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La maxi multa che la Commissione europea ha inflitto a Google avvantaggerà Amazon ed eBay. Questa è una delle tesi sostenute da Mountain View, all’indomani della stangata da 2,42 miliardi di euro ricevuta da Bruxelles per abuso di posizione dominante.

LA MULTA SUL CASO GOOGLE SHOPPING

La stangata della Commissione europea mira a sanzionare la policy del servizio di Google shopping. In sintesi, questa è la contestazione: Google mostra agli utenti, in cima alla pagina dei risultati del motore di ricerca, immagini del prodotto cercato e link al sito dove comprarlo: i cosiddetti AdWords. È il sistema di confronto prezzi di Google che, forte di una posizione dominante dovuta alla popolarità del motore di ricerca, secondo Bruxelles danneggerebbe le aziende che forniscono un servizio analogo di comparazione prezzi, compromettendo la concorrenza provocando svantaggi anche ai consumatori. Il servizio AdWords è nato nel 2000, ma all’inizio era soltanto testuale. Le immagini dei prodotti e i prezzi sono stati inseriti successivamente, dopodiché i competitor hanno cominciato a protestare e nel 2010 è scoppiato il caso. Alcuni siti di comparazione prezzi hanno accusato Google di aver provocato una riduzione di traffico verso le loro piattaforme, accuse che hanno portato alle verifiche della Commissione e poi alla multa.

MOUNTAIN VIEW: NOI SIAMO CON GLI UTENTI

Per confutare le accuse, il colosso della Silicon Valley ha pubblicato un comunicato in cui riassume la sua posizione. Secondo Mountain View, i contestati cambiamenti agli AdWords sarebbero frutto delle indicazioni degli utenti e sarebbero finalizzati a garantire un servizio migliore. “Google mostra gli ads in risposta a meno di un terzo delle queries (cioè delle ricerche, ndr) rilevanti – scrive l’azienda nel comunicato – Non abbiamo perseguito una strategia volta semplicemente a massimizzare il numero dei click sui singoli ads ma piuttosto ad assicurare che queste siano rilevanti per gli utenti ed efficaci per gli inserzionisti”. Insomma, l’obiettivo sarebbe favorire l’utente.

E poi, si chiede Google, come mai prima del 2010 nessuno ha contestato gli ads che comparivano “negli stessi spazi e con lo stesso formato”? Peraltro, secondo Google, i suoi ads non sarebbero neppure in competizione con i siti di confronto prezzi. “Cliccandoci sopra si approda direttamente ai siti web dei rivenditori. Non vi è pertanto alcuna intenzione di favorire qualcuno, si tratta semplicemente di una versione più evoluta dei nostri ads”.

LA CRISI DEI SITI DI COMPARAZIONE PREZZI

Secondo Google il declino dei siti dedicati alla comparazione prezzi è dovuto “alla crescita di siti come Amazon e di eBay, che offrono, oltre alla possibilità di comparare i prezzi, molti altri servizi”, fra qui l’acquisto diretto e la spedizione. Prova ne sarebbe che “i click di Google verso i siti di comparazione dei prezzi sono aumentati nei paesi europei in cui non vi è un dominio di Amazon, mentre sono diminuiti in quelli in cui Amazon ha un sito locale”. In altre parole Google sostiene che è l’abitudine degli utenti di accedere direttamente ad Amazon, bypassando Google stessa, ad aver tagliato fuori dal mercato gli i siti di comparazione prezzi.

Mountain View, inoltre, mette in dubbio le stesse indagini della Commissione, che ha monitorato cinque siti di confronto prezzi per misurare la riduzione del traffico proveniente da Google. Secondo Google i siti che hanno subito una riduzione di traffico “non sono rappresentativi”. “In realtà molti di questi siti (nel senso “molti altri”, ndr) hanno sperimentato un incremento di traffico da Google, e circa 300 nuovi siti di comparazione sono sorti nei paesi Ue. Investimenti del genere non sono affatto tipici di mercati monopolitici, dove le start-up non hanno alcuna opportunità di competere con le aziende già avviate”. A detta di Google, la ragione della crisi dei competitor sarebbe dovuta a “sistematici fallimenti in tema di investimenti e innovazione del prodotto”, per esempio “l’incapacità di sviluppare una interfaccia mobile o un brand di successo”.

IL CASO IDEALO

Fonti di Google citano poi il caso di un sito di confronto prezzi, Idealo in Germania. Una piattaforma che ha inserito nuove funzioni, come ad esempio la possibilità di comprare i prodotti. In sostanza, secondo ambienti di Mountain View, Idealo ha successo perché ha imitato Amazon sia nei servizi che nel layout delle pagine. Per Google ciò è importante perché costituirebbe la prova che Amazon ed eBay hanno avuto sui siti di comparazione prezzi un impatto superiore a quello avuto da Google.

Mountain View rimarca infine che, anche qualora la società decidesse di tornare alle vecchie shopping ads senza immagini né prezzi, i siti di confronto prezzi “difficilmente vedranno aumentare il loro traffico. Non diventerebbero competitor più efficienti e attrattivi solo perché Google ‘porta le lancette indietro’”. Al contrario, ad essere danneggiati sarebbero gli utenti di Google. “Vedranno ads meno rilevanti ed efficaci ma questo non li incoraggerà a utilizzare siti inefficienti. Piuttosto continueranno a migrare verso Amazon o eBay. Allo stesso tempo i siti commerciali europei perderanno l’agibilità di entrare in contatto con gli utenti attraverso gli shopping ads e dovranno rivolgersi a forme meno efficaci di promozione per i loro prodotti”.

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