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Nei pettinati prati all’inglese del campus della Virginia che lo ha avuto ospite per un anno conservano come una reliquia la sua stanza di studente. Ci voleva la Charlottesville di Edgar Allan Poe per tornare a ficcare il naso dentro il cappuccio dell’orrore Usa. Un incubo ricorrente. Fatto di suprematisti bianchi, neo nazisti e razzisti. I gruppi che Donald Trump non ha deplorato subito. Scatenando l’ennesimo referendum sulle intenzioni. Definizioni che anche diversi leader cristiani hanno tardato a utilizzare. Ma sono arrivate: nette, dure, infraintendibili. Anche se vescovi cattolici e predicatori evangelici, spesso conservatori, si sono trovati accomunati nel condannare razzismi di varia denominazione, non sono mancate voci felpate quanto stridenti. Mentre gli afroamericani sono sempre più minacciati. Nonostante otto anni di Barack Obama. Anche come ai tempi del primo presidente di colore degli States. Tanto che i vescovi cattolici stanno lavorando a una lettera pastorale per contrastare un male profondo che negli Stati Uniti giudicano mai estirpato.

BANNON (ANCORA) NEL MIRINO DOPO IL SAGGIO DI CIVILTÀ CATTOLICA

Il sottofondo politico è l’esplosione della distanza, non nuova, tra l’alt right che ha contribuito all’elezione di Trump e il mondo conservatore religioso. Il liberal New York Times sbatte in pagina il consigliere del presidente Steve Bannon, pubblicando l’auspicio di Rupert Murdoch che la testa del cattolico che sussurra a Trump rotoli via dalla Casa Bianca. Colpa sua, è la sentenza, dei presunti titillamenti degli estremisti, come del tentennamento di mr president sui fatti in Virginia. Lo stesso quotidiano di New York mesi fa si era avventurato in una ricostruzione giudicata più che bizzarra dagli analisti di cose vaticane (es: qui): Bannon ha un canale diretto a Roma con il cardinale Raymond Burke per contrastare le riforme di Papa Francesco. L’influente columnist gesuita James Martin, anticipando temi e bersagli del saggio di Civiltà Cattolica uscito in luglio sui fondamentalismi religiosi americani, già in febbraio tirava in ballo l’attuale chief strategist della West Wing: “Utilizza l’insegnamento della Chiesa per promuovere sentimenti razzisti, misogini, omofobici e xenofobi”.

L’IMPOSSIBILE ALT-RIGHT DEI CONSERVATORI

Mentre Bannon viene dato per avere le ore contate – ma ieri sera Trump si è affrettato a difenderlo come un bravo ragazzo – rimbomba l’eco straniante di un cortocircuito nel segno dell’ecumenismo americano. Dove l’alt right non è solo la Breitbart a suo tempo diretta dal suggeritore di The Donald, e nel suo complesso sfugge allo schema dei value voters cristiani concentrati su temi morali. Fondamentalisti evangelicali e integralisti cattolici tentati, come scriveva Civiltà Cattolica, da una visione “xenofoba e islamofoba” quanto concentrati sulle battaglie etiche, non si capisce come possano conciliarsi con certi personaggi riemersi nel weekend di Charlottesville. Basterebbe prendere il neofascista Richard Spencer, che gestisce il sito AltRight.com. Non estraneo alle manifestazioni in Virginia, è un accanito sostenitore degli aborti pianificati: niente bambini con sindrome di down e per ridurre il numero di neri e ispanici.

