Skip to main content

Johnny Lo Zingaro o il “bandito del terzo turno”, quello delle rapine di notte. E’ questo anche l’altro soprannome sconosciuto ai più con il quale l’ergastolano Giuseppe Mastini, evaso lo scorso 30 giugno dal carcere di Fossano nel cuneese, è noto dal 1975 a questure e commissariati di Roma. Le ultime notizie lo danno a Genova dove sarebbe arrivato a bordo di un taxi per poi volatilizzarsi. Il tassista lo definisce una brava persona. Non è la prima volta che Lo Zingaro evade dal carcere sin da quando, accusato dell’omicidio di un autista dell’Atac a soli 14 anni riesce – per uno dei permessi premio a lui accordati – a sparire per alcuni giorni insieme al compagno di reati di allora. Ma è a 11 anni che il ragazzino “aggressivo e violento senza motivi apparenti” – come lo descrivevano gli educatori del carcere di Casal del Marmo – comincia a farsi strada nel mondo del crimine: quando è protagonista di un conflitto a fuoco durante un posto di blocco mentre guida un’auto rubata. E’ da lì che Johnny inizia a indossare un plantare che dopo molti anni potrebbe definitivamente coinvolgerlo in uno degli omicidi più gravi e irrisolti del ‘900 quello dello scrittore Pier Paolo Pasolini, le cui indagini sono state archiviate ormai due anni fa. E invece no. Vedremo poi come. Si occuperà di lui anche il magistrato delle trame rosse e nere Carlo Mastelloni nel processo alla “banda dei giostrai”, che per una decina di anni accumulavano sequestri e rapine nel Veneto. Sarà proprio lo zio Aldo, anche lui parte della banda, a raccontare in carcere ad altri collaboratori di giustizia del ruolo operativo del nipote nel massacro allo scrittore.

QUALE IL VERO RUOLO DI JOHNNY LO ZINGARO

Non ci sono soltanto borgata e malavita a raccontare del suo ruolo di informatore o spia già da ragazzino, in cambio di un’auto rubata o di “roba da trafficare”, non è soltanto l’ex questore della squadra mobile di Via San Vitale a Roma Antonio Del Greco a riferire in un libro (Città a mano armata, Lugli-Del Greco, Newton & Compton) che, proprio il giorno del suo secondo omicidio nel marzo del 1987, quando lo arrestano nelle campagne romane, sulla strada verso la questura i poliziotti vengono fermati da una sorta di blitz dei carabinieri in motocicletta che gli intimano di consegnarlo. Del Greco racconta dello spavento provato da quella strana incursione al netto delle lotte tra “cugini” dell’ordine più viva al tempo. Non è “solo” questo insomma. Le testimonianze sono arrivate anche a chi scrive quando rinchiuso nel carcere di Biella fra il 2000 e il 2002 viene descritto da un ex militante dell’estrema sinistra rivoluzionaria, Paolo Dorigo, come un detenuto “comune” inviato nelle carceri di tipo politico a eseguire controlli nei momenti di condivisione d’area, anche nei casi in cui quei momenti non dovevano essere permessi (cfr. Viaggio nella notte dell’idroscalo, Zecchi-De Matteo, I Quaderni de L’Ora, 2012). Una sorta di collaboratore non ufficiale dunque? E oggi?

JOHNNY LO ZINGARO E IL CASO PASOLINI 1987-2015

Proprio nel 1987, dopo 8 anni dall’ultima sentenza della Cassazione che aveva riconosciuto come unico colpevole per l’omicidio di Pier Paolo Pasolini (ucciso fra la notte del 1 e 2 novembre 1975) Giuseppe Pelosi allora minorenne, l’avvocato Nino Marazzita – al tempo del processo, legale di parte civile insieme a Guido Calvi – richiede una nuova apertura indagini il cui oggetto è proprio Johnny Lo Zingaro. Ma Johnny entra nel caso Pasolini già nell’inchiesta giornalistica de L’Europeo, quella della Fallaci per intenderci, quando Salvatore Giannella segue le sue tracce presso un circolo monarchico unitario del Tiburtino talvolta utilizzato come bisca, e lo scrive nel febbraio del ’76. E’ lì che il famoso anello di Pelosi, gettato vicino al corpo dello scrittore, comincia ad avere un posto insieme a Johnny. Marazzita prende le mosse proprio da quell’elemento, anche in virtù della cartolina inviata da Pelosi dal carcere che salutava “Johnny”. Sarà il sostituto procuratore generale Liistro a inviare una comunicazione giudiziaria a Mastini, un passo obbligato essendoci una denuncia circostanziata con elementi poi di conoscenza fra i due, Pelosi e Mastini, antecedenti l’omicidio avvenuta in carcere a Casal del Marmo. Sia Pelosi sia Mastini negheranno sempre fino alla fine il coinvolgimento del secondo. Anche nelle versioni più volte cambiate sul fatto, l’ex Pino la Rana, come era noto alle cronache del tempo, manterrà questo tra i pochi punti fermi delle sue dichiarazioni: l’innocenza di Johnny e in un primo momento la conoscenza solo posteriore all’omicidio. L’indagine dura il tempo di un interrogatorio a Mastini per poi cssere archiviata.

