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Finalmente, dopo tanto penare, abbiamo sotto gli occhi il bilancio del Comune di Roma. Ci sono voluti più di trenta giorni per aver contezza di quel “risultato storico”, come una Virginia Raggi, sognante, aveva detto il giorno della sua approvazione. Tempo indispensabile per organizzare una piccola campagna mediatica in cui la stessa sindaca affermava: “Noi la visione ce l’abbiamo ed è molto chiara. Roma riparte, lo fa tramite il ripristino della legalità, i tagli agli sprechi, la cultura, l’innovazione, il rilancio del sociale, gli investimenti sui trasporti, l’attenzione all’ambiente.” E subito Beppe Grillo aveva aumentato la dose, parlando dei suoi capitani “meravigliosi” che, di fronte a tante difficoltà ereditate, avevano avuto l’ardire del “grande cambiamento”.  Balle. Quell’oro altro non è che piombo volgare, neppure tanto mascherato dalle cifre, che danno effettiva contezza degli sforzi (ben pochi) compiuti.

Lo scorso 27 febbraio la giunta ha approvato il bilancio di Milano. I dettagli ancora non si conoscono. Da quanto è stato comunicato gli impegni ammonterebbero a 5,8 miliardi. Oltre 200 milioni in più rispetto a Roma. Che ha previsto di stanziare, per il 2017, 5,7 miliardi. Torna pertanto il problema storico della Capitale. Come si fa, infatti, a gestire una città che è otto volte Milano con un budget così limitato? Come si potranno curare gli oltre 8 mia chilometri di strade, contro i mille e trecento del capoluogo meneghino? I grandi parchi che sono il polmone verde di Roma e che Milano non ha. Senza contare le bellezze architettoniche: quei grandi musei a cielo aperto che fanno di Roma un luogo unico al mondo? Resta quindi il grande mistero che da anni, sta segnando il suo progressivo degrado.

Beppe Grillo, qualche giorno fa, utilizzando i dati che, seppure in via indiretta gli avevamo fornito, sembrava aver capito il problema. Aveva citato questi stessi stridenti contrasti in un video pubblicato sul suo blog. Ancora facilmente rintracciabile. Aveva ricordato a tutti, ma non a Virginia Raggi evidentemente, che il problema era quello di guardare a Roma con gli occhi delle altre Capitali europee, per andare anche oltre l’orizzonte legislativo che aveva infiocchettato “Roma Capitale”. Peccato che di tutto questo non vi sia traccia nei dati di bilancio. Che segnano, al contrario, una profonda regressione. Prendiamo gli investimenti, ossia la spesa in conto capitale. Virginia Raggi aveva parlato, con enfasi, di uno stanziamento pari a 500 milioni. Dato che, in effetti, si ritrova nel prospetto contabile. Ma Milano indirizza verso un simile obiettivo ben 2,5 miliardi. Che sono 5 volte tanto. Mentre lo sforzo compiuto dalla giunta grillina è pari a meno della metà degli stanziamenti previsti dal Prefetto Tronca (1,3 miliardi) ed addirittura un terzo di quelli decisi da Ignazio Marino, il sindaco – marziano della Capitale, nel 2015.

Ecco quindi la regressione di cui si parlava in precedenza. Forse Roma non ha bisogno di investire? Deve utilizzare ben l’83 per cento della sua dotazione finanziaria per sostenere la sua spesa corrente, quando Milano si ferma al 56 per cento? Queste sono le domande che restano senza risposta. E non per colpa del giovane Mazzillo, l’assessore al bilancio, che ha fatto quello che poteva fare. Al punto da ipotizzare una nuova stangata fiscale a carico dei poveri romani, visto che gli introiti tributari sembrano destinati a raddoppiare, passando da 2,9 a quasi 5 miliardi. Il che, naturalmente, sarà tutto da vedere, considerata la crisi di Aequaroma: l’agenzia del Comune preposta al ruolo di esattore.

La verità è che Roma non si governa dal Campidoglio. O meglio: solo dal Campidoglio. Occorre un forte coinvolgimento del Governo centrale, come avviene in tutte le grandi capitali europee. Ma per ottenere un qualche risultato è necessario avere un’idea della politica diversa dai grillini. La tesi “meglio soli che male accompagnati” è la negazione di ogni razionalità. Riduce l’arte del possibile – questa è l’essenza della politica – a pura affabulazione inconcludente. E purtroppo i risultati si vedono. A danno dei cittadini: come reciterebbe il mantra dei cinquestellati. Lo si è visto per la candidatura alle Olimpiadi. Lo si scopre, giorno dopo giorno, nelle incertezze relative alla costruzione dello Stadio per la Roma. Se non si è capaci di costruire solide alleanze intorno ad un progetto che abbia a cuore le sorti della città, è difficile andare da qualsiasi parte.

Dubitiamo che i grillini siano capaci di questa piccola rivoluzione copernicana. I leader del movimento pensano ad altro. Puntano al governo centrale e giocano fino in fondo la carta della non contaminazione. La sorte di Roma è quindi considerata solo un inevitabile danno collaterale. Si può reagire? È l’opposizione, ancora silente, che deve far sentire la propria voce. Spetta a queste forze politiche indicare la via dell’effettivo riscatto, avanzando proposte programmatiche serie e su queste costruire la necessaria alleanza contro il degrado. Speriamo che Roberto Giachetti, sebbene in “tutt’altre faccende affaccendato”, ci possa ascoltare. Ci rivolgiamo a lui come leader di quell’opposizione che ha partecipato al ballottaggio. E per la stima personale che riponiamo nei suoi confronti.

Liberi quel suo spirito radicale, che ogni tanto riemerge prepotente. Dimostri di essere realmente transnazionale. Non gli chiediamo di varcare i confini nazionali, ma di chiamare a raccolta gli uomini e le donne di buona volontà, che vogliono vivere, con serenità ed orgoglio, nella città più bella del Mondo. La risposta non mancherà: al di là delle visioni politiche e delle insensate logiche di appartenenza. Che valgono poco quando in gioco sono problemi così rilevanti.

Virginia Raggi

Vi racconto la stangata fiscale che Virginia Raggi prepara a Roma

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