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C’è un giovane ben vestito, la fronte alta, lo sguardo innocente. È seduto a un tavolo e gioca a carte. Di fronte a lui un altro uomo, più scaltro, meno nobile nei tratti, che tiene le carte nascoste e lo inganna. Dietro, piegato con discrezione, un terzo personaggio: osserva le carte del primo, lancia segnali al secondo. È il complice, silenzioso eppure determinante. Sembra una scena qualsiasi, un momento di quiete domestica. Ma nella luce teatrale di Caravaggio si consuma un inganno. “I Bari”, dipinto intorno al 1594, è uno dei quadri più inquieti e attuali della storia dell’arte. Non parla solo di gioco d’azzardo: parla del potere, del doppio gioco, delle verità nascoste sotto la superficie.

i bari di caravaggio Oggi, riguardandolo con occhi contemporanei, sembra quasi una mappa della politica internazionale. Le carte sul tavolo sono trattati, dichiarazioni ufficiali, negoziati multilaterali. Ma sotto il tavolo si muovono interessi divergenti, strategie parallele, alleanze non dichiarate. La diplomazia ufficiale procede, mentre quella reale si gioca su piani opachi.

Il giovane ingenuo potrebbe rappresentare l’Europa, ancora legata all’idea di un ordine mondiale regolato, normativo, basato su valori condivisi e istituzioni multilaterali. Un continente che, anche di fronte al ritorno della forza, spesso continua a comportarsi come se il diritto bastasse a contenere l’arbitrio. Ma oggi, nella realtà delle crisi che attraversano il mondo – dall’Ucraina al Sahel, dal Mar Rosso all’Indo-Pacifico – questa fiducia rischia di non bastare più. La partita si fa dura, e le regole vengono riscritte da chi osa giocare fuori cornice.

Il baro, nella scena contemporanea, non è un solo attore. È la potenza che firma accordi mentre viola confini. È chi si presenta come mediatore mentre persegue apertamente interessi strategici. È chi destabilizza per negoziare da una posizione di vantaggio. Può avere molte bandiere, molti volti: può essere uno Stato revisionista, un attore economico globale, una coalizione informale. Non si tratta di giudicare, ma di osservare. Di constatare che la politica estera è tornata a essere una partita a carte truccate, dove la trasparenza è più dichiarata che reale.

E poi c’è il complice. Il personaggio più inquietante, perché non agisce direttamente ma osserva, controlla, suggerisce. Potrebbe essere l’apparato tecnocratico che sa tutto ma non denuncia nulla. Potrebbe essere chi gestisce i flussi di capitale o di dati, chi influenza la percezione più che la realtà. Oppure – in una lettura più sottile – il complice è il sistema stesso delle interdipendenze globali: quello che tiene in piedi la scena, che permette al baro di agire indisturbato, che osserva con attenzione ma interviene solo quando conviene.

In questo gioco, il mondo occidentale resta centrale. Non come bersaglio, ma come architettura. La sicurezza internazionale continua a poggiarsi sull’ombrello euro-atlantico, sulla proiezione di forza e deterrenza degli Stati Uniti, sulla coesione garantita dalla Nato. Ma all’interno di questa cornice, si stanno aprendo nuove faglie. Nuovi attori regionali si muovono con crescente autonomia, nuovi blocchi si formano attorno a interessi alternativi, nuove partite si aprono nel campo dell’energia, delle tecnologie, dell’informazione.

È il caso dei Brics, che proprio in questi giorni hanno ribadito la volontà di proporsi come sistema alternativo: un mosaico di economie diverse ma convergenti, un club che sfida l’ordine liberale senza rinnegarlo, che parla di multipolarismo ma costruisce architetture parallele di influenza e investimento. Non siamo ancora in un mondo post-occidentale, ma siamo chiaramente in un mondo post-ingenuo. Le regole esistono, ma sono applicate selettivamente. Le crisi sono affrontate, ma in modo diseguale. La stabilità è un obiettivo, ma anche uno strumento.

Caravaggio ci mostra una scena cristallizzata nel tempo, ma la politica internazionale si muove, cambia, agisce. E a differenza del giovane del dipinto, oggi nessuno può permettersi di non sapere. I giochi sono aperti, e non basta più essere presenti al tavolo: bisogna capire chi si ha davanti, chi si ha dietro le spalle e chi – in silenzio – sta guardando le nostre carte.

 

I bari del mondo. Caravaggio e la nuova arte del potere nella riflessione di Volpi

Di Raffaele Volpi

Oggi, riguardando con occhi contemporanei l’opera “I bari”, dipinta intorno al 1594, sembra quasi una mappa della politica internazionale. Le carte sul tavolo sono trattati, dichiarazioni ufficiali, negoziati multilaterali. Ma sotto il tavolo si muovono interessi divergenti, strategie parallele, alleanze non dichiarate. La diplomazia ufficiale procede, mentre quella reale si gioca su piani opachi. La riflessione di Raffaele Volpi

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