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“L’algoritmo dell’uguaglianza. Intelligenza artificiale, diritti della persona, crescita delle imprese” si presenta come una raccolta di undici saggi scritti da me e da alcuni autorevoli rappresentanti delle istituzioni e del mondo produttivo e delle professioni: Antonio Albanese (Università Cattolica), Valentina Di Mattei, (Ospedale San Raffaele) Stefano Lucchini (Intesa Sanpaolo), Gianmatteo Manghi (Cisco) Sabina Nuti (Scuola superiore Sant’Anna), Antonio Patuelli (Abi), Layla Pavone (Comune di Milano), Paola Pietrafesa (Allianz Bank), Walter Riviera (Intel) e Alberto Tripi (Confindustria).

Tutti hanno svolto considerazioni originali sull’utilizzo dell’Intelligenza Artificiale (AI) come strumento di contrasto alle discriminazioni e volàno di una nuova coesione sociale globale.

La prefazione è firmata dalla senatrice a vita Liliana Segre, che sottolinea l’importanza di un impiego costruttivo e responsabile dell’AI per ostacolare la diffusione dell’odio e di ogni forma di discriminazione.

Il filo rosso attorno a cui si sviluppa il volume è la riconducibilità della trasformazione digitale in atto ai valori dell’uguaglianza, dell’inclusività, dell’accessibilità e della sostenibilità.

L’obiettivo principale è mostrare come gli algoritmi possano essere armonizzati con i diritti fondamentali dell’uomo, garantendo un uso della tecnologia che sia etico, inclusivo e rispettoso della dignità umana.

Per riuscire in questo intento, è necessario comprendere a fondo il funzionamento degli algoritmi, aprendo e scrutando attentamente il loro “scrigno virtuale”.

L’urgenza di questo approccio emerge con forza di fronte all’aumento dei discorsi d’odio in Rete, amplificati dalla velocità e dalla pervasività della diffusione di quei contenuti sulle piattaforme digitali.

Affrontare questo problema significa risalire alle sue radici in modo tale che il web non vada a sconvolgere le stesse democrazie.

Per garantire un utilizzo dell’AI che non sia discriminatorio e sia rispettoso delle norme, è fondamentale l’adozione di un approccio che protegga i dati personali e i diritti fondamentali dell’uomo, attraverso l’incorporazione dei principi etici nella progettazione degli algoritmi.

Nell’ambito delle attività della Commissione straordinaria anti-odio del Senato, della quale sono consulente, proprio su input della senatrice a vita Liliana Segre, che la presiede, abbiamo elaborato e proposto un emendamento al ddl sull’AI, che vincola i produttori di soluzioni di Intelligenza Artificiale ad addestrare gli algoritmi in funzione del contrasto alle discriminazioni e dell’affermazione del principio di uguaglianza in tutti gli ambiti.

Ciò che va evitato sono le visioni polarizzate poiché pericolosamente fuorvianti. Infatti, l’AI non deve essere né santificata né demonizzata ma sviluppata mettendo al centro la persona e il valore dell’uguaglianza in tutte le sue declinazioni.

Questo consentirà di prevenire fenomeni quali la discriminazione algoritmica, ovvero il rischio che i bias preesistenti nel mondo analogico vengano assorbiti e amplificati dai sistemi di Intelligenza Artificiale.

Poiché questa tecnologia tende a riprodurre il passato attraverso modelli statistici, è necessario intervenire affinché non perpetui violazioni del principio di uguaglianza.

L’Intelligenza Artificiale, dunque, deve caratterizzarsi come uno strumento di valorizzazione delle diversità, in modo da garantire lo svolgimento della personalità degli individui e la tutela della loro identità.

Essa deve funzionare “con” gli esseri umani, potenziando le loro attività e consentendo di affrontare le sfide complesse poste dalla rivoluzione tecnologica preservando gli equilibri sociali e facendo crescere lo spirito democratico nella vita degli Stati.

Quando l'AI diventa strumento di coesione. Scrive Razzante

Il filo rosso attorno a cui si sviluppa il volume “L’algoritmo dell’uguaglianza” è la riconducibilità della trasformazione digitale in atto ai valori dell’uguaglianza, dell’inclusività, dell’accessibilità e della sostenibilità. L’obiettivo è mostrare come gli algoritmi possano essere armonizzati con i diritti fondamentali dell’uomo, garantendo un uso della tecnologia che sia etico, inclusivo e rispettoso della dignità umana. Scrive Ruben Razzante, docente di diritto dell’informazione alla Lumsa e alla Cattolica

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