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È un comma di un decreto legge del 2003 la base normativa su cui il governo sta facendo leva per andare in soccorso di Alitalia cercando di evitare i no di Bruxelles sugli aiuti di Stato.

Gli uomini del ministero dell’Economia e del ministero dello Sviluppo economico, con l’avallo di Palazzo Chigi, stanno vagliando tutte le ipotesi possibili per evitare il collasso definitivo della compagnia aerea controllata con il 49% da Etihad.

La chiave di volta, secondo la ricostruzione di Formiche.net, è il decreto n. 269 del 2003 (“Disposizioni urgenti per favorire lo sviluppo e per la correzione dell’andamento dei conti pubblici”), nella parte in cui si parla del ruolo potenziale della Cassa depositi e prestiti, controllata dal ministero dell’Economia.

Il lavorìo dei dicasteri nasce dalle operazioni economiche e finanziarie in cantiere per Alitalia: piano industriale da far accettare ai sindacati, aumento di capitale per ripianare le perdite e finanziamenti da prorogare o da incrementare.

Nell’ambito di queste manovre che vedono come interlocutore anche il governo (“Alitalia resti una compagnia privata, per salvarla servono 2 miliardi”, è stata la frase clou di ieri del ministro dello Sviluppo economico, Carlo Calenda), “mancherebbero all’appello ancora 200 milioni”, scrive oggi il Corriere della Sera: “Dovrebbero garantirli ancora Intesa Sanpaolo e Unicredit. Ma qui è cominciata una trattativa sottotraccia con Cassa depositi e prestiti. L’ipotesi più accreditata è che debba intervenire Cdp Equity, la holding di partecipazioni della Cassa. Ciò potrebbe avvenire tramite un prestito-ponte in cui anche le banche farebbero la loro parte. Fido coperto però da una garanzia del Tesoro in caso di perdite”.

Dunque il ministero dell’Economia retto da Piercarlo Padoan (nella foto) mette in campo Cdp Equity? Certo, la holding di partecipazioni della società presieduta da Claudio Costamagna e guidata dall’ad, Fabio Gallia, “investe in imprese italiane di rilevante interesse nazionale”, come si legge pure sul suo sito. Ma acquisisce “quote prevalentemente di minoranza in società in equilibrio economico finanziario”, e questo non è il caso di Alitalia. Ma evidentemente le trattative e i pour parler ci sono, come ha scritto martedì scorso Gianni Dragoni del quotidiano Il Sole 24 Ore.

Morale: nei ministeri interessati si spinge per un ruolo attivo di Cdp. La base normativa per un finanziamento della Cassa – seppure non di Cdp Equity – è l’articolo 5 del dl 269/2003, comma 11, let. e) bis in cui legge: “Le esposizioni assunte o previste da CDP S.p.A., diverse da quelle di cui al comma 7, lettera b), che possono essere garantite dallo Stato, anche a livello pluriennale. La garanzia dello Stato può essere rilasciata a prima domanda, deve essere onerosa e compatibile con la normativa dell’Unione europea in materia di garanzie onerose concesse dallo Stato”.

È su questo decreto che il Tesoro in particolare sta lavorando per studiare un intervento pro Alitalia. I contatti decisivi sono comunque con la Commissione di Bruxelles per evitare di violare la normativa (in verità ormai stiracchiata da più parti e da più Paesi) sugli aiuti di Stato.

def, Pier Carlo Padoan

Alitalia, il codicillo studiato da Padoan per la compagnia e la bufaletta su Cdp Equity

È un comma di un decreto legge del 2003 la base normativa su cui il governo sta facendo leva per andare in soccorso di Alitalia cercando di evitare i no di Bruxelles sugli aiuti di Stato. Gli uomini del ministero dell’Economia e del ministero dello Sviluppo economico, con l’avallo di Palazzo Chigi, stanno vagliando tutte le ipotesi possibili per evitare…

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