QUANTE PIROETTE SIGNOR DONALD

Una donna uccisa, due agenti di polizia morti precipitando con l’elicottero di servizio mentre sorvegliavano i disordini. Decine di feriti. Trump comincia sabato, a suo solito, via Twitter, per chiudere con una conferenza nella sera di Ferragosto che riapre il fuoco. Il primo tweet era sulla retorica dell’unità e una generica condanna della violenza. Poi un’infilata di altri interventi mentre monta la protesta perché non usa le parole che ci aspetta. The Donald non fa nomi, ma l’ex leader del Ku Klux Klan, David Duke, capisce subito il messaggio e si affretta a replicargli: “Le consiglierei di guardarsi bene allo specchio & ricordarsi che a farla presidente sono stati gli americani bianchi non i sinistroidi radicali”. Il presidente rincara: “Non importa il nostro colore, credo, religione o partito politico, siamo tutti americans first”. È ancora sabato. Charlottesville cura i feriti e consola i parenti delle vittime. Le chiese si riempiono per veglie di preghiera. Gli americani vogliono parole definitive. Ci vogliono due giorni perché Trump si convinca a condannare razzisti e Ku Klux Klan. Nel mezzo il Wall Street Journal quasi sembra difenderlo. Domenica scrive che ridurre la violenza in Virginia a un dibattito sulle parole e le intenzioni del presidente è un errore indipendentemente da quel che si pensa di Trump, “perché il veleno che genera certi eventi è la politica identitaria, che non andrà via tanto facilmente anche quando Trump inevitabilmente avrà fatto il suo corso”. Poi, ieri sera l’inquilino della Casa Bianca è tornato a distinguere: non tutti i manifestanti erano criminali, ci sono ragioni da entrambe le parti. Giudizio condiviso da Newt Gingrich, marito di Callista, designata ambasciatore Usa in Vaticano.

EVANGELICI E CATTOLICI CONTRO I SUPREMATISTI BIANCHI

Rod Dreher, saggista di culto negli ambienti conservatori Usa (anche cattolici), giudica la reazione di Trump “disgustosa”. Non è meno deluso per la prime parole dell’episcopato romano. La fretta non ha consigliato il vescovo di Richmond, diocesi che include la città di Charlottesville. Il primo comunicato di Francis X. DiLorenzo sabato suona così: “Prego che uomini e donne da entrambe le parti possano parlare e cercare soluzioni alle loro differenze con rispetto”. Non sembra molto dissimile dal primo tweet dell’inquilino della Casa Bianca. Come si possa dialogare con i nazisti è faccenda complicata. Tanto che il prelato il giorno dopo dettaglia: “L’odio e le sue manifestazioni di razzismo, neonazismo e supremazia bianca sono peccati contro Dio e feriscono profondamente i figli di Dio”. Analizza un problema di un male profondo che “si intreccia nel tessuto della nostra società” e annuncia un periodo di riflessione in diocesi su come si possano affrontare “le questioni evidenziate a Charlottesville attraverso la preghiera e l’azione”. Subito evidente è invece, ad esempio, il commento di Dorsey McConnell, della chiesa episcopale di Pittsburgh, nel sottolineare il frutto “di una ideologia bianca e nazionalista”. “Alcuni di coloro che sostengono queste visioni – scrive – vedono il loro movimento come santa crociata e invocano anche un Dio cristiano per sostenere i loro sforzi. Ma nulla può essere più lontano dalla Croce che la politica della purezza razziale”. Il vescovo cattolico di Arlington attacca i nazionalisti con le stesse espressioni che loro non si fanno scrupolo a strumentalizzare: dobbiamo rispettarci come one nation under the God. Un’unica nazione sotto Dio.

CONFERENZA EPISCOPALE COMPATTA

Lampante fin da subito la Conferenza episcopale. Il presidente dei vescovi Usa Daniel DiNardo già sabato condanna “violenza e odio”, declinando specialmente quello razziale. Deve essere parso poco, perché il giorno seguente una nuova nota, co-firmata dallo stesso DiNardo e dal vescovo Frank Dewane, responsabile in Conferenza episcopale per la Giustizia, mette ulteriormente a fuoco l’accaduto: “Siamo contro il male del razzismo, della supremazia bianca e del neonazismo”. Quindi si assicura una speciale preghiera di gratitudine in tutte le messe celebrate nel Paese “per le anime coraggiose che cercano di proteggerci dall’ideologia violenta”, e si valorizza chi ha manifestato contro i razzisti come “testimonianza opposta a ogni forma di oppressione”.

