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Il presidente americano Donald Trump ha deciso di chiudere i due gruppi chiave di consulenti esterni. Lo ha fatto sapere con un tweet  in cui alla fine ha ringraziato tutti, e si è attirato addosso molte polemiche anche perché soltanto il giorno prima aveva detto che avrebbero continuato a funzionare nonostante avessero qualche defezione. Lo scioglimento dei due gruppi di consiglieri è la più rilevante rottura tra Trump e la Corporate America di cui il repubblicano voleva farsi voce.

I DUE GRUPPI DI CONSIGLIERI

I due forum di discussione politica chiusi da Trump sono il Manufacturing Council e lo Strategy & Policy Forum. Erano organi consultivi della Casa Bianca da cui il presidente avrebbe dovuto prendere ispirazione per dirigere le proprie policy, ed erano composti da personalità del mondo dell’economia e della finanza americana. Il forum strategico per esempio era guidato da Stephen Schwarzman, presidente, amministratore delegato e co-fondatore di Blackstone, gigante finanziario che ha supportato con investimenti (e contatti) la visita di Trump in Arabia Saudita di qualche mese fa; fu una visita strategica quella, che si è portata dietro una nuova stretta nei rapporti con Riad e che ha trovato nelle partnership con diversi gruppi industriali il bilanciamento alla dimensione politica (in un’immagine di quanto i gruppi di consiglieri fossero importanti per la Casa Bianca, che tra l’altro al rientro dalle vacanze si troverà a lavorare alla nuova riforma fiscale che coinvolge le aziende).

LE PROTESTE DEI CEO

Nei giorni scorsi diversi membri dei forum economici di Trump avevano apertamente espresso la propria contrarietà alla reazione del presidente ai fatti di Charlottesville, quelli in cui un’attivista 32enne, Heather Heyer, ha perso la vita colpita in un atto terroristico di un neonazista durante una manifestazione anti-razzista. Trump infatti aveva inizialmente condannato “diverse parti” per le violenze in Virginia, e questo si era portato dietro le immediate dimissioni di Kenneth Frazier, Ceo della farmaceutica Merck e membro del Manufacturing Council, seguito nei giorni successivi da Brian Krzanic e Kevin Plank, rispettivamente capi di Intel e Under Armour, che avevano lasciato lo stesso il consiglio nonostante Trump avesse ripreso un po’ il pallino del discorso condannando formalmente i violenti razzisti, i nazisti e i suprematisti bianchi (cosa che non aveva fatto per i due giorni successivi ai fatti di Charlottesville). Questo genere di dimissioni sono conseguenze ovvie: gli amministratori vengono pressati da dipendenti e azionisti, vanno in difficoltà a difendere certi comportamenti della presidenza, vengono a trovarsi davanti a una scelta, che alla fine predilige sempre l’interesse della società che possiedono o rappresentano; per esempio, l’amministratrice dell’IBM Ginni Rometty, membro del consiglio strategico sulle policy di Trump, aveva fatto circolare un documento interno (lo ha ottenuto la CNBC) in cui si condannava da subito le manifestazione neonaziste in Virginia, distanziandosi dalle timidezze della Casa Bianca. O ancora: mesi fa Elon Musk di Tesla e Bob Iger di Disney uscirono dal gruppo di consiglieri appena dopo l’annuncio di Trump di voler ritirare gli Stati Uniti dall’accordo sul clima di Parigi; una scelta incompatibile con le vision delle loro aziende.

LA MOSSA DI TRUMP

Mercoledì Trump ha cercato di giocare di anticipo: la Reuters ha riportato per prima la notizia, attraverso fonti interne, che lo Strategy & Policy Forum si sarebbe sciolto da lì a poco, una decisione presa in fretta, frutto dei comportamenti divisivi di Trump, che martedì s’era già rimangiato le dichiarazioni sui nazisti – che gli erano state imposte dallo staff, per primo dal capo di gabinetto John Kelly – tornando a incolpare per quanto successo a Charlottesville anche gruppi di sinistra (era il terzo, sgangherato giro di dichiarazioni sull’argomento).

Parlando martedì ai giornalista dalla Trump Tower di New York, il presidente aveva infatti detto che “da una parte c’era un gruppo che era molto aggressivo e dall’altra un gruppo che era molto violento”. E ancora: “Parlate tanto di alt-right […] e allora l’alt-left, che è venuta a fare accuse impugnando i bastoni?”. Infine aveva sottolineato che “non tutti quelli” che avevano partecipato alla manifestazione in Virginia erano “cattive persone” – la manifestazione era stata organizzata dai gruppi neonazisti e suprematisti bianchi. Immediatamente dopo questa dichiarazione Richard Trumka, a capo del più importante sindacato americano, s’era dimesso anche lui dal Manufacturing Council, seguito a ruota da Scott Paul dell’Alliance for American Manufacturing, da Inge Thulin di 3M e Denise Morrison di Campbell Soup. Il contagio ormai era incontrollabile. A quel punto, alle strette, con i CEOs in rivolta che avvisavano i media del repentino scioglimento dello Strategy & Policy Forum, il presidente avrebbe deciso di chiudere i due gruppi di consiglieri ed evitare lo schiaffo dello scioglimento.

Soltanto il giorno prima Trump chiosava su Twitter che per ogni Ceo che si sarebbe dimesso dal Manufacturing Council ce n’erano altri pronti a rimpiazzarlo – i “grandstanders“, quelli che volevano mettersi in mostra, non avrebbero avuto successo diceva.

 

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