Si riapre nel 1995, sempre per iniziativa di Marazzita, una nuova inchiesta sull’omicidio del poeta, con un nuovo testimone: l’ex appuntato dei carabinieri Renzo Sansone e ulteriori richieste di indagini su Mastini. Nel corso di quella indagine anch’essa breve, tre collaboratori di giustizia riferiranno delle confidenze ricevute da Lo Zingaro in merito all’omicidio, e nel farlo useranno la parola “commissione”. Omicidio commissionato. Decisivi, tra i motivi che indussero ad archiviare l’inchiesta, furono una nota della Questura di Roma del 1995 che negava il rapporto di conoscenza tra Mastini e Pelosi, e i cartellini giudiziari di due dei collaboratori che avevano rivelato le confidenze del Mastini. Cartellini che anche negavano il periodo di comune detenzione tra i due collaboratori. Fatti nuovamente ripercorsi durante la terza richiesta di apertura indagini, sempre da parte dell’avvocato Marazzita, avvenuta nel 2005, con i due, Mastini e Pelosi, a negare le circostanze. E nuovamente quegli atti verranno presi per certi.

Nell’ultima serie di indagini preliminari archiviate nel 2015, la cui richiesta di apertura è provenuta nel 2009 dall’avvocato Stefano Maccioni e dalla criminologa Simona Ruffini, per conto di un familiare lontano dalla cerchia ufficiale, queste circostanze verranno completamente ribaltate dai nuovi inquirenti. I collaboratori non mentivano e Marazzita aveva ragione: infatti entrambi i tipi di detenzione vengono confermati. Durante questi 5 lunghi anni di investigazioni, caratterizzate in buona parte da approfondimenti importanti mai svolti prima ma non scevri da incongruenze e stranezze anche qui, il DNA di Johnny Lo Zingaro viene prelevato per riscontrarne la corrispondenza con i reperti di quella notte, in particolar modo con il famoso plantare. I risultati non confermeranno la presenza del Dna di Mastini (pur riscontrando la presenza invece di un quarto profilo genetico ignoto dei cinque rinvenuti sui reperti tutti) ma resta una modalità, quella utilizzata per estrapolare il suo profilo, quanto meno opinabile.

Un mozzicone di sigaretta viene prelevato nel settembre del 2011 ad Alessandria dove allora era detenuto Johnny, all’interno di un ufficio durante un colloquio con un sottoufficiale. Un secondo ufficiale attesterà infatti che alla fine del colloquio tra i due nel posacenere rimarrà un unico mozzicone di sigaretta… Tanti anni di detenzione, con tutti i dubbi che aleggiano da sempre sul ruolo reale di Mastini, e l’unica modalità trovata per accertare la corrispondenza dei profili è stata quella descritta, possibilmente soggetta a inquinamenti. Tra quanti lo descrivono, per diretta conoscenza, come violento teppista capace di molte cose c’è anche Pierluigi Concutelli, ex comandante militare del movimento politico Ordine Nuovo di estrema destra, che intervistato da chi scrive nel 2014 proprio sul massacro a Pasolini, confermò questo ritratto (cfr. Fatto Quotidiano 9 dicembre 2014).

A ottobre del 2015 l’unica erede ufficiale dello scrittore, la filologa Graziella Chiarcossi, afferma dopo 40 anni in una intervista a La Repubblica, che la macchina del poeta era stata individuata in un luogo del tutto opposto a quello della Cristoforo Colombo a sud di Roma dove fu fermato quella notte Pelosi in teoria a bordo dell’Alfa GT 2000 di Pasolini: la Tiburtina. Dove Mastini insieme alla famiglia di giostrai di origine sinti abitava. La avvisò quella notte la polizia, ma le indagini erano ormai chiuse. Di tutte le notizie che riguardano il caso Pasolini questa è stata l’unica il cui silenzio è rimasto assordante.

