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Furbetto il finanziere bretone, Vincent Bolloré, con la sua Vivendi. Prima fa credere che vuole un accordo duraturo su Mediaset Premium. Poi molla tutto, facendo imbestialire il gruppo del Biscione e mandando in picchiata i titoli della scuderia berlusconiana in Borsa. Quindi, zitto zitto, dopo un po’ compra azioni Mediaset mentre politica e finanza sono distratti e in ansia per l’esito del referendum costituzionale del 4 dicembre. E quatto quatto, senza avvisare nessuno, né prede societarie né palazzi della politica, arriva fino al 12% del capitale di Mediaset. Risultato: il titolo torna di fatto ai valori del giorno della grande rottura. E non è finita: in serata Vivendi ha raggiunto quota 20% di Mediaset.

Furbo e scaltro il finanziere. D’altronde, pure in Telecom diceva di non voler comandare. Poi si è visto come è andata a finire. Rottamato il capo azienda Marco Patuano, ha puntato tutto su un amministratore già presente nel cda di Telecom, lo scalpitante Flavio Cattaneo, fama di manager energico, gran tagliatore di teste e costi, che di solito fa eccitare i corsi dei titoli delle aziende che guida.

Ma ecco i fatti. Ieri pomeriggio, a Borsa chiusa e a governo ancora in formazione, il colosso dei media Vivendi, braccio armato di Bollorè per le sue operazioni in Italia, ha annunciato di essere salito al 12,3% del Biscione. Un balzo deciso dopo l’annuncio del giorno precedente di una quota del 3,01% in Mediaset. Ma l’obiettivo è il 20% di possesso azionario a cui Vivendi ha già detto lunedì di voler puntare. Con un quinto del capitale in mano i francesi imbriglierebbero il Biscione: più difficile per Berlusconi cercare investitori alternativi; più probabile una sua resa alle richieste degli scalatori, dice Repubblica.

Non si è fatta attendere la reazione del gruppo italiano: ieri sera, con una sorta di arrocco finanziario, la Fininvest annuncia di avere in mano, tra acquisti effettuati e opzioni che si realizzeranno già oggi, un altro 3,5% della tv del Biscione. In tutto – spiega l’azienda – “la partecipazione di Fininvest in Mediaset raggiungerà il 38,266% dell’intero capitale sociale ed il 39,775% del capitale avente diritto di voto”.

Fininvest, che ormai ha quasi il 40% di Mediaset, si sente tanto fiduciosa quanto irritata dall’arroganza di un azionista che ad aprile ha firmato un contratto per rilevare Mediaset Premium e a luglio l’ha stracciato (dando la colpa a Cologno Monzese). Così ieri ha sporto denuncia alla Procura di Milano e alla Consob contro Vivendi per manipolazione di mercato.

Furbetto, scaltro e forse lungimirante il finanziere francese. Si parla in ambienti finanziari di progetti non ancora esplicitati ma impliciti: una convergenza (fusione?, e di che tipo?) fra chi ha i contenuti (Mediaset) e chi può veicolarli (Vivendi e Telecom). Ma c’è solo questa mira industriale nei piani di Bolloré? O c’è uno spettro più ampio che include anche la finanza con Mediobanca (dove Bolloré ha un piede) e tramite Piazzetta Cuccia nelle Assicurazioni Generali?

Di certo si scorge un certo arrembaggio – chissà se e come concertato – da parte dei francesi che fa preoccupare pure il Corriere della Sera con un commento (peccato che i giornaloni non abbiano mosso un ciglio quando i cinesi di State Grid hanno comprato una bella fetta di Cdp Reti, ossia di Terna e Snam). Casi ed esempi non mancano. Dall’acquisto da parte del gruppo francese Amundi della società di gestione del risparmio Pioneer venduta da Unicredit (qui l’approfondimento di Formiche.net sui progetti di Amundi), alle voglie francesi di Axa sul Leone di Trieste e alle aspirazioni, chissà, di un altro colosso francese come Societé Generale su Unicredit (anche se ieri il capo azienda di Unicredit, il francese Jean-Pierre Mustier, ha detto che sa nulla).

Ne vedremo delle belle. O delle brutte, dipende dai punti di vista.

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