L’ARCIVESCOVO DI PHILADELPHIA: RAZZISMO MALE DIFFUSO NEGLI USA

Altre voci sono sono state rapide e inequivocabili. Come il cardinale di Chicago, Blase Cupich, che via twitter è parso rispondere direttamente a Trump: “Quando si tratta del razzismo, si può stare solo su una parte: combatterlo”. Dichiarazione di fuoco da Philadelphia, con l’arcivescovo conservatore Charles Chaput che parla di razzismo come di un “brutto peccato originale del nostro Paese, una malattia che non è mai stata completamente sanata”: “Mescolarlo con il saluto nazista, relitto di un regime che ha ucciso milioni di persone, compone l’oscenità”. Le ultime righe dettano un programma: “Abbiamo bisogno di andare oltre le pie dichiarazioni pubbliche… Charlottesville è un’istantanea del nostro spazio pubblico che si svela in odi reali, brutalmente espressi in tutto il Paese… Dobbiamo cominciare con una conversione dei cuori… Può sembrare semplice. Ma la storia della nostra nazione e le sue spinte violente verso le questioni razziali dimostrano l’opposto”.

PREDICATORI, TRA SCHIETTI E ZELANTI

Dal fronte evangelico Russell Moore, capo del braccio politico della Conferenza Battista del Sud, ha scritto su twitter che “le cosiddette ideologie bianche-suprematiste dell’alt right sono sataniche”. Commenta il pastore texano Jack Graham che fa parte del gruppo di influencer evangelici alla Casa Bianca: “Il suprematismo bianco è malvagio e non può avere alcun posto in America”. Altri hanno parlato in termini più sfumati. Il predicatore Franklin Graham, ad esempio, ha chiesto di pregare ma non ha fatto alcun riferimento al razzismo. Si è invece preoccupato di difendere Trump da “politici e giornalisti che stanno cercando di dare la colpa al presidente per quanto accaduto”. A stretto giro di social gli ha replicato il gesuita James Martin della rivista America: “La vera vergogna è che il presidente corteggi l’alt right e non abbia rapidamente condannato i suprematisti”.

LA CHIESA È PREOCCUPATA

Difatti c’è chi giudica che i gruppi suprematisti si sentano legittimati dalla presidenza Trump. Gruppi che lo hanno votato esplicitamente. Per la Chiesa cattolica statunitense la questione razziale è un problema che però non emerge oggi. Appelli e condanne erano frequenti anche sotto la presidenza di Barack Obama, quando la polizia era accusata di avere il grilletto facile verso gli afroamericani. Probabile segno di una capacità di sentire il polso del Paese oltre il governo di turno. Un primo documento della Conferenza episcopale sul tema è datato 1979. Le prime righe anticipavano tutto il giudizio che riecheggia oggi: “Il razzismo è un male che permane nella nostra società e nella nostra Chiesa”. Pericolo attuale, dato che come si legge sul portale Crux, i vescovi stanno da tempo lavorando a una nuova lettera e a progetti pastorali che dovrebbero essere pubblicati a breve. L’arcivescovo Wilton Gregory di Atlanta, è netto: “Tutti i vescovi del paese devono pronunciarsi su quanto accaduto a Charlottesville; il silenzio potrebbe essere interpretato come un’approvazione”. Appello raccolto: le condanne si vanno moltiplicando. Il nevermore del Corvo di Poe che ha avuto una stanzetta all’università di Charlottesville è un “mai più” a neonazi e razzisti che la Chiesa negli Stati Uniti vuol udire più convinto.

Cosa dicono i vertici della Chiesa Usa su Charlottesville e Trump

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