e alle istituzioni scolastiche”.

IL PROBLEMA DEL MONOCOMPONENTE

C’è poi il problema della somministrazione delle vaccinazioni. La procedura standard prevede l’accorpamento in due formulazioni. Due punture, in sintesi: una esavalente (polio, difterite, tetano, epatite B, pertosse, haemophilus influenzae tipo B) e una tetravalente (morbillo, rosolia, varicella e parotite). Però il Parlamento ha stabilito che sia possibile anche la formulazione monocomponente: questo per non sottoporre i pazienti, che magari sono già immuni per aver contratto alcune delle malattie, a vaccinazioni inutili. Il problema è che non è detto che i vaccini in formulazione monocomponente siano disponibili per tutte le richieste, perché le Asl li devono acquistare a parte. Secondo il vademecum, in caso di mancata disponibilità, i vaccini potranno essere somministrati anche in versione combinata, ove “non controindicati nei soggetti che hanno già contratto la malattia”.

LA FORMAZIONE DELLE CLASSI

Guai organizzativi anche sul fronte della formazione delle classi. In teoria, la legge prescrive che gli studenti non vaccinabili per motivi di salute vengano inseriti in classi coperte al 100%. Un obbligo piuttosto complicato da mettere in atto, specie in questa fase già confusa di per sé. Praticamente impossibile che le scuole riescano a mettersi in regola già quest’anno: ecco perché i dirigenti saranno obbligati, entro il 31 ottobre, a segnalare all’Asl le classi con più di due alunni non vaccinati. Cristina Giachi, presidente della Commissione istruzione dell’Anci e vicesindaco di Firenze, ha lanciato un appello: “Chiediamo aiuto a Regioni e ministeri, in particolare per poter supportare i Comuni nella raccolta e trasmissioni delle certificazioni. Per le grandi città si tratta di verificare migliaia di certificati in pochi giorni”.

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