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I ministri – lo si legge su tutti i giornali – si stano strappando i capelli nella preparazione della “manovrina” di aprile e del Documento di Economia e Finanza (DEF), propedeutico alla legge di bilancio.

Le ragione dei contrasti sono note e stanno avvelenando anche la preparazione del congresso Pd. Anzi riguardano soprattutto il Pd. Tra le varie “anime” del Partito, come si diceva un tempo, una è seriamente preoccupata dagli obblighi europei, derivanti da Trattati ed accordi governativi che l’Italia ha sottoscritto. Un’altra, invece, è letteralmente angosciata dall’avvicinarsi delle elezioni e dall’assillo che se il gruppo dirigente che ha alloggiato a Palazzo Chigi negli ultimi anni non vi rientra subito verrà logorato e non ci tornerà mai più. L’ossessione è tale che non solo propone di vendere parte della Cassa Depositi e Prestiti per disporre della liquidità con cui fare regalie elettorali, ma ha messo nei guai lo stesso Cnel che dopo tante tensioni aspirava ad un periodo di tranquillità, scatenando una battaglia tra un burocrate di rito renziano e tutto il Consiglio. L’ambizione sarebbe quella di mostrare lo scalpo di un Cnel depotenziato non essendo riuscito a fare abrogare l’articolo delle Costituzione che lo riguarda.

Tuttavia, guardando alle cifre gli spazi per regalini elettori non ci sono e lo stesso eventuale depotenziamento del Cnel (500 mila euro) non porterebbe liquidità da distribuire. Per essere in linea con i nostri impegni (e soprattutto con quello che si aspettano i mercati) occorre trovare 3,4 miliardi di euro entro pochi giorni e ben 20 miliardi di euro (o giù di lì) entro settembre, quando si prepara la legge di bilancio. L’apertura al mercato della Cdp porterebbe 5-6 miliardi al massimo e sarebbe discutibile utilizzarli per fare cadeau elettorali. Si parla di misure che sarebbero altamente impopolari come l’aumento dell’IVA sui generi alimentari, libri ed altri prodotti dal 10% al 13%, di ritocchi alle accise sulla solita benzina ed altre cosette.

E’ significativo un documento posto il sito del Fondo monetario internazionale il 23 marzo e di cui pare nessuno si sia accorto nonostante sia stato firmato da due economisti del Fondo (Eric Eyraud e Tigran Poghosyan) ed uno della Commissione Europea (Vitor Gaspar) e riguardi l’uso politico delle politiche di bilancio (Fiscal Politics in the Euro Area IMF Working Paper No 17/18).

Il documento è un indubbio assist a quanti vogliono tenere la barra ritta (indubbiamente il presidente del Consiglio, il ministro dell’Economia e delle Finanze, il ministro delle Sviluppo Economico ed altri). Lo studio analizza la politique d’abord nelle politiche di bilancio dei 19 Stati dell’eurozona dal 1999 al 2015 sulla base dei consuntivi di bilancio, da cui si evincono i regali elettorali di ciascuno dei 19. In breve, tutti hanno trasgredito. Chi più chi meno. C’è anche un utile confronto con federazioni come gli USA ed il Canada in cui, rispettivamente, gli Stati e le Province hanno ampia libertà di manovra. Le sanzioni ci sono state anche quando le autorità politiche ed amministrative hanno concesso flessibilità. Le hanno impartite i mercati che, ammoniva Luigi Einaudi, si vendicano sempre.

Non si tratta di fare la voce più o meno grossa con l’UE ma di evitare ulteriori declassamenti dei nostri titoli.

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