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Nella serata di venerdì jet dell’aviazione egiziana hanno bombardato per almeno sei volte alcune zone in Libia. Secondo il presidente Abdel Fattah al Sisi sono stati colpiti dei campi di addestramento dei “terroristi”, come rappresaglia per l’attentato contro i cristiani copti avvenuto duecento chilometri a sud del Cairo poche ore prima – quando un gruppo di uomini armati aveva aperto il fuoco contro alcuni veicoli di fedeli diretti in un santuario, uccidendo 28 persone.

Sull’azione egiziana ci sono alcune lacune: non è stato definito il luogo colpito, ma dovrebbe essere l’area di Derna; non è chiaro il gruppo sotto le bombe egiziane, ma potrebbero essere, visto il luogo, milizie filo-qaediste; non sono chiare e definite le connessioni con l’attacco ai copti e i campi bombardati.

Derna è stata la città dove lo Stato islamico libico ha attecchito inizialmente, nel 2014, e dove si muoveva il messo baghdadista Abu Nabil al Anbari, l’importante capo mandato a creare il Califfato in Libia. Abu Nabil, noto sul suolo libico come Abul Mughirah al Qahtani, è stato ucciso da un bombardamento americano proprio a Derna, la sera degli attacchi al Bataclan di Parigi. Dal giugno del 2016 gli uomini del Califfo non sono più a Derna, perché i gruppi locali li hanno scacciati brutalmente. Nel frattempo un’altra città è diventata la “fiorente” (definizione del New York Times) capitale del Califfato in Libia: Sirte, ma anche da lì i baghdadisti sono stati scacciati a fine 2016 dalle campagne ibride occidentali/misuratini.

Attualmente lo Stato islamico in Libia vive nella clandestinità: cellule diffuse nelle fasce meridionali, senza legge, del paese. Ma questo non significa che la loro pericolosità sia diminuita: anzi, come insegnano le connessioni con l’attentato di Manchester, è possibile che il nuovo disegno baghdadista libico, abbandonata la dimensione statuale, sia quello terroristico. Attività che per il Califfato è un’operazione di politica estera.

Nel pomeriggio di sabato lo Stato islamico ha rivendicato tramite la sedicente agenzia Amaq l’attacco contro i copti egiziani.

C’erano molte analogie con altri pezzi (gli attacchi alle chiese la domenica delle Palme, per esempio) della campagna anti-cristiana messa in piedi in Egitto che, come spiega l’esperto del Foglio Daniele Raineri, è considerata un metodo per esacerbare le divisioni interne e creare caos in cui incunearsi dagli strateghi califfali, che sfruttano l’ottima presenza territoriale della Provincia del Sinai dello Stato islamico.

Raineri aveva già informazioni in più sull’accaduto: secondo un suo articolo pubblicato oggi (dunque impaginato ieri, prima della rivendicazione), il commando dell’IS che ha compiuto l’attacco avrebbe anche filmato la scena sulla linea di quanto fatto a febbraio del 2015, quando i media dello Stato islamico fecero uscire un video in stile cinematografico girato sulle spiagge di Sirte in cui si mostrava l’esecuzione di 21 prigionieri copti egiziani – anche in quell’occasione cacciabombardieri egiziani colpirono a Derna per rappresaglia. Il video ripreso venerdì servirà per un altro messaggio propagandistico?

Perché adesso colpire Derna però? Probabilmente s’è trattato di un’operazione di pura propaganda, con cui il governo del Cairo s’è voluto mostrare pronto alla risposta davanti a un attentato odioso (sono stati giustiziati anche bambini) che ha coperto le prime pagine dei media mondiali. A Derna le forze fedeli al generale Khalifa Haftar, l’opposizione al programma di riunificazione onusiano, stanno da tempo combattendo contro il Consiglio della Shura locale, che raccoglie quei gruppi islamisti che hanno scacciato l’IS. Haftar è da sempre sostenuto dall’Egitto: il Cairo potrebbe aver usato Derna come comfort zone a cui agganciare la rappresaglia. Haftar e Sisi chiamano tutti i gruppi di opposizione “terroristi”.

 

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