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Era, al termine di una lunga giornata, l’intervento più atteso. Quello del ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, che ha varcato la soglia della sala del Mappamondo della Camera poco dopo del 20.30, per essere ascoltato dai deputati e senatori delle commissioni Bilancio. Prima di Giorgetti, a dire la loro sul Documento di economia e finanza, erano stati i sindacati, Bankitalia, l’Ufficio parlamentare di Bilancio, la Corte dei conti, Confindustria e molti altre istituzioni e rappresentanze. Tutti più o meno concordi su tre aspetti.

Primo, le stime sul Pil contenute nel documento (1% di crescita nel 2024), come ormai appurato nella versione senza numeri programmatici, ovvero senza indicare l’impatto delle misure che l’esecutivo vuole adottare sulle grandezze di finanza pubblica, sono tutto sommato verosimili. Secondo, il Superbonus ha messo a repentaglio come poche volte nella storia la tenuta dei conti pubblici e, terzo, un rifinanziamento del taglio del cuneo fiscale, qui è Bankitalia ad aver affondato la lama, non è un’idea troppo saggia. Se poi ci si aggiungono le valutazioni dell’Osservatorio sui conti pubblici, per il quale servono non meno di 30 miliardi per evitare di alzare l’asticella del debito (nel 2024 il governo punta a un deficit del 4,3%), il quadro è completo.

Ma Giorgetti non si è sbilanciato, ben consapevole che con il Patto di stabilità alle porte, c’è poco spazio per le alchimie e i giochi di prestigio. Ma anche che ingranare una crescita più tonica una volta messo a terra tutto il Pnrr è possibile. “Le prospettive per il prossimo triennio in Italia restituiscono il quadro di un’economia resiliente”, ha premesso Giorgetti. “La previsione tendenziale di crescita del Pil in termini reali per il 2024 si attesta all’1%, con una marginale revisione al ribasso rispetto allo scenario programmatico della Nadef (1,2%, ndr), legata ad una scelta prudenziale che tiene conto dell’accresciuta incertezza del contesto internazionale”.

Dunque, i target di crescita indicati nel Def sono verosimili e non frutto dell’immaginazione o di un eccesso di ottimismo. Anche perché il contesto geopolitico è più che mai fluido. “L’incertezza e la volatilità che da tempo caratterizzano lo scenario internazionale non accennano a diminuire. Le tensioni geopolitiche che si vanno accumulando pongono, infatti, rischi elevati per le prospettive di crescita di medio periodo. In questo contesto, ogni esercizio di previsione, per quanto accurato e basato su ipotesi improntate alla massima cautela, potrebbe pertanto essere superato dagli eventi”. ha precisato Giorgetti.

Il vero problema, però, rimane il deficit, che l’Istat ha aggiornato, per il 2023, al 7,4%. Un macigno che però a detta del ministro non impatterà sul Def. Se infatti la crescita all’1% è tutto sommato realistica, sui conti occorrerà procedere un passo alla volta. L’aggiustamento dei conti pubblici “è pienamente alla nostra portata. La riduzione del rapporto tra il debito pubblico e il Pil nel medio periodo è un obiettivo fondamentale, che deve essere realizzata in modo da consentire che l’Italia possa continuare a produrre ricchezza in un contesto che permetta, al contempo, di salvaguardare l’inclusione sociale. Il consolidamento della finanza pubblica rappresenta una sfida che il governo e il Parlamento dovranno affrontare insieme, una sfida complessa, anche per via del pesante lascito di incentivi fiscali eccessivamente generosi, distorsivi e regressivi, sui quali siamo intervenuti con determinazione”.

E qui il riferimento è ovviamente al Superbonus. Con lo stop decretato dal decreto omonimo, il governo ha di fatto posto fine all’esperienza nefasta della madre di tutte le agevolazioni edilizie. Una misura “nata male dall’inizio, senza un monitoraggio preventivo. I tentativi per porre rimedio alla situazione che sono stati approvati dal governo hanno limitato i danni, altrimenti avremmo raccontato una storia incredibile, che ha suscitato ilarità in tutto il mondo. Nei prossimi anni a livello di cassa i crediti che saranno fruiti genereranno minori entrate che influenzeranno il debito”. Giorgetti ha sottolineato che gli ultimi dati mostrano come “il Superbonus si sia mangiato un anno di aumento della spesa sanitaria, 4 miliardi in più tra la presentazione del Def e la definitiva contabilizzazione dell’Istat”, poc’anzi menzionata.

Quello che conta adesso è trasmettere fiducia ai mercati, è il messaggio di fondo del ministro. Con una crescita modesta ma realistica e una progressiva riduzione del deficit. “In questo periodo di tempo, questo governo e questo ministero, con i suoi difetti, hanno cercato di costruire una credibilità. Il percorso sulla gestione del collocamento del debito pubblico e il giudizio della agenzie di rating (Fitch, S&P e Moody’s hanno tutte e tre promosso il debito italiano, lo scorso autunno, ndr), che sono indipendenti, testimoniano la credibilità che ci siamo costruiti. Questa credibilità io intendo portarla avanti, perché è essenziale per non avere problemi sul finanziamento del debito. Per questo penso che governo e Parlamento devono collaborare perché questa credibilità continui”.

 

 

Dopo la crescita ora la partita del governo è il deficit

Dall’audizione del ministro dell’Economia presso le commissioni Bilancio di Camera e Senato escono precise indicazioni sulla gestione dei conti pubblici nei mesi a venire. Il Pil all’1% è verosimile e realistico, ora la vera sfida è smaltire le scorie del Superbonus e tenere a freno il disavanzo, per rafforzare la fiducia dei mercati in vista della manovra

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