12239529_1482844182046037_90801665204634598_n fullsizeoutput_3c fullsizeoutput_c1

Johnny Lo Zingaro, cosa si sa davvero del suo coinvolgimento nel caso Pasolini

Di Simona Zecchi

Johnny Lo Zingaro o il "bandito del terzo turno", quello delle rapine di notte. E' questo anche l'altro soprannome sconosciuto ai più con il quale l'ergastolano Giuseppe Mastini, evaso lo scorso 30 giugno dal carcere di Fossano nel cuneese, è noto dal 1975 a questure e commissariati di Roma. Le ultime notizie lo danno a Genova dove sarebbe arrivato a…

fedeli

Perché l'Intelligence è materia anche da università

A Udine, su iniziativa della Conferenza dei Rettori delle Università Italiane e della locale Università guidata dal Rettore Alberto De Toni, si è svolto il "G7 University" che ha avuto come motto "Education for all" e che ha visto la partecipazione di oltre cento rettori di decine di Paesi del mondo e la presenza del Ministro Valeria Fedeli. All'iniziativa ha…

Festival dell'altro mondo

Arriva l’estate ed è tempo di eventi. Dal Piemonte alla Sicilia, è un tutto un brulicare di date. L’opera, i concerti pop e rock delle principali star italiane e straniere si apprestano a riempire le piazze di tutta Italia. Ed è psicosi. Dopo i fatti di Torino (millecinquecento feriti e un morto) – dove il popolo juventino aspetta ancora la…

Ecco cosa si è detto di Ulivo e Prodi nel raduno di Insieme del leader riluttante Pisapia

Giuliano Pisapia chiama, i nostalgici dell’Ulivo rispondono. In piazza santi apostoli, a Roma, dove tutto ebbe inizio vent’anni fa, si è riunito il mondo di sinistra che non si riconosce nella figura di Matteo Renzi. Moltissime le bandiere di Articolo 1-Movimento democratico e progressista, quelle dei Verdi, di Parte Civile, l’associazione nata un anno fa per sostenere l’ex sindaco Ignazio…

Ecco come il Qatar a Roma attacca Emirati Arabi e Arabia Saudita

Di Maria Scopece

"Il Qatar non ha alcuna intenzione di rispettare le 13 richieste avanzate da Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti, Egitto e Bahrain perché sono richieste contrarie al diritto internazionale e che minano alla sovranità dello Stato del Qatar". E' perentorio il ministro degli esteri del Qatar Mohammed bin Abdulrahman al Thani (nella foto) durante la conferenza stampa tenuta ieri a Roma nel…

Vi racconto le ultime baruffe fra Massimo D'Alema e Matteo Renzi

Non so se alla sua veneranda età, ma con lo scrupolo professionale che lodevolmente continua a distinguerlo, Eugenio Scalfari sia andato pure lui nella piazza romana dei Santi Apostoli a curiosare fra tutte quelle bandiere rosse al vento per festeggiare la “nuova sinistra” promessa dall’ex sindaco di Milano Giuliano Pisapia. Tante bandiere rosse, che qualcuno sul palco ha invitato il…

Tutti i borbottii anti Matteo Renzi nella carovana Insieme di Giuliano Pisapia

Insieme. O meglio, tutti insieme contro Matteo Renzi. La storica piazza Santi Apostoli ha fatto da sfondo al coronamento di un “complotto antirenziano” costruito anni fa da Massimo D’Alema, portato avanti da Pierluigi Bersani e che ora si concretizzerà “insieme” a Giuliano Pisapia. L’ex sindaco di Milano è riuscito a riportare in piazza non soltanto i nostalgici dell’Ulivo ma anche…

MATTEO RENZI, germanellum

Pensieri scomodi

Circoli viziosi Matteo Renzi riparte dai circoli del Pd: "Prendi un circolo, accarezzalo e diventerà vizioso (Eugène Ionesco)". **** Je suis marxiste, tendence Groucho "La politica [in Italia] è l'arte di cercare guai, di trovarli sempre e dovunque, di farne una diagnosi inesatta e di applicare i rimedi sbagliati". **** Migranti Sarò un cinicone, ma a me quel "voi italiani…

Ecco come Ibm chiede a Trump di non azzoppare l'intelligenza artificiale

Con Donald Trump alla guida degli Stati Uniti e deciso a difendere i posti di lavoro nelle fabbriche, Ibm si preoccupa di rassicurare il presidente sulle sue attività nel settore dell'intelligenza artificiale (AI) incarnate dal super-computer Watson: non c'è il rischio di distruggere posti di lavoro, garantisce Big Blue; anzi, le macchine intelligenti daranno nuovo impulso all'economia americana. LA LETTERA DI IBM…

cina xi jinping

Perché il caos mediorientale non bloccherà la Via della Seta

Di Francesco Bechis

Filippo Fasulo è coordinatore scientifico del Centro studi per l’impresa della Fondazione Italia Cina (CeSIF) e ricercatore presso l’Istituto per gli studi di politica internazionale (Ispi). Per l’Ispi di recente ha collaborato a un rapporto sul One belt one road, il progetto cinese per ricostruire i fasti dell’antica Via della seta attraverso una mastodontica rete di infrastrutture e investimenti in…

×

Iscriviti alla